Oh Capitana, mia Capitana

È un mare in tempesta quello che la Capitana Carola Rackete ha solcato in questi ultimi giorni.
Un mare gonfio di onde di odio, di insulti sessisti e razzisti. Le hanno augurato tutto il male possibile tentando di sminuire il suo ruolo, la sua competenza, il suo coraggio.
E se l’incitazione allo stupro è arrivata da parte di alcuni ignoranti ed incivili, le definizioni di “criminale”, sbruffoncella”,”esagitata”, sono arrivate da alcuni rappresentanti del Governo.
La Capitana ha il merito di avere acceso una luce sulla nostra Nazione: una terra in cui la semina di odio e violenza ha dato i suoi frutti amari e velenosi. E chi non l’aveva capito o aveva minimizzato, adesso resta basito di fronte a questo orrido quadro.
La Capitana ha tirato fuori tutto il livore di una parte di popolo sfruttato da decenni, ingannato da promesse mai mantenute.
Sui social i commenti più offensivi anche di tanti meridionali che oggi vivono e lavorano in altri stati europei o nel nord Italia, emigrati economici anche loro che si ergono a improvvisati giudici.
Meridionali sfruttati e dalla memoria corta che sono saliti sul carro del momentaneo vincitore.
Vincitore che con furbizia fomenta la loro frustrazione ed ignoranza.
La Capitana è un bersaglio perfetto: giovane donna coraggiosa su cui catalizzare improperi per distrarre dai reali problemi del Paese.
Abbiamo paragonato Carola ad Antigone ma la G.I.P. di Agrigento, Alessandra Vella, ci ha raccontato un’altra storia: Carola non ha disobbedito alle leggi, le ha scrupolosamente rispettate tutte tranne quelle in contrasto con gli accordi sovranazionali che hanno priorità. Così le accuse alla Capitana si frantumano in mille pezzi e casualmente a frantumarle è un’altra donna, che a sua volta viene trascinata anche lei nel vortice delle ingiurie, delle offese e delle minacce.
Mai un’Italia così in basso.
Si mette in moto la solidarietà a queste donne e quando proviene dallo stesso genere anche loro diventano puttane, criminali e stronze.
Guardiamo il mare e non vediamo più l’orizzonte della civiltà.
Insieme a quei poveri corpi di migranti è annegata anche l’umanità.
A riva restano i fossili del rancore e del razzismo che speriamo non vengano raccolti dai nostri figli, figlie e nipoti a cui stiamo consegnando queste pesanti croci.
Quando noi non ci saremo più e la nostra Italia inevitabilmente sarà una nazione multietnica e multiculturale speriamo che non si prenda esempio dai comportamenti irresponsabili di oggi.
Speriamo che resti nel tempo solo la bella storia di una Capitana coraggiosa.
Speriamo che la nostra solidarietà e la ferma condanna a tutto ciò possa divenire un faro.
Speriamo di non farci prendere dallo sconforto, di non farci ingoiare dall’indifferenza.
Speriamo, speriamo, speriamo.

 

Articolo di Ester Rizzo

a5GPeso3Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo e di Le Ricamatrici.

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