«Le cose migliori e più belle non possono essere né viste né udite, ma sentite nel cuore». Un ricordo di Helen Keller

Quella di Helen Keller è davvero una storia incredibile.
Probabilmente sarà capitato a tutte/i di aver visto anche solo una scena del film Anna dei miracoli, uscito nel 1962 e diretto da Arthur Penn, in cui Patty Duke interpreta Helen Keller e Anne Bancroft veste i panni della sua istitutrice Anne Sullivan, entrambe premiate con l’Oscar l’anno successivo. La pellicola (foto di copertina) si ispira alla storia vera di Keller, una scrittrice attivista nata in Alabama nel 1880 e divenuta cieca e sorda a soli 19 mesi per aver contratto probabilmente la scarlattina o la meningite.
La bambina sin da subito cerca di adattarsi al mondo che la circonda, inventando una serie di segni che la aiutano a comunicare con i genitori. Sua madre viene a conoscenza del caso analogo di una piccola cieca e sorda di nome Laura Bridgman, che frequenta con successo il Perkins Institute for the Blind. Grazie all’intermediazione di Alexander Graham Bell, esperto di bambini/e sordi/e, i genitori riescono ad entrare in contatto con l’Istituto, che affida le cure di Helen all’educatrice Anne Sullivan, una giovane appena ventenne, lei stessa ipovedente. È il 1886 ed è l’inizio di uno strettissimo rapporto tra le due che durerà per oltre quarant’anni.
Anne vive isolata con Helen in una dependance di casa Keller, con il primo obiettivo di insegnare la disciplina alla bambina, che era stata alquanto viziata dai genitori, evidentemente in difficoltà di fronte alla situazione, e risultava ribelle e senza regole: la piccola era stata cresciuta, infatti, assecondandone ogni capriccio e lamento, frutto in realtà della frustrazione dovuta all’incomprensione da parte dei familiari ai suoi tentativi di comunicare. Nel 1888, dopo le prime conquiste sul versante comunicativo – celebre la scena finale del film Anna dei miracoli in cui Helen riesce ad associare la parola “acqua” al gettito di una fontanella – la piccola Keller comincia a frequentare l’Istituto Perkins. La sua istitutrice Anne le ha insegnato a comprendere le parole grazie al metodo Tadoma, inventato nel Medioevo da un monaco spagnolo che voleva comunicare senza interrompere il silenzio della preghiera, consistente nell’appoggiare le mani sul viso dell’interlocutrice con i pollici sulle labbra, i mignoli sulle mandibole e le altre dita sulle guance, in modo tale che Helen potesse recepire le informazioni dai movimenti delle labbra, dalle vibrazioni e dall’aria emessa e cercare di ripetere poi a voce alta le parole intuite.
Con la forza di volontà, la costanza, l’impegno e soprattutto con la premurosa e amorevole guida di Anne, Helen riesce a imparare l’inglese, il francese, il tedesco, il greco e il latino in codice Braille, entra alla Cambridge School of Weston nel 1898 e due anni dopo viene ammessa al Radcliffe College, corrispettivo femminile dell’Università di Harvard. Qui entra in contatto con lo scrittore Mark Twain, attraverso il quale fa la conoscenza di Henry Huttleston Rogers, magnate della Standard Oil, che decide di pagarle tutti gli studi. Si laurea con lode in Lettere nel 1904 all’età di 24 anni, divenendo la prima persona cieca e sorda a laurearsi negli Stati Uniti d’America.

