Gabriela Mistral è stata la prima donna sudamericana a ottenere il Nobel per la letteratura, nel 1945.
Era nata in Cile, a Vicuna, il 7 Aprile del 1889. Ancora oggi, il suo popolo, conosce solo una esigua parte della sua produzione letteraria che invece è rimasta appannaggio delle istituzioni accademiche. Per un periodo della sua vita visse anche in Italia. Amava il nostro Paese e in un’intervista dichiarò: “Ho sempre amato vagabondare ma inizio a diventare sedentaria. Mi sento felice in questa terra. È possibile che viva qui il resto dei miei giorni”.
Ma così non fu. Il suo spirito di “essere errante” (come lei stessa amava definirsi) prevalse e andò via dal nostro Paese. Tra le sue poesie più belle, La donna forte di cui riportiamo i versi.
Ricordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,
donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;
quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,
ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.
Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,
chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;
sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,
cadeva dalla mano, serena, la semente.
Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,
e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,
ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.
E ancora bacerei il fango dei tuoi piedi,
perché tra cento donne non ho visto il tuo volto
e l’ombra tua nei solchi,
seguo ancora nel mio canto.
Ne ha tracciato il profilo Laura Candiani.
«Il vero nome era Lucila de Maria del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga e scelse lo pseudonimo intorno ai 25 anni, probabilmente per onorare due poeti che amava molto: Gabriele D’Annunzio e Frédéric Mistral; secondo un’altra versione volle fare riferimento invece all’arcangelo Gabriele e al vento di nord-ovest che spazza la sua terra, ovvero il maestrale.
Visse una infanzia povera in una famiglia di origini basche ed ebree, sulle Ande, abbandonata dal padre a soli tre anni; cominciò a lavorare fino da ragazzina per aiutare economicamente la madre. Divenuta insegnante, si fece notare con le prime poesie pubblicate nel 1904, mentre di lì a poco, nel 1909, fu colpita da un grande dolore per il suicidio di un ragazzo, Romeo Ureta, a cui si era legata. I suoi temi divennero più cupi: la morte, il dolore, la perdita, si unirono al il valore degli affetti e dell’amicizia.
I primi veri successi arrivarono nel ’14 con la raccolta Sonetos de la Muerte con cui vinse un concorso letterario. Chiamata in Messico nel 1922 dal Ministero dell’Istruzione, svolse un’opera preziosa nel rinnovare la didattica e favorire l’alfabetizzazione.
La sua consacrazione letteraria avvenne con Desolaciòn e le prose Lecturas para Mujeres; rientrata in Cile, ottenne l’incarico di docente universitaria di lingua spagnola e iniziò una serie di conferenze che la portarono in molte parti del mondo: Usa, America Latina, Spagna. Continuò a occuparsi attivamente dell’educazione e nel ’26 fu nominata rappresentante del Cile all’Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale, un antenato dell’Unesco che aveva sede a Parigi.
Tra il ’25 e il ’34 visse fra Francia e Italia; abbandonato l’insegnamento e ottenuta una pensione statale, poté svolgere le mansioni di console onoraria fino alla morte. Fu dunque a Nizza, Lisbona, Madrid, in Grecia, in Messico, negli Usa e di nuovo in Italia, a Napoli e a Rapallo.
Al ’34 risale l’opera Ternura; nel 1938 i proventi per la sua pubblicazione Tala andarono agli orfani della Guerra civile spagnola.
Un nuovo dolore alimentò tragicamente la sua vena poetica: nel 1943 si suicidò infatti l’amatissimo nipote Juan Miguel, di 17 anni, che aveva allevato come un figlio.
Due anni dopo, il 15 novembre 1945, ricevette il premio Nobel per la letteratura. Nella motivazione gli Accademici svedesi la accomunarono a Grazia Deledda: entrambe erano donne che avevano vissuto esperienze di vita difficili, erano ignote al grande pubblico internazionale, avevano ricevuto una scarsa istruzione. Entrambe avevano dimostrato tenacia, forza di volontà, impegno ed erano state capaci, con la fantasia e le loro opere, di donare calore umano a lettrici e lettori.
Nel ’47 Gabriela ottenne la laurea honoris causa in California, nel ’51 vinse il Premio nazionale di letteratura in Cile.
Postumo, nel ’67, è uscito il Poema de Chile a cui aveva pensato fino dalla giovinezza: si tratta di un dialogo fra lei e un piccolo indio, in Patagonia, in cui si fondono i temi più cari: l’impegno pedagogico, la maternità mancata, l’attenzione per una minoranza misconosciuta e disprezzata, l’amore per la sua terra.
È stata una poeta e una donna dalla vita complessa, anche i suoi rapporti con il Cile non sono sempre stati facili, estranea come era al rigido mondo accademico. Aveva avuto una formazione da autodidatta, era attenta ai diritti delle donne e femminista, non era né madre né moglie, né gradiva il ruolo di maestra di vita; pur essendo cattolica usciva dagli schemi: era lesbica e destò molte perplessità il suo carteggio, fra il ’48 e il ’56, con Doris Dana, una bella americana più giovane di 31 anni che le rimase sempre accanto e fu la sua erede. È stata fra le prime intellettuali a parlare dei diritti dell’infanzia e ha anticipato di molto il concetto di “panamericanismo”; era tenacemente antifascista e piuttosto diffidente verso il comunismo, arrivando a guardare con sospetto l’emergente figura di Salvador Allende. Diceva di sé: “Sono socialista a modo mio, una umanista, con lo sguardo verso i poveri, i deboli!”»

Gabriela è morta a New York il 10 gennaio del 1957. Le sue spoglie mortali furono traslate in Cile, il suo Paese, che aveva proclamato tre giorni di lutto per la scomparsa della scrittrice e che le tributò grandi onori e tanto affetto. Del resto, lei nel suo testamento non aveva dimenticato le sue origini e la sua terra, disponendo che i ricavi delle vendite dei suoi libri in Sudamerica e alcune sue proprietà venissero destinati ai bambini e alle bambine povere del quartiere dove lei stessa aveva trascorso i suoi primi anni di vita. Il sito Google, nella ricorrenza dei 126 anni della sua morte, le ha dedicato il doodle del giorno.
In Italia è a lei intitolata la Tangenziale Sud di Modena e una via di Maranello e Monreale. In Spagna ha intitolazioni a Madrid e a Vitoria. Sono invece diffuse le intitolazioni in molti Paesi dell’America Latina (a San Paolo, a Quito, a Buenos Aires) e soprattutto in Cile. Sempre in Cile, ma anche in Venezuela, ha dato il nome a varie istituzioni scolastiche.

A Monte Grande, nella Valle d’Elqui, un imponente monumento la ricorda e nella sua città natale si trova un suo piccolo busto. La sua effige è stampigliata sulle banconote da