Corso Martiri della Libertà, pur fiancheggiato da edifici di pregio, spesso non rientra negli itinerari di visita classici della città; eppure, per chi arriva dalla stazione ferroviaria, è una delle arterie di accesso al centro storico, percorribile a piedi, e conserva un autentico gioiello rinascimentale, la chiesa di Santa Maria dei Miracoli (in foto).
Il santuario civico — perché è sempre stato di proprietà del Comune, principale finanziatore della costruzione — si presenta come un edificio dalla configurazione assai originale, frutto di una crescita e di un ampliamento protrattisi per oltre un secolo, di modificazioni settecentesche, di restauri ottocenteschi e infine della ricostruzione dopo i danni provocati dai bombardamenti dell’ultima guerra. Fin dall’origine la chiesa presenta un particolare rapporto con l’esterno che vede la facciata come zona privilegiata. Tutta di marmo bianco proveniente dalle vicine cave di Botticino, costituisce ancora oggi il fulcro figurativo del complesso: quattro paraste giganti, fra cui sono poste nicchie e specchiature marmoree, ne delimitano la porzione originaria e l’insieme è coronato da un alto attico, aggiunto nel 1560. Il fittissimo apparato ornamentale condivide stile e protagonisti con la coeva decorazione di Piazza della Loggia. A conferma della funzione estroversa della chiesa, alla fine del XVI secolo le si aggiunge uno spazio coperto, il protiro, per officiare sulla pubblica via. La decorazione fantasiosa e raffinata della facciata e del protiro rappresenta indubbiamente l’esaltazione della scultura lombarda del Rinascimento e deve essere esaminata fin nei particolari per essere apprezzata in tutta la sua bellezza e varietà. L’interno si presenta come una pianta quasi perfettamente quadrata suddivisa in diversi vani corrispondenti a cupola maggiore, navata centrale, cupola piccola della navata sinistra, cupola piccola della navata destra, il primo e terzo vano a sinistra e il primo e terzo vano a destra. Al quadrato si devono aggiungere il presbiterio e il coro con cinque lati tutti uguali tra di loro. Il bombardamento del 2 marzo 1945 distrugge quasi completamente le ornamentazioni marmoree e pittoriche; non subiscono invece danni le tele, previdentemente messe in salvo, e la facciata. Nel secondo dopoguerra una complessa opera di restauro ripristina l’originaria ossatura rinascimentale. Nell’abside sono conservate le opere pittoriche di maggior interesse: l’Assunzione di Pietro Marone (1548-1603), la Purificazione di Maria Vergine di Grazio Cossali (1563-1629), l’Annunciazione di Pier Maria Bagnadore (1550-1627) e la Natività di Maria di Tommaso Bona (1548-1614). Proprio in questa chiesa sosta, in occasione della sua visita bresciana nel 1497, Caterina Corner o Cornaro (1454-1510).
La nobildonna (in alto ritratto di Caterina Cornaro di Gentile Bellini) è figlia di Marco Corner, discendente in linea diretta dall’omonimo doge, e di Fiorenza Crispo dei Comneno, legata da vincoli di parentela alle case regnanti di Costantinopoli e di Persia. La sua infanzia trascorre serenamente nel palazzo di famiglia fino all’età di dieci anni, quando è messa in monastero. A quattordici anni, nel 1468, con una cerimonia solenne nel Palazzo ducale di Venezia sposa per procura Giacomo II di Lusignano (1440-1473), re di Cipro. Il matrimonio salvaguarda gli interessi della famiglia, che possiede nell’isola numerose piantagioni di canna da zucchero ed è inoltre creditrice d’ingenti somme nei confronti del Tesoro regio, ed è ben visto dalla Serenissima. Solo nel 1472 Caterina è autorizzata a lasciare Venezia e, dopo la celebrazione delle nozze nella cattedrale di Famagosta, è fastosamente incoronata regina di Cipro a Nicosia. Grazie a quest’accordo matrimoniale, Venezia instaura il proprio protettorato su Cipro e Giacomo da Lusignano è sostenuto dalla città lagunare contro i Turchi. Il nuovo equilibrio politico e commerciale non dura a lungo; nel luglio 1473 Giacomo II è trovato morto durante una battuta di caccia e in seguito scoppia nell’isola una rivolta anti-veneziana. Nell’agosto 1473 nasce il figlio di Giacomo e Caterina, battezzato con il nome di Giacomo III di Lusignano, che muore l’anno seguente di malaria; nel 1489 il fratello Giorgio convince la giovane regina ad abdicare e Cipro è annessa alla Serenissima. In cambio della rinuncia a Cipro, ottiene in dono dalla Signoria la terra e il castello di Asolo, nella marca trevigiana, che arricchisce di opere d’arte e nuovi edifici, trasformandolo in una piccola corte rinascimentale e in uno dei luoghi ideali del Rinascimento italiano. Nel 1497 Caterina si reca da Asolo a Brescia per fare visita al fratello Giorgio, partecipare alle feste in suo onore per la recente nomina a podestà e designarlo erede universale. La regina entra in città con un corteo di trenta carrozze lunedì 4 settembre dalla porta di S. Nazzaro e percorre l’omonima contrada — oggi corso Martiri della libertà — fermandosi presso la chiesa di S. Maria dei Miracoli per un momento di ringraziamento e preghiera. In onore della visita della sorella, il podestà organizza la domenica successiva al suo arrivo, il 10 settembre, una grande festa in Platea Magna — oggi Piazza della Loggia — con un grande torneo cavalleresco che coinvolge tutta la cittadinanza (immagine in basso).
La piazza è attrezzata con gradinate disposte in cerchio, come negli antichi anfiteatri e, oltre a costruire tribune, palchi e steccati, si stende uno strato di sabbia sulla pavimentazione per rendere il fondo adatto al galoppo dei cavalli. Caterina si ferma in città tre mesi, ospite di Lodovico Martinengo, capitano generale della Repubblica, e torna ad Asolo alla fine dell’autunno. Solo l’occupazione da parte degli eserciti imperiali dei territori di terraferma della Serenissima, in seguito alla costituzione della lega di Cambrai (1508), convince Caterina Cornaro a rifugiarsi nella città natale, in cui trova la morte il 10 luglio 1510.
In copertina, Ritratto di Caterina Cornaro, Tiziano 1542. Firenze, Galleria degli Uffizi
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Articolo di Claudia Speziali
Nata a Brescia, si è laureata con lode in Storia contemporanea all’Università di Bologna e ha studiato Translation Studies all’Università di Canberra (Australia). Ha insegnato lingua e letteratura italiana, storia, filosofia nella scuola superiore, lingua e cultura italiana alle Università di Canberra e di Heidelberg; attualmente insegna lettere in un liceo artistico a Brescia.
Claudia, che dire? Ti leggo perché la tua chiarezza (e sapienza) di idee e contenuti è tale da rinnovare il mio piacere di leggere per imparare. Grazie
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Giulia, come al solito sei troppo generosa. Penso ti tocchera’ venire a Brescia per una passeggiata sulle tracce delle donne. Grazie davvero! Un abbraccio Claudia
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