Doppio anniversario per Anna Proclemer, fra le grandi del teatro del Novecento

Nata il 30 maggio 1923 a Trento e morta a Roma il 25 aprile 2013, se ne celebrano cento anni dalla nascita e dieci dalla scomparsa, anche se nei cuori di chi ama frequentare le sale teatrali Anna Proclemer è sempre presente, pur senza averla potuta apprezzare dal vivo, per il suo indiscutibile fascino, il suo sguardo penetrante, la sua voce bellissima, il suo magnetismo.

Anna Proclemer

Di famiglia borghese, studia nella sua città e poi si trasferisce a Roma dove si iscrive alla facoltà di Lettere e filosofia; comincia ad avvicinarsi agli spettacoli amatoriali e nel 1941 debutta sulle scene e si fa notare al Teatro dell’Università grazie a Nostra dea e a Minnie la candida di Bontempelli. Si esibisce poi a Firenze, al Teatro della Pergola, quindi a Milano, finché, nonostante le difficoltà del periodo bellico, entra nelle compagnie più prestigiose del tempo: quella dell’Idi, quella formata da Andreina Pagnani e Gino Cervi, quella di Renzo Ricci. Lavora già con i massimi registi: da Bragaglia a Squarzina a Strehler, alcuni ancora giovani ma promettenti. In parallelo si dedica alla sua formazione culturale, impara il russo, studia danza, arte, letteratura. Negli anni Cinquanta un bel sodalizio si forma con Vittorio Gassman con cui realizza una versione di Amleto rimasta negli annali. Importante anche il rapporto con il regista Orazio Costa, il suo vero maestro, che la portò a grandi successi di pubblico e di critica, a cominciare da un’edizione memorabile di Mirra di Alfieri, seguita da commedie di Shakespeare e opere di autori italiani ed europei.

Anna Proclemer in Giorni felici

Da allora Anna Proclemer è stata una presenza costante sui palcoscenici italiani ed è impossibile elencare tutti i lavori che l’hanno vista assoluta protagonista, fino al 1992: commedie, tragedie, classici, novità, recital in cui ha evidenziato il multiforme talento. Da Cechov a Ibsen, da Giacosa a Strindberg, è stata pure la Lupa verghiana e l’inquieta Martha di Chi ha paura di Virginia Woolf?, Winnie in Giorni felici e Maria Stuarda, alternando ruoli drammatici a ruoli più leggeri, delineati con garbo e ironia. Nel 1983 si cimentò nella regia di sé stessa in Come prima, meglio di prima di Pirandello. L’ultima recita avvenne al Teatro alla Scala di Milano, nella messa in scena di un’opera lirica, La figlia del reggimento di Donizetti, il 20 febbraio 2007, che fu un successo strepitoso soprattutto per l’eccellente prestazione del tenore Diego Flòrez. Così si espresse la critica su di lei: «Nel ruolo interamente recitato della duchessa, Anna Proclemer ha fornito una prova indimenticabile: presenza scenica che attira lo sguardo, bravura da “mostro sacro”, anche nel calcare i risvolti comici della rappresentazione».

Proclemer è stata assai attiva pure nel cinema, agli inizi con lo pseudonimo Anna Vivaldi perché il suo cognome suonava poco italiano, ma vi si è dedicata a fasi alterne, a cominciare da Giorno di nozze (1942), forse perché il gusto del tempo privilegiava le cosiddette “maggiorate”; da segnalare la partecipazione nel 1946 al film Malìa, girato in Sicilia, che rappresentò un trionfo di critica, anche se non fu un successo commerciale. Altre pellicole intramontabili furono Viaggio in Italia di Rossellini (1954), Cadaveri eccellenti di Rosi (1976), Nina di Vincente Minnelli (1976), mentre l’ultima apparizione è stata nel film di Ozpetek Magnifica presenza, nel 2012. Nella sua importante carriera è stata doppiatrice di altissimo livello e ha dato la voce a tante colleghe straniere, da Deborah Kerr a Jean Harlow, da Marlene Dietrich a Greta Garbo, valorizzando le loro interpretazioni.

Anna dei miracoli

Nel caso della grande attrice italo-americana Anne Bancroft (Anna Maria Louisa Italiano) contribuì non poco al successo in Italia del film Anna dei miracoli. A questo proposito bisogna ricordare che la versione teatrale, per la regia di Luigi Squarzina, fu un cavallo di battaglia di Anna e nella stagione 1960-61 segnò il debutto della giovanissima Ottavia Piccolo nel ruolo della bambina sordo-cieca Helen che si confronta con i metodi innovativi e l’infinita pazienza dell’insegnante Anne Sullivan. Nel 1968 ci fu una trasposizione televisiva che fu replicata numerose volte, anche nel 2013 per ricordare l’attrice recentemente scomparsa.

Anna Proclemer è stata autorevole interprete persino di Lp, i famosi vinili, con brani scelti da La figlia di Jorio di D’Annunzio e dal Paradiso di Dante; può essere una curiosità inaspettata la versione italiana in coppia con Albertazzi della canzone francese Je t’aime, moi non plus firmata da Serge Gainsbourg, che aveva raggiunto fama internazionale a fine anni Sessanta.

Quando si parla di un artista (uomo o donna che sia) se ne celebrano principalmente le doti professionali, talvolta indiscutibili se non addirittura memorabili, ma nel caso di Anna Proclemer si deve entrare anche nella sfera privata perché il matrimonio ebbe ripercussioni sulla sua carriera. Nel 1946 sposò infatti il famoso scrittore siciliano Vitaliano Brancati conosciuto tempo prima all’università; l’anno seguente divenne madre di Antonia, l’unica figlia.