Annie Sullivan, Mark Twain and Helen Keller
Helen Keller con Mark Twain

La cecità e la sordità non sono mai vissuti come una limitazione da Helen, perché la sua mente è fervida, desiderosa di imparare, accesa dalla voglia di conoscere il mondo, come lei stessa scrive nella sua autobiografia, composta nel 1903: «In fondo la vista e l’udito sono solo due delle meravigliose benedizioni che Dio mi ha dato. Il più prezioso, il più meraviglioso dei suoi doni era ancora mio. La mia mente è rimasta chiara e attiva» (The story of my life, 1903). L’esperienza di Helen Keller è anche testimonianza di quanto sia fondamentale il ruolo dell’educazione sin dai primi anni di vita: «Prima che la mia educazione cominciasse – scrive Helen – ero come una nave prigioniera di una nebbia fitta come una tangibile bianca oscurità, che si dirige a tastoni verso la riva; solo, non avevo compassi e bussole per calcolare a che distanza si trovasse la riva» (cit. The story). Ancora, nel libro Optimism la scrittrice associa la fondamentale importanza dell’educazione al valore universale della tolleranza: «Il più grande risultato dell’educazione è la tolleranza. Tanto tempo fa, gli uomini combattevano e morivano per le loro credenze, ma ci sono volute ere per insegnare loro un altro tipo di coraggio – il coraggio di riconoscere e rispettare le credenze e la coscienza dei loro fratelli. La tolleranza è il principio primo della comunità, è lo spirito che conserva il meglio del pensiero dell’uomo» (Optimism, 1903). Proprio in queste parole possiamo scorgere la forza innovatrice dell’esistenza di Helen, che non è stata solo apprendimento per giungere alla laurea.

FOTO 2. La laurea
La laurea

Ciò che sorprende, infatti, è notare che la vita di questa straordinaria donna viene raccontata, soprattutto al cinema, limitatamente alla sua infanzia e adolescenza fino al termine degli studi, come avviene anche nel film Black, la più recente pellicola di Bollywood del 2005 che illustra la vita di Helen solo fino alla laurea, per l’appunto. L’aspetto che ne completa la biografia è quello che ha a che fare con il suo più che vivace e rigoglioso attivismo politico, accompagnato dalla fervente scrittura di libri. Secondo Helen «la vera maniera di crescere è aspirare di andare oltre i propri limiti, nutrendo sublimi desideri di grandi cose e lottando fino in fondo per realizzarli. Quando agiamo al massimo delle nostre possibilità, non sappiamo mai quale miracolo sia scritto nella nostra vita e nella vita di un altro».
La vita di Helen Keller sarebbe già straordinaria per l’enorme resilienza e caparbietà nel vivere tutti i limiti della sua disabilità, spingendosi a superarli continuamente tutti. Accanto a questo, invece, noi possiamo ancora osservare una quasi intera biografia pullulante di azioni di concreta cittadinanza attiva, consapevole e responsabile. Helen promuove molte cause per i diritti dei disabili, è pacifista e si oppone apertamente alla Prima guerra mondiale, entra nel Socialist Party of America e nel sindacato Industrial Workers of the World, partecipando attivamente alle iniziative sociali e scrivendo articoli a favore della classe operaia. Sostiene il diritto delle donne al voto ed è una dei primi membri dell’American Civil Liberties Union. Helen ha una tempra di ferro, nulla la scalfisce o la inibisce nel suo percorso di lotta per la difesa dei diritti civili, anche quando
schierandosi politicamente viene fatta oggetto di quello che oggi chiameremmo bullismo per le sue disabilità, sottolineate malignamente per screditarla. Tra i diversi attacchi discriminatori, colpisce quello dell’editore del “Brooklyn Eagle”, che scrive: «I suoi errori politici scaturiscono dalle sue manifeste limitazioni fisiche». Ma l’acuta intelligenza e l’ironia di Helen non tardano a fornire risposta, ricordando all’editore quando si erano incontrati prima che la scrittrice manifestasse le sue idee socialiste e di come avesse ricevuto da lui stesso dei complimenti: «I complimenti che mi tributò furono così generosi che ancora arrossisco al solo ricordarli. Ma adesso che ho reso pubbliche le mie posizioni socialiste, lui ricorda a me e al pubblico che sono cieca e sorda e soggetta a compiere molto facilmente errori. Evidentemente mi si deve essere ristretta l’intelligenza dall’ultima volta che ci siamo visti. Cieco e sordo socialmente, difende un sistema intollerabile, un sistema che è responsabile di larga parte di quei casi di cecità e sordità che noi cerchiamo di prevenire». Aveva proprio ragione il grande Ezio Bosso, venuto a mancare pochi giorni fa, il 16 maggio, sottraendo all’umanità l’occasione di godere della presenza di persone così speciali: «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con una disabilità che non si vede». Parole che calzano perfettamente sulla pelle di una donna come Keller.
Helen non si ferma, la sua stessa esistenza è vissuta al massimo di ogni impegno inimmaginabile per una persona che versa nelle sue oggettive condizioni, tra viaggi e lotte continue per i diritti dei più deboli, dedicandosi sempre con fervore alla lotta per il riscatto dei non vedenti e dei sordi negli Stati Uniti e in tutto il mondo.
Nel 1924 istituisce il Fondo di dotazione Helen Keller e diventa consigliera nell’American Foundation for the Blind.

