Editoriale. Elogio di un professore. Per lui una via a Praga!

Carissime lettrici e carissimi lettori,
un poeta è un poeta, una favola è una favola. Se sei entrata in quella favola e hai sentito l’essenza di quella poesia puoi dire essere stata partecipe di una meraviglia, dell’esplosione di una boîte à surprise di spaziana memoria. Conoscere Angelo Maria Ripellino, slavista e poeta, è stato toccare la magia dei suoi mondi. Viaggiare tra paesi e parole in spazi che rendeva illimitati.
Il 4 dicembre avrebbe compiuto 100 anni. Invece la vita gliene ha offerti poco più della metà. Se ne è andato via da questa terra il 21 aprile del 1978, a 54 anni, sulla traccia dei versi di uno dei poeti da lui più amati, Vladimir Vladimirovič Majakovskij: «Io e il mio cuore non siamo vissuti neppure una volta fino a maggio/ e della mia vita passata c’è solo il centesimo aprile» (La nuvola in calzoni).

Era nato a Palermo, appunto, il 4 dicembre 1923. Quella Palermo che lascerà presto per seguire la famiglia a Roma (il padre insegnerà in un noto liceo romano). Il capoluogo siciliano si congiungerà in lui con la capitale per formare i due vertici di quel triangolo che vedrà all’apice del terzo lato Praga, città eletta per tutta la vita. Noi dobbiamo molto a Ripellino per la conoscenza del mondo slavo, il suo contributo intellettuale è imprescindibile dalla trasmissione sublime che ci ha dato della cultura di quei luoghi, tra cui, con l’aiuto dell’amatissima moglie Ela (Elisa Hlcovà), i momenti della poesia nata a Praga. Praga è da Ripellino città amata e sofferta a cui rimane visceralmente legato, nonostante l’esclusione e l’allontanamento (dopo il sostegno a Dubček e l’arrivo dei carrarmati sovietici) e che gli costerà anche il precipitare dei suoi problemi di salute. Come dimenticare le ultime pagine di uno dei suoi libri più belli, Praga Magica, fantastica guida turistico/letteraria alla città vltavina? Sono un urlo di disperazione, ma anche un atto d’amore incommensurabile: «Dovrei dirle mi sono stuccato di te capitale Boema — scrive — E invece le dico: voglio essere ancora tuissimo, mio Schicksal, mia follia. Voglio che mi si proverbi come matto di Praga. Ripeterò le parole di Nezval: “Il tempo fugge e io vorrei dire ancora molto. Il tempo fugge e di te ho detto poco sinora. Il tempo fugge come una rondine e accende le vecchie stelle su Praga. Come nel racconto di Kafka Primo dolore l’acrobata non vuole scendere più dal trapezio”. Questo amore per la capitale Boema non gli fa perdere la speranza, una speranza intrisa di angoscia in tempi bui cui l’autore fa cenno con il richiamo alla malinconica figura di Charlot proprio dell’ultima riga del libro. Angelo Maria Ripellino è stato il mio professore, all’università di Roma La Sapienza, di Letteratura russa. Sarebbe più esatto dire, per l’ampiezza del suo insegnamento, di Lingua e letteratura di quel paese dove sono nati Puškin e Tolstoj, Dostoevskij e Gogol’, che oggi sarebbe ucraino, nato a Velyki Soročynci. Dostoevkij all’orazione funebre del grande autore de Le Anime morte disse: «Siamo tutti usciti dal Cappotto di Gogol’», in ricordo del suo splendido racconto sul sogno straziante di un piccolo uomo dal nome altisonante: Akakj Akakievic Bašmackin.

Per questo ho un motivo in più, personalissimo, e di cui mi scuso con voi, per ricordarlo e celebrarlo nel suo valore di studioso, docente e poeta con quel suo cruccio di non essere considerato tale a favore del suo ruolo di studioso. Il dubbio di non essere riconosciuto poeta lo tormentava, ossessione di essere puntato a dito e costretto a difendersi: «Slavista! Mi gridano donne con frappe sul capo/ e con fettucce e fleurettes e crauti e baubau/ Slavista! Mi assalgono omini violacei/ con scrofole e nasi da Ostenda». E in una completa rivolta di luoghi e oggetti che gli vanno contro aggiunge: «Slavista! Mi gridano i fiumi di piazza Navona. Slavista! Mi gridano da un carro funebre/ gonfio come una torta dai riccioli d’oro» (Notizie dal diluvio).
Ricordo che lo salutai, in una limpida giornata di aprile bisbigliando tra me e me i versi di Boris Leonidovic Pasternak (così lo amava chiamare per esteso, alla maniera russa), quelli che ci aveva recitato, durante l’incontro, per l’ultima volta, nella sua stanza d’istituto: «La vecchiezza è una Roma/ che invece di ciarle e di ciance/ non prove esige dall’attore/ ma una completa autentica rovina». La passione per la letteratura e la poesia dell’est europeo, ma soprattutto l’amore di Ripellino per Praga ha mosso la richiesta di intitolare una via praghese a chi ha stupito d’amore questa città. Su Change si legge la motivazione: «Chiediamo che il Comune di Praga valuti la possibilità di intitolare uno spazio pubblico (una via, oppure una piazza o un giardino) all’insigne boemista e poeta italiano Angelo Maria Ripellino, in occasione quest’anno del centenario della sua nascita e del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del suo capolavoro, il saggio-romanzo Praga Magica».

