Un caffè (annacquato) con Albert

«Salve monsieur Camus1, è un onore incontrarla!»
«Enchanté! Mi segua, che la porto a prendere il caffè migliore di Parigi!»

Della sua vita so già tanto, con lui non voglio insistere sull’infanzia poverissima in Algeria, né tantomeno sulla malattia che l’ha tediato tutta la vita…E figuriamoci se voglio tirare fuori l’odio-amore con Sartre!
Nulla di tutto ciò: davanti a questo caffè annacquato (se questo è il migliore di Parigi immagino come siano gli altri…) vorrei provare a capire qualcosa in più su cosa Albert Camus pensa davvero del mondo e della letteratura.

«Lei crede sia possibile separare l’uomo dall’artista?»
«Personalmente il mio viaggio umano e la mia esperienza artistica sono sempre andate di pari passo: non riesco a raccontare cose diverse da quello che ho vissuto dentro di me. Anzi, a volte mi capita proprio di rendermi conto di sentimenti ed esperienze emotive che ho covato dentro per tanto tempo solo nel momento in cui ho l’impulso di dargli una forma artistica. Non è il mio percorso artistico ad evolversi negli anni, è la mia vita a cambiare e con essa l’arte».

«La critica letteraria ha individuato come concetto chiave del suo pensiero l’assurdo. Cosa vuol dire?»
«L’assurdo è quella sensazione di estraneità che tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita, può accadere in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento. È da quest’idea di assurdità che nasce Lo Straniero: un uomo che è straniero alla vita, incapace di provare emozioni. L’assurdità è lo straniamento dalla società, quel sentirsi vuoti, persi e… assurdi, appunto».

«È un dato di fatto che quest’assurdo di cui mi parla non fosse così presente nella letteratura del passato: sembra una prerogativa dell’uomo contemporaneo. Secondo lei da cosa è stato generato?»
«È certamente una prerogativa dell’uomo contemporaneo e lo è perché la nostra società ha perso le sue radici più profonde. L’uomo di oggi non ha più i suoi schemi, non ha più i suoi cardini: come può non sentirsi estremamente solo? Una sensazione di profondo sgomento e di totale smarrimento mi pare il minimo di fronte agli atroci eventi che hanno scosso l’Europa nello scorso secolo. Tuttavia, attenzione! L’assurdo non è necessariamente paralizzante, io l’ho sempre visto come un elemento assolutamente catartico, in grado di donare nuova vita».

«Vorrei parlare con lei del suo romanzo del 1947 che è, purtroppo, incredibilmente attuale: La peste. Riassumerebbe brevemente a lettori e lettrici di cosa tratta?»
«Certamente. La storia è ambientata nella città algerino-francese di Orano, dove la normalissima vita della popolazione è improvvisamente sconvolta dall’arrivo di un’epidemia, che si trasforma in una vera e propria tragedia collettiva. Il romanzo segue l’andamento della malattia intrecciandolo alla fragile psicologia dei protagonisti. Infatti, ognuno affronta l’epidemia in maniera diversa, ma nel complesso è la paura a fare da padrona: la paura di contagiare, di essere contagiati e di essere separati dalle persone che si amano. Se non fosse risaputo che l’ho scritto più di 70 anni fa potrei tristemente dire di averlo pubblicato nel 2020!»

«Sì, anche se la sua peste è stata interpretata come un riferimento al dilagare degli autoritarismi di quei decenni. Giusto?»
«Sicuramente la metafora era calzante, ma mi rendo conto che a rileggerlo oggi, a così tanti anni di distanza, non sia così evidente. Comunque, al di là dei chiari riferimenti politici, il libro racconta anche di come l’uomo creda che il mondo sia costruito a sua misura, finché non arriva un’epidemia che rimette in discussione tutte le basi del nostro vivere in società. È una lezione importante che proprio non riusciamo a imparare! Una cosa è certa, come in La peste, nulla tornerà come mai esattamente come prima».

Su queste note profetiche finiamo il nostro caffè. Alla prossima intervista.

 

 

1ALBERT CAMUS: nato in Algeria nel 1913 e morto in un tragico incidente stradale a Villeblevin nel 1960, è stato uno dei più importanti pensatori francesi del Novecento.
Scrittore, filosofo, giornalista e attivista: la produzione poliedrica e la visione esistenzialista di Camus hanno generato l’interesse universale della critica del secolo scorso.
I suoi più celebri romanzi sono Lo Straniero (1942), La peste (1947) e La caduta (1956) che gli valsero il Nobel per la Letteratura nel 1957.

 

 

Articolo di Emma de Pasquale

82266907_464813557755100_6601637314051440640_nEmma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.

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