Schriftstellerin Helen Keller
La Fondazione

Nel 1936 muore l’onnipresente istitutrice Anne: Helen trova una nuova compagna di avventure ed aiutante nella persona della segretaria scozzese Polly Thomson. È l’inizio dei numerosi viaggi in giro per il mondo, allo scopo di raccogliere i fondi necessari per le attività a sostegno delle cause che Helen porta ormai avanti da anni. Scrive, partecipa alle manifestazioni pubbliche, organizza conferenze ed incontri pubblici, lotta per creare negli Stati Uniti dei centri di riabilitazione che forniscano a chiunque un’educazione scolastica ed è attiva nel chiedere l’uniformazione a livello mondiale dei criteri per comporre testi in Braille. Riceve premi, riconoscimenti, lauree honoris causa in tutto il mondo, incontra tantissimi personaggi, come Winston Churchill, Albert Einstein, Dwight Eisenhower, John Kennedy, Charlie Chaplin, Eleanor Roosevelt, Rabindranath Tagore, John Rockefeller.

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Helen Keller con John Kennedy

Nel 1956 riceve l’Oscar per il documentario ispirato alla sua vita, Helen Keller in Her Story, e nel 1964 riceve dall’allora Presidente Lyndon B. Johnson la medaglia presidenziale della libertà, un’onorificenza civile di grande valore.

FOTO. 5 L'Oscar
L’Oscar

La sua vita così intensa, così viva, così feconda, arriva al capolinea il primo giugno 1968, a quasi ottantotto anni.
Ancora una volta ringrazio i miei e le mie studenti per avermi fatto conoscere la storia straordinaria di questa donna. L’avevano presentata a scuola come ricerca di donna a cui intitolare la propria aula quest’anno, ma il covid-19 ce lo ha impedito. Conserveremo la sua storia e i suoi insegnamenti per sempre e riserveremo l’intitolazione ad un’aula nel nostro futuro ritorno tra i banchi di scuola. Il suo è un insegnamento incredibilmente attuale e resta eterno: mai arrendersi, mai smettere di sperare, mai fermarsi di fronte a quelle che solo apparentemente possono sembrare come limitazioni, ma che possono essere trasformate in nuovi strumenti per poter vivere pienamente la propria esistenza e uscire fuori dal guscio del ripiegamento su sé stessi, aprendosi all’amore verso i propri simili: «Noi tutti, vedenti e non vedenti, ci differenziamo gli uni dagli altri non per i nostri sensi, ma nell’uso che ne facciamo, nell’immaginazione e nel coraggio con cui cerchiamo la conoscenza al di là dei sensi» (The five-sensed world, 1910).

FOTO 6. finale

Helen Keller ha vissuto ogni giorno realizzando il più grande tra gli scopi che il nostro passaggio sulla terra può avere: essere d’aiuto alla parte più debole dell’umanità, perché «alla fin fine, la via più semplice per essere felici è fare il bene» (The Simplest Way to be Happy, 1933).

 

 

Articolo di Valeria Pilone

Pilone 400x400.jpgGià collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.

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