MARY HARRIS ‘MOTHER’ JONES

«Non sono una filantropa, sono un’attaccabrighe!» Così si definiva Mother Jones, una delle più importanti sindacaliste del XIX secolo, e non aveva tutti i torti, se pensiamo che durante un processo in West Virginia è stata etichettata come “la donna più pericolosa d’America”. E pensare che Mary Harris Jones in America, anzi, più precisamente in Canada, ci è arrivata da bambina, dopo aver affrontato il lunghissimo viaggio dalle coste europee. Infatti, Mary è nata nel 1837 a County Cork, da una famiglia povera di contadini locali. Come milioni di famiglie irlandesi, anche gli Harris sono vittime della Grande Carestia, che li porta a raggiungere prima Toronto e poi il Michigan. Dopo qualche anno da insegnante e poi da sarta, nel 1861 lascia il lavoro e sposa George Jones, un organizzatore della National Union of Iron Moulders. La serenità di Mary subisce un colpo letale nel 1867, quando l’epidemia di febbre gialla le porta via la sua famiglia: muoiono il marito e i loro quattro bambini. Come se non bastasse, quei pochi pezzi che riesce a rimettere insieme, aprendosi un’impresa di sartoria a Chicago, vengono spazzati via dal devastante incendio che colpisce la città nel 1871. Senza casa, senza lavoro, Mary si trova a cercare conforto nelle riunioni dei Knights of Labor, associazione di lavoratori sindacalisti che in pochi anni raggiunge il milione di adesioni. Dimostra le sue abilità come oratrice e leader già dai primi scioperi a cui partecipa, tanto da venire soprannominata dagli operai ‘Mother Jones’. Organizza moltissime proteste e si rende subito conto di quanto le pretese delle nuove folle di scioperanti possano mettere in crisi il sistema statunitense e sa bene quanto, per questo, il governo faccia di tutto per far apparire i protestanti come dei criminali scellerati, assoldando dei provocatori che creino disordine nelle piazze: «Ho imparato che sono i lavoratori a dover portare la croce per i peccati altrui, devono essere loro le vittime sacrificali dei torti fatti dagli altri» «A me non interessa dei partiti politici […] Il denaro li fa prostituire tutti! Nelle ultime elezioni non avete votato, da nessuna parte, un singolo politico che rappresenti i vostri interessi. Non mi interessa quale partito mettiate al potere, perché il vero potere economico siamo noi. Noi abbiamo il potere di agire e agiremo! Non ci potranno prendere in giro… Non è stato un partito politico a conquistare la giornata lavorativa di 8 ore!» A seguito della violenta rivolta di Haymarket del 4 maggio 1886, Knights of Labor si scioglie e Mary comincia a focalizzarsi principalmente sulla condizione dei minatori di Pennsylvania e West Virginia: riduzione della povertà, aumento dei salari, diminuzione del monte orario e assicurazione sul posto di lavoro sono i suoi obiettivi primari. Sulla violenta repressione delle proteste dei minatori a fine ‘800 si esprime così: «Perché sono state fatte queste cose? Solo perché un gruppo di uomini ha preteso le 8 ore lavorative, un assegno dignitoso, l’abolizione del sistema di credito che li rendeva servi di potenti baroni del carbone. Tutto qui. Semplicemente, perché i minatori si sono rifiutati di lavorare in queste condizioni. Solo perché i minatori volevano un futuro migliore per i propri figli, più luce del sole, più libertà. E per questo hanno sofferto tutti i giorni, per questo sono ora morti.» Dagli anni ’80 in poi la lotta sindacalista diventa la sua vita e organizza battaglie in tutti gli Stati Uniti: oltre alla condizione dei minatori si dedica, dal 1903, all’enorme problema dello sfruttamento del lavoro minorile, organizzando cortei e proteste di bambini impiegati nelle fabbriche. Mary Harris Jones concretizza ulteriormente la lotta operaia nella fondazione dell’Industrial Workers of the World, tentando di creare, a partire dal 1905, un solido ponte tra i sindacalisti americani ed europei. Questa mossa catalizza ancor di più l’attenzione pubblica sulla sua figura e, dal 1913, cominciano le prime serie controversie giudiziarie: viene arrestata con l’accusa di tentato omicidio durante uno sciopero, per ben due volte in pochi mesi, provocando una reazione popolare tale da costringere le autorità a rilasciarla. Da quel momento in poi, viene perseguitata dalla giustizia statunitense con continue accuse di sedizione. Negli ultimi anni della sua vita, trascorsi nel Maryland, Mother Jones si dedica alla scrittura di una preziosa autobiografia, che ci è fondamentale per avere un’idea della tempra e dell’immensa forza di questa donna battagliera. Muore a Silver Spring nel 1930 e il suo corpo giace accanto a quelli dei minatori uccisi dalla polizia nelle proteste in Illinois del 1898. Mary Harris Jones è una donna che è stata in grado di trasformare il dolore e la disperazione in carica vitale, in rivendicazione e in coraggio di lottare. Forse, ad averla portata a dirigere gli scioperi sindacali degli Stati Uniti d’America è stata la determinazione schiacciante che traspare da queste semplici parole: «Se vogliono impiccarmi, lasciateglielo fare e io sul patibolo griderò “Libertà per la classe operaia!”»

FONTI

https://www.womenshistory.org/education-resources/biographies/mary-harris-jones

Ortoleva P. (a cura di), L’autobiografia di Mamma Jones. Vita di una agitatrice sindacale americana, Einaudi, Torino, 1977Gorn E., Mother Jones: The Most Dangerous Woman in America, Hill & Wang, New York, 2001

Tratto da un pannello della mostra Le Giuste. La presentazione della mostra in Prezi è visibile al link: https://www.giovani.toponomasticafemminile.com/index.php/it/progettitpg/percorsi-digitali/

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Articolo di Emma de Pasquale

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Emma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.

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