Un caffè con Katherine

Katherine Mansfield ha deciso di incontrarmi nella sua villa in Costa Azzurra, dove momentaneamente risiede per tentare di tenere sotto controllo la grave tubercolosi da cui è affetta. Questo posto sa subito di casa, con la sua graziosa veranda baciata dal sole.
Mi versa del caffè appena fatto e mi interroga con lo sguardo, aspettando di esaurire le mie curiosità.

“Che posto meraviglioso, signora Mansfield…”
“Grazie, soffro un po’ la solitudine qui, ma almeno posso concentrarmi sulla scrittura, di fronte a tutta questa bellezza…”

“Quando e come mai ha cominciato a scrivere?”
“Guardi, in realtà sin da piccola sono sempre stata appassionata di tutte le forme d’arte, in particolar modo la scrittura e la musica: compilavo pagine e pagine del mio diario, era il mio modo di confessarmi, e poi amavo suonare il violoncello…”

“Ma suo marito è in casa? Mi farebbe piacere conoscerlo!”
“No, mi dispiace… John vive a Londra al momento.”

“Ah, capisco. Che ruolo ha avuto l’amore nella sua vita?”
“Ho sempre sperato di riuscire a scrivere d’amore, di vita e di sensazioni. Le mie storie sono sempre state molto travagliate… Sapeva che sono stata sposata con il mio primo marito solo un giorno?”

“Un giorno? Veramente?”
“Giuro! Ero innamorata persa di un giovane musicista di nome Garnet Trowell, ma le nostre famiglie osteggiavano la nostra relazione. È finita all’improvviso, senza farci troppe domande e io sono finita a sposarmi con un uomo di undici anni più grande di me: George.”

“E come è andata?”
“È andata che il giorno dopo le nozze l’ho lasciato, non l’amavo affatto e avevo cominciato ad avere dubbi, soprattutto dopo aver avuto delle relazioni con delle donne.

“Poi però mi risulta che si è risposata con un uomo… Sbaglio?”
“Non sbaglia, ho sposato John Middleton Murry nel 1918, dopo averlo conosciuto collaborando con Rythm, un giornale all’avanguardia di cui era redattore, su cui ho pubblicato The Woman At The Store. Siamo stati insieme qualche anno prima di sposarci, ma non credere che sia stato un amore facile… Ci sono stati grandi distacchi durante i quali ci siamo desiderati sempre di più, soprattutto mentre io ero in Francia.”

“Come mai si è trasferita?”
“A Londra sono potuta stare stabilmente solo pochi anni, purtroppo per motivi di salute ho dovuto lasciare l’Inghilterra e rifugiarmi qui, dove c’era aria pulita e buona per i miei polmoni malati. Credo che il tempo passato qui sia stato il periodo più felice della mia vita e anche il più proficuo: è qui che ho scritto Preludio.”

“Scusi la domanda così personale, ma da come parla ho l’impressione che lei abbia sofferto molto nella vita… Come ha fatto a resistere a tanto dolore?”
“Non ho resistito, semplicemente. L’ho accolto, mi sono lasciata sommergere e solo grazie a questo sono stata in grado di trasformarlo in qualcosa di bello, come l’arte.”

“Ha vissuto in un’epoca di cambiamenti epocali e nei suoi continui spostamenti ha avuto modo di vedere mezzo mondo. In che modo la situazione economica, culturale e sociale del suo tempo è entrata nelle sue opere?”
“In pieno Imperialismo forse la contraddizione più evidente era quella del dislivello economico e politico tra i colonizzatori e i colonizzati e credo di aver provato a calare nella psicologia dei miei personaggi tutte le contraddizioni che quell’era ha portato con sé. Per quanto riguarda la Nuova Zelanda ero profondamente amareggiata dalla repressione dei Maori, che infatti ho tentato di rappresentare nei miei libri come personaggi particolarmente interessanti, provando a far trasparire almeno un decimo del fascino che avevano ai miei occhi.”

“La critica ha sempre riconosciuto ai suoi lavori di essere veri e vivi. Lei da cosa ha tratto ispirazione?”
“La scrittura è il mio mondo, ho sempre sentito il bisogno di dipingere con purezza ciò che vedevo, di aderire completamente e sinceramente al momento che vivevo: è quello per cui anche Virginia Woolf mi ha sempre silenziosamente ammirato. Mi rendo conto di aver passato la maggior parte dei miei giorni in esilio dal mio Paese natale e di non aver mai trovato quello che mi mancava della Nuova Zelanda da nessun’altra parte. Credimi, è una grande sofferenza, è come se l’animo non riposasse mai. Ho cambiato non so neanche quante case… Ho perso il conto! Tra Londra, la Costa Azzurra, Mentone e poi Parigi… Eppure, ho cercato di lamentarmi il meno possibile e, anzi, ho sempre cercato nuovi spunti, di osservare con occhi nudi le nuove realtà in cui mi trovavo e di costruirmi qualcosa di mio, in cui sentirmi al sicuro e in cui ritagliarmi il mio spazio per raccontare.”

“La ringrazio di cuore signora Mansfield, è stato un onore. Mi permetta di farle i miei più sinceri complimenti, una sensibilità artistica come la sua non la vedevo da tempo!”
“Grazie, troppo gentile! È stato un piacere anche per me, venga che la accompagno al cancello.”

-.-.-.-.

Kathleen Mansfield Murry è stata una scrittrice neozelandese nata a Wellington nel 1888 e morta di tubercolosi a Fontainebleau nel 1923, a soli 34 anni.
Trasferitasi in Inghilterra a soli 19 anni cominciò lì la sua carriera letteraria, affermandosi come scrittrice di racconti brevi e poesie.

 

Articolo di Emma de Pasquale

82266907_464813557755100_6601637314051440640_nEmma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.

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