Candidata tre volte al Nobel, vincitrice di innumerevoli premi letterari, autrice di raccolte poetiche e narrative, di saggi e teatro, animatrice dei salotti torinesi, parigini, milanesi, siciliani e poi romani… Questa volta, vi dico la verità, non so proprio da dove iniziare.
Buongiorno signora Spaziani, è un onore conoscerla.
Buongiorno a te, carina quest’idea delle interviste! Anche a me piaceva tanto, al punto da scrivere un intero libro di incontri impossibili, intitolato Donne in poesia, con le grandi poete degli ultimi due secoli.
Ha un sorriso gentile, trafitto da un caldo raggio di sole novembrino che penetra la finestra di questa sua luminosa sala da pranzo romana.
Lo conosco bene, è stato di grande ispirazione per me. Signora Spaziani, perché ci tiene così tanto a esser definita ‘poeta’ e non ‘poetessa’?
È una questione relativa al peso che nel tempo è stato dato ai due termini. Io sono nata femminista e non potevo sopportare che per decenni, forse tutt’ora, essere ‘poetessa’ fosse una cosa da poco conto: si premiavano i poeti, noi donne eravamo sempre il fanalino di coda e non ci veniva riconosciuto mai un bel niente. Sai quante poete sono state estromesse dall’ambiente e dalla memoria seppur fossero dei gioielli rari della nostra letteratura? Quell’”essa” è stato caricato di un senso svilente.
Sono d’accordo, sarebbe compito della critica contemporanea riportare a galla le molte meritevoli che sono finite nel dimenticatoio. Lei è stata una ragazza libera?
I miei erano molto permissivi, nel senso buono del termine. La vita era la mia e mie dovevano essere le scelte: sono molto grata a loro per questo.
Mi è impossibile non chiederle del mio poeta preferito di sempre, a lei che ha avuto la fortuna di conoscerlo così da vicino. Quanto ha pesato Montale sulla sua produzione?
Quando l’ho conosciuto già scrivevo da anni, non penso abbia determinato il mio modo di fare poesia a causa del nostro profondo sodalizio: ero già formata, io avevo le mie idee e lui le sue… Ma devo ammettere che non è solo il tuo poeta preferito, anche io l’ho sempre amato molto ed è inevitabile che abbia costituito per me un grande modello a cui guardare e da cui imparare. Ero innamorata perdutamente della raccolta Ossi di Seppia, che avevo imparato a memoria, tanto l’avevo consumata. Mai mi sarei sognata, ai tempi, di diventare parte integrante de La Bufera e altro come la sua “volpe”!
Eppure, molti critici la identificano come una montaliana in tutto e per tutto. In cosa pensa si sbaglino? Cosa vi distingue?
Eugenio ed io ci guardavamo dentro attraverso lo sguardo terzo della poesia, ma abbiamo sempre espresso una visione del mondo ben diversa. Non so come sia possibile, per quanto mi gratifichi, che mi descrivano come seguace di Montale, dal momento che tutto ciò che è scritto è sempre stato vitale, propulsivo. Io ho sempre accettato l’universo, senza sfiducia nella storia e nel futuro, senza quel “male di vivere”.
La sua produzione conta una grandissima quantità di titoli. C’è un’opera a cui si sente più legata?
Sai che forse Giovanna d’Arco è il testo che mi è più caro? Perché è un personaggio a cui mi sono affezionata da piccola e che mi ha sempre affascinato con il suo alone di mistero. Inoltre, l’opera è molto diversa dalle altre che ho scritto, perché è in ottave, è un poema dai tratti quasi cavallereschi… E io non avevo mai scritto in ottave, non l’ho neanche fatto apposta!
Anche il linguaggio mi sembra molto diverso dal suo solito lessico lirico…
Non poteva non esserlo… Ho raccontato la storia di una contadina sedicenne, rivoluzionaria e analfabeta: poteva mai esprimersi in modo aulico?
Signora Spaziani, un’ultima domanda: cosa consiglia ai futuri poeti e alle giovani poete?
A loro di contemplare, di amare, di lasciarsi andare all’istinto che sentono dentro, anche se ancora non sanno dargli una forma precisa. Ma il consiglio più urgente che mi sento di dare è ai loro genitori: non sbilanciatevi mai troppo, né in un senso né nell’altro. Evitate di gridare subito al genio e ovviamente non scoraggiateli, non tarpategli le ali. Abbiate pazienza, fate percorrere la propria strada ai vostri figli. Vedi… viviamo in un profondo e inconciliabile contrasto: infatti, i bambini di oggi vengono educati a scuola ad ammirare i grandi artisti come massimo esempio di talento e realizzazione, ma fuori c’è un mondo che urla che la letteratura non dà futuro e che a fare poesia finirai per strada… Non solo è contraddittorio, è deleterio.
Che dire? Nulla di più vero.
MARIA LUISA SPAZIANI: nata a Torino il 7 dicembre 1922, è stata una delle più grandi poete italiane del Novecento, oltre che una grande traduttrice e aforista. Tra le sue raccolte poetiche più riuscite ricordiamo l’esordio del 1954, Le acque del sabato, Geometria del disordine del 1981, Giovanna d’Arco del 1990 e I fasti dell’ortica del 1996. Dal 1949 sviluppò un “sodalizio” intenso e duraturo con il poeta Eugenio Montale, di cui divenne la musa ispiratrice “Volpe”. In onore della memoria del genovese, è stata fondatrice e presidente del Centro Internazionale Eugenio Montale e del Premio Montale. Fu candidata al Nobel tre volte, nel 1990, nel 1992 e nel 1997.
Si è spenta a Roma il 30 giugno 2014, all’età di 91 anni.
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Articolo di Emma de Pasquale
Emma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.
La Spaziani meriterebbe un posto nei programmi scolastici di tutto rispetto, e non solo come la volpe della Bufera montaliana. Grazie per averla ricordata
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