Contro le mafie. Francesca Serio

Il 16 maggio 1955 fu ucciso a Sciara, in provincia di Palermo, il sindacalista Salvatore Carnevale. Sua madre si chiamava Francesca Serio ed era una donna coraggiosa che emergeva nella Sicilia degli anni Cinquanta dominata, in gran parte, dall’omertà mafiosa. Francesca era nata nel 1903 a Galati Mamertino in provincia di Messina. Si sposò con Giacomo Carnevale ma poco dopo restò vedova e decise di trasferirsi a Sciara per crescere con grande fatica ma anche con dignità il figlio Salvatore.

«Andavo a lavorare per campare questo figlio piccolo, poi crebbe, andò a scuola ma era ancora piccolino, così tutti i mestieri facevo per mantenerlo. Andavo a raccogliere le olive, finite le olive cominciavano i piselli, finiti i piselli cominciavano le mandorle, finite le mandorle ricominciavano le olive, e mietere e zappare mi toccava… io dovevo lavorare tutto il giorno e lasciavo il bambino a mia sorella…»

Questo suo figlio diventò un dirigente sindacale che lottò per la terra, per la classe operaia e per far applicare le norme della riforma agraria scontrandosi duramente con mafiosi e proprietari terrieri, come i Notarbartolo, padroni di Sciara. Francesca raccontava che, dopo uno sciopero, il maresciallo chiamò suo figlio e gli disse: «Tu sei il veleno dei lavoratori». Salvatore rispose che voleva solo far rispettare la legge e il mafioso Mangiafridda, che era accanto al maresciallo, esclamò: «Picca n’hai di sta malandrineria». Il giovane sindacalista non si fece intimidire. Dopo le minacce infruttuose, i mafiosi tentarono “la carta delle promesse” dicendogli che se si fosse ritirato da quella lotta lo avrebbero ricompensato con una buona somma di denaro. Ovviamente il tentativo di corruzione fallì.

La mattina del 16 maggio, sulla strada che portava alla cava, Salvatore cadde sotto i colpi dei mafiosi, perfettamente individuabili ma rimasti impuniti. Il dolore straziante di questa madre e la sua determinazione a continuare la lotta intrapresa dal figlio li troviamo mirabilmente “fotografati” dallo scrittore Carlo Levi in Le parole sono pietre: «È una donna di cinquant’anni, ancora giovanile nel corpo snello e nell’aspetto, ancora bella nei neri occhi acuti, nel bianco-bruno colore della pelle, nei neri capelli, nelle bianche labbra sottili, nei denti minuti e taglienti, nelle lunghe mani espressive e parlanti; di una bellezza dura, asciugata, violenta, opaca come una pietra, spietata, apparentemente disumana».

Francesca, dopo la morte del figlio, ne raccolse l’eredità, accusò i mafiosi e denunciò la complice passività delle forze dell’ordine e della magistratura. Dopo l’inspiegabile assoluzione, celebrò quotidianamente, davanti a tutti coloro che andavano a trovarla nella sua casa poverissima, un suo processo, civile e politico. Scrive ancora Levi: «nient’altro esiste di lei e per lei se non questo processo che essa svolge e istruisce da sola, seduta nella sua sedia di fianco al letto; il processo del feudo, della condizione servile contadina, il processo della mafia e dello Stato. Così questa donna si è fatta in un giorno: le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre…» La straordinaria figura di questa donna è stata raccontata anche da Franco Blandi in Francesca Serio. La madre, un romanzo storico che si legge tutto d’un fiato, sfogliando pagine intrise del coraggio di una donna e dell’amore di una madre.

Desideriamo concludere trascrivendo uno stralcio della lettera inviata da Francesca Serio al Procuratore generale della Repubblica e al Comandante dei Carabinieri. Le sue parole non hanno bisogno di ulteriori narrazioni e di commenti.

«Poiché un insieme di circostanze mi inducono a ritenere con certezza che gli autori del delitto debbano ricercarsi tra gli esponenti della mafia di Sciara e di Trabia… sono venuta nella determinazione di rivolgermi alle Signorie Loro per pregarLe di intervenire energicamente e sollecitamente nelle indagini richiamandole presso i Loro uffici. Anzitutto intendo precisare che il mio povero figlio non aveva da tempo altri rancori se non quelli che potevano derivargli dall’attività sindacale svolta in favore dei braccianti disoccupati del Paese, né ebbe mai rapporti con la giustizia, se non in occasione delle occupazioni simboliche delle terre incolte, da lui promosse e organizzate… Nel 1952 mio figlio cominciò a riunire e a organizzare i contadini di Sciara, e li indusse a richiedere l’applicazione delle nuove leggi sulla ripartizione dei prodotti agricoli. Preciso che tutti i terreni vicini al paese di Sciara sono di proprietà della principessa Notarbartolo… pertanto i contadini furono indotti da mio figlio a chiedere l’integrale applicazione della legge… io appresi nelle prime ore del mattino che un cadavere era stato trovato lungo la strada che portava alla cava e, come altre donne, mi precipitai nella via… le pietose bugie di alcuni congiunti che cercavano di dissuadermi dal recarmi sul posto, lungi dal tranquillizzarmi, fecero nascere in me i primi dubbi sull’accaduto. Io mi avviai a piedi da sola… e, poco dopo, da lontano, dalle scarpe, da un po’ di calze che si intravedevano sotto la stola che copriva il cadavere, ebbi la certezza che l’ucciso fosse mio figlio. Questi i fatti e le circostanze che hanno preceduto l’assassinio della mia creatura. Questi i motivi per i quali ritengo che sia opportuno che le indagini siano condotte direttamente dagli uffici di Palermo e sottratte all’ambiente locale, tristemente dominato dalla mafia. È necessario che tutti coloro che sanno vengano incoraggiati a parlare, e parleranno solo se si renderanno conto che le indagini sono affidate a buone mani e che la loro incolumità non corre pericoli…»

Nel 2019 a Palermo e a Sciarra due strade portano il nome di Francesca Serio. Nessuna intitolazione a Galati Mamertino.

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Articolo di Ester Rizzo

a5GPeso3Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici, .

2 commenti

  1. Una storia meravigliosa quella di questa madre e donna coraggiosa. Onori e riconoscimenti sono d’obbligo, ma a nulla servono se l’obiettivo di annientare la mafiosita’ della nostra Terra non verrà raggiunto in pieno. La giustizia deve sempre essere al servizio del cittadino e non delle cosche che anche se non uccidono hanno purtroppo ancora tanto potere. Grazie Ester .

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