Continuiamo il nostro discorso tra le persone meravigliose del mondo tirando un filo teso, di tristezza e trionfo, tra Teheran e Oslo capitale per un giorno del premio Nobel per la Pace che quest’anno è andato a Narges Mohammadi, attivista iraniana in carcere per i diritti umani e di cui domenica scorsa si è celebrato il settantacinquesimo anno dalla proclamazione.
Una sedia vuota ha segnato la presenza di questa grande attivista dal 2021 costretta nel terribile carcere di Elvin per la sua lotta contro l’obbligo per le donne iraniane di indossare l’hijab e per la sua posizione contro la pena di morte. Sono andati a ricevere il premio sua figlia e suo figlio, Kiana e Alì, due gemelli diciassettenni, in esilio in Francia dal 2015, che sul palco del municipio della capitale norvegese, con la loro presenza, hanno mostrato al mondo la tragedia della repressione alla quale Teheran sottopone il suo popolo e le donne prima di tutto.
I figli di Narges hanno letto a turno il discorso scritto in cella a Teheran dalla mamma e fatto uscire clandestinamente. Nel mentre una gigantografia dell’attivista troneggiava sul palco e la raffigurava a capo scoperto con una folta capigliatura mostrata al mondo intero. Con il discorso inviato ad Oslo l’attivista iraniana ha scagliato un attacco durissimo contro un «regime religioso tirannico e misogino» e ha di nuovo narrato a chi l’ascoltava la sua storia personale: «Sono una donna mediorientale e vengo da una regione che, nonostante la sua ricca civiltà, è ora intrappolata tra la guerra, il fuoco del terrorismo e l’estremismo – ha scritto il premio Nobel, raccontando il presente, ma guardando al futuro — Il popolo iraniano smantellerà l’ostruzionismo e il dispotismo attraverso la sua perseveranza. Non abbiate dubbi: questo è certo». Le parole di Narges Mohammadi risuonano forti e decise, come un proclama! Ci dicono che le donne tutte, accompagnate dai maschi che sanno comprendere un mondo diverso, devono rimettersi insieme in cammino al canto interiore di «donna, vita, libertà», materialmente ascoltato domenica a Oslo alla consegna del premio di Pace.

Intanto la cronaca ci dà un’altra notizia che segna la grave situazione iraniana: le autorità del paese degli ayatollah hanno sfidato di nuovo la libertà dei propri cittadini e cittadine e hanno vietato ai genitori e al fratello di Mahsa Amini, la ventiduenne uccisa per non aver indossato in modo corretto il velo, di andare a Parigi per ritirare il Premio Sacharov conferito alla figlia e sorella.

Bisogna urgentemente rimettersi in cammino, in un percorso, reale e metaforico di rinnovamento del mondo. Bisogna moltiplicare, ripetere le “Marce per la Pace” che indichino al mondo l’offesa ricevuta da qualsiasi guerra, dalle troppe guerre che lo seppelliscono e non solo in Europa e in Medio Oriente. Come è stato detto da Marco Tarquinio durante un’intervista televisiva «bisogna lavorare sui progetti di costruzione di una mentalità di pace. Sembra una cosa da sognatori. Ma il futuro si prepara lì». Nell’anniversario del settantacinquesimo dalla dichiarazione dei diritti umani l’attenzione si è concentrata sulla questione dei diritti del popolo palestinese e del diritto all’esistenza di Israele. Sul piano del riconoscimento degli uni e degli altri c’è una asimmetria terribile, a 75 anni dalla dichiarazione Onu, lo Stato palestinese non è mai nato e le conseguenze sono una guerra infinita che non troverà termine sino a quando non si riuscirà a dare un equilibrio alla situazione. C’è una grande responsabilità nella comunità internazionale. L’Italia ha avuto un grande ruolo in passato, ma negli ultimi decenni abbiamo perso la capacità di incidere in quello scenario dove noi eravamo uno dei Paesi che avevano buoni rapporti e che poteva mediare. Questo è un ruolo che l’Europa non ha più tant’è che oggi i mediatori sono il Qatar, sono l’Egitto. Non siamo più noi europei in nessuna maniera. Questa è la perdita grave. Israele in qualche modo è una proiezione della nostra civiltà nel vicino Oriente, è qualcosa che unisce due mondi, ma la Palestina è il grande assente sulla scena ed è presente con la sofferenza del suo popolo, questo dobbiamo averlo chiaro. Io non firmo molti appelli — ha detto il direttore — ma ne ho firmato uno promosso dal filosofo Mazzarella. Lo Stato di Palestina deve nascere adesso nella fornace di questa guerra che sembra cancellare ogni speranza. I due Stati dovrebbero essere associati fortemente all’Unione europea perché è un modo per dire che l’Europa riprende il ruolo e al tempo stesso che quei due Stati inconciliabili vengono affratellati, come realmente e culturalmente lo sono, da tre quarti di secolo di guerra, per cominciare un percorso diverso. Una leadership all’altezza che non è da riferire né a Netanyahu e certamente neppure ad Hamas».

Abbiamo ricordato persone di valore. Chiudiamo con due donne che ci stanno nel cuore. La prima è la professoressa Amalia Ercoli Finzi, docente onoraria del Politecnico di Milano, una donna davvero contro tutti gli stereotipi: ingegnera spaziale, docente ordinaria, ha guardato il cielo scientificamente e ha dato il suo nome che sta lì a designarla per sempre, tra le stelle. Il 7 dicembre, giorno del patrono e festa a Milano, la professoressa, che ha preso con una carica autoironica, anche il ruolo di star televisiva, ha ricevuto l’Ambrogino d’oro, un’onorificenza notevole per la città meneghina.

Un caro saluto poi a Maria Lisa Cinciari Rodano, che ci ha lasciati/e a 102 anni, prima donna ad essere nominata vice presidente della Camera, partigiana, impegnatissima in politica, sempre dalla parte delle donne: «La straordinaria forza di Marisa — ricorda Daniela Carlà, dirigente nella pubblica amministrazione, che con Marisa Cinciari Rodano ha fondato Noi rete donna, centrata sul rapporto tra le donne e il potere— non ha eguali, è proprio nella sua capacità di frequentare le istituzioni e di identificarsi e, al tempo stesso, di comprendere il valore delle reti, dei movimenti, delle associazioni, di appartenervi sviluppandone l’autonomia». Carlà nel ricordo ci regala un pensiero personalissimo e dolce scrivendo dei vasetti di marmellata di arance amare che Cinciari Rodano le portava in dono in ogni riunione, fatti in casa, da lei stessa.

Un amaro appunto finale. Ilaria Boiano, avvocata in difesa della vittima di stupro di gruppo in cui era partecipe anche Ciro Grillo, ha dovuto opporsi in tribunale alla difesa opposta: «Siamo ancora a Processo per stupro quarantaquattro anni dopo? — si chiede, a dir poco stupita — La difesa dei violentatori che chiama in causa “la mancata reazione durante il rapporto orale”, per dimostrare che quello stupro fosse in realtà un rapporto consenziente. Sembra di riascoltare le incredibili parole che pronunciò l’avvocato del violentatore, secondo il quale sarebbe bastato “un morsetto” della ragazza per far cessare l’aggressione». Davvero se non fosse cosa reale non ci si crederebbe. La strada mi sembra sempre più lunga per tutte le donne. La violenza secondaria non è meno potente e disumana della prima! Ha ragione Gino Cecchettin, dobbiamo parlare e parlare ai maschi.

La poesia, la consolazione, di oggi la dedico al mio indimenticabile professore a cui ho donato l’apertura odierna per il centenario della nascita. È una poesia triste, e me ne scuso con voi, che Ripellino dedica alla sua compagna di vita, l’amata collaboratrice di migliaia di traduzioni dei poeti boemi, Ela Hlkovà.

Dove ci incontreremo dopo la morte?

Dove ci incontreremo dopo la morte?
Dove andremo a passeggio?
E il nostro consueto giretto serale?
E i rammarichi per i capricci dei figli?
Dove trovarti, quando avrò desiderio di te, dei tuoi occhi smeraldi,
quando avrò bisogno delle tue parole?
Dio esige l’impossibile,
Dio ci obbliga a morire.
E che sarà di tutto questo garbuglio di affetto,
di questo furore? Sin d’ora promettimi
di cercarmi nello sterminato paesaggio di sterro e di cenere
sui legni carichi di mercanzie sepolcrali,
in quel teatro spilorcio, in quel vòrtice
e magma di larve ahimè tutte uguali,
fra quei lugubri volti. Saprai riconoscermi?

Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio, Einaudi Editore, 1969.

Buona lettura a tutte e tutti.

Apriamo la rassegna degli articoli di questo numero con Guerra Grande in Terrasanta. Il numero di novembre di Limes, sperando di offrire qualche spunto di riflessione sull’orrore che sta avvenendo in Medio Oriente. Con Ilhan Omar. Una rifugiata va al Congresso raccontiamo una delle componenti dello Squad (https://vitaminevaganti.com/2019/08/24/non-abboccate-allamo-la-forza-della-squad/) per la serie “Donne Musulmane”, una figura spesso osteggiata per le sue prese di posizione libere e controcorrente sulle guerre e sulle violazioni dei diritti umani.
Continuiamo a parlare di guerra spostandoci in Grecia con Lisistrata e le altre, l’ultima delle donne straordinarie raccontate nella serie “Grecità “. Ma le donne coraggiose in questo numero sono molte di più: nella sezione “Tesi Vaganti” l’autrice di «Amo dunque sono». La condizione della donna in Sibilla Aleramo ci accompagna tra le parole provocatorie degli articoli dell’autrice di Una donna; mentre per “Calendaria 2023” avremo modo di conoscere Jennifer Doudna. Nobel per la chimica nel 2020, che ha condiviso per la prima volta nella storia questo riconoscimento con un’altra scienziata e i cui studi si sono rivelati fondamentali durante la pandemia.
Del coraggio di Marina Abramovic come performer, una delle Morgane di Milena Murgia, nessuna/o può dubitare e chi vorrà accertarsene potrà leggere l’accurata recensione su Marina Abramović in mostra a Londra. Ci vuole coraggio anche a intraprendere un viaggio in età avanzata in Tibet, accompagnata solo da un giovane ragazzo e a rimanervi a lungo, soprattutto se si è una donna nata nel 1868. La storia della prima occidentale accolta nella città santa vietata alle e agli stranieri è raccontata in Una parigina a Lhasa. Anche occuparsi di commerci monete e mercati in certe epoche storiche e in certi luoghi del mondo può richiedere coraggio, se si è una donna, come abbiamo avuto modo di raccontare spesso nella nostra Sezione Credito alle donne. Troveremo utili suggerimenti in merito in Denaro e affari, un’altra puntata della serie Bibliografie vaganti.

«Se non è paritaria non è democrazia», era solita dire Marisa Cinciari Rodano, che la nostra direttora ha ricordato in questo editoriale e a cui tanto dobbiamo. Per questo ci è tanto caro questo valore entrato in Costituzione grazie all’apporto delle Madri Costituenti. Di un progetto sulla parità realizzato in collaborazione con Toponomastica femminile in una scuola di Roma si racconta in A scuola di parità. Della stessa autrice è anche l’articolo che riporta gli interventi della seconda parte della prima giornata del Convegno nazionale della nostra associazione, che si è svolto a Caserta, che aveva per titolo Le strade della giustizia.

Le recensioni di questa settimana sono due: L’innesto. Una raccolta di poesia erotica «un’immersione gaudente nella giocondità, nella bellezza dell’amore per la vita» e Le ragazze di Barbiana. La scuola al femminile di don Milani, un libro illuminante e necessario, presentato in provincia di Pistoia, che ha svelato un aspetto sconosciuto dell’opera educativa di don Milani. Sempre dal Pistoiese apprendiamo dall’autrice di Quando la strada è memoria viva la storia di Beatrice, poeta pastora di montagna, giunta fino a noi anche grazie a un’altra donna, di cui lasciamo scoprire l’identità a chi ci leggerà.

Chiudiamo, come sempre, con la ricetta vegana che questo sabato è dolce e creativa: Muffin vegani due gusti e auguriamo a tutte e tutti voi buon appetito.
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

2 commenti

  1. Sono grato a Giusi. Mi ha fatto ricordare, con bellissime parole ma anche con una poesia, una persona che ho stimato e ammirato, il poeta Angelo Maria Ripellino. Leggere il suo nome e andare con il pensiero alla sua meravigliosa e magica Praga è stato un attimo. E grazie, cara Giusi, per l’omaggio a Maria Luisa Rodano. E a tante altre donne. Continua Giusi in questi ricordi. Ferma con i tuoi bellissimi articoli la mano dell’oblio.

    "Mi piace"

    1. Carissimo sempre Luciano, ti rispondo qui per entrambi i tuoi commenti ai miei ultimi editoriali. Per ripeterti che oer me le tue letture sono un onore e i tuoi incoraggiamenti un pegno per i prossimi lavori. Ti voglio bene ancora di più ora che so della tua stima per Ripellino e l’amore comune per Praga la magica. Mi fanno bene al cuore questi tuoi commenti. Non puoi immaginare il sostegno! Un abbraccio a te e a tutte le donne che ti circondano con affetto a cui mi sento legata. Grazie Luciano

      "Mi piace"

Lascia un commento