Anna con il marito Vitaliano e la figlia Antonia

Il marito per lei scrisse La governante, un lavoro teatrale da cui nel 1974 fu tratto liberamente il soggetto del film omonimo. La storia travagliata di quel testo è raccontata proprio da Antonia in un articolo comparso su internet il 25 settembre 2009; Brancati lo compose nel 1952 ma fu subito censurato, infatti poté andare in scena solo nel 1963 a Parigi; in Italia si dovette attendere l’abolizione della censura, così debuttò finalmente il 22 gennaio 1965 con Anna Proclemer e Gianrico Tedeschi, validissimo comprimario. La regia fu affidata a un esordiente, già noto come drammaturgo, Giuseppe Patroni Griffi. Peccato però che l’autore fosse morto da undici anni.

Nel tempo La governante, con i suoi risvolti affascinanti e provocatori, ha avuto parecchie edizioni con interpreti di spicco delle nostre scene: da Paola Pitagora a Carla Gravina, da Turi Ferro a Gabriele Ferzetti. Ma cosa c’era di tanto scabroso? Questa la sintesi della trama fatta dalla stessa Antonia: «La vicenda è imperniata su Caterina Leher, governante francese assunta in casa Platania, famiglia siciliana e borghese trapiantata a Roma. Leopoldo, il patriarca, ha sacrificato la vita di una figlia, morta suicida, ai pregiudizi della sua morale. Caterina è calvinista e viene considerata da tutti un modello d’integrità. Vive però segretamente la propria omosessualità, una “colpa” a cui si aggiunge quella d’aver attribuito a una giovane cameriera dei Platania le proprie stesse tendenze, causandone il licenziamento. Caterina si sente responsabile della morte della ragazza, coinvolta in un incidente mentre tornava al Sud: un peccato che la governante deciderà di espiare con il suicidio». In realtà secondo lo scrittore il suo lavoro era soprattutto incentrato sul tema della calunnia, sullo sfondo della società perbenista, falsa, ipocrita del dopoguerra dei governi democristiani e della mentalità siciliana agitata fra antiche usanze e recenti contraddizioni.

Il matrimonio finì dopo circa sette anni, per le tante differenze nella coppia e qualche contrasto dovuto alla gelosia di Brancati verso la moglie giovane, affascinante e spesso assente per lavoro; di lì a poco tuttavia l’ex-marito venne a mancare. Nel 1978, per ricordare il loro sodalizio umano, Anna pubblicò il volume Lettere da un matrimonio. Qualche tempo dopo un altro uomo entrò in modo significativo nella sua vita, ancora una volta mischiando le carte fra privato e professione; nel 1956 irruppe infatti nella sua esistenza un attore bello e bravo, proprio come lei, dalla forte personalità: Giorgio Albertazzi, con cui aveva condiviso l’esperienza entusiasmante di una lunga tournée in Sudamerica.

Anna Proclemer e Giorgio Albertazzi

Insieme formarono una coppia di talento che dominò per molti anni i palcoscenici e si impose anche in sceneggiati televisivi di grande popolarità, a partire da L’idiota, in sei puntate, che andò in onda nell’autunno 1959, con un cast di straordinario livello che vedeva coinvolto il meglio del teatro di prosa italiano. A questo seguirono fra gli altri Anna Christie e George Sand. Ci furono poi registrazioni di spettacoli teatrali di autori italiani e stranieri: Pirandello, Shaw, D’Annunzio, Hellman, Cocteau, fino al classico Agamennone e a serie recenti come quella del maresciallo Rocca. Fra 1951 e 1957 lavorò pure per la radio, come si usava all’epoca, in tal modo fece conoscere a un largo pubblico i capolavori Otello, Amleto, Edipo Re, insieme a opere meno note, fra cui quelle di Alfred de Musset o di Clifford Odets. Dal 1995 in poi l’attrice ha fatto generoso dono di propri materiali (carteggi, copioni, foto, diari, programmi, locandine, ecc.) all’Archivio contemporaneo del Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux di Firenze, ora raccolti nel Fondo Anna Proclemer. Dal 2006 iniziò a curare un sito autobiografico ricco di ricordi e documenti.

Nel 1996 il presidente della Repubblica Scalfaro le ha conferito la massima onorificenza, nominandola Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Nel 1987 ebbe il premio Flaiano per l’interpretazione di Conversazione galante, nel 2001 arrivò pure il premio alla carriera. Nel 2010 ha ottenuto il premio Gassman alla carriera per il teatro, l’anno seguente la sua città natale le ha fatto omaggio del premio Alabarda d’oro e nel 2012 è stata la volta del Nastro d’argento alla carriera. Nel 2018, ricorrendo i cinque anni dalla morte, il giornalista trentino Franco Delli Guanti, dopo un approfondito lavoro di ricerca, le ha dedicato il documentario La tigre di carta. Anna Proclemer tra successi e fragilità arricchito da interventi di personaggi del mondo teatrale e cinematografico. Volendo approfondire, si può trovare su internet una bella intervista, in cui l’attrice si apre e racconta di sé, dell’infanzia, dei suoi inizi, della passione per il teatro, ma anche delle sue inquietudini e insoddisfazioni; d’altra parte lei stessa si era definita “tigre di carta”. Trento in quello stesso anniversario le ha intitolato il ridotto del Teatro Sociale, mentre a una serata di ricordi e riflessioni intervenne la figlia Antonia Brancati, oggi su internet grazie a un servizio di TelePace. Altri omaggi si sono susseguiti in regione, visto che lei si sentiva “trentina, trentina” e lo era anche nel carattere, secondo la testimonianza delle persone più care, ma pure Firenze non l’ha dimenticata, e anche qui nel 2018 si sono tenuti incontri pubblici per celebrare il suo valore di artista e la sua generosità verso il patrimonio culturale cittadino.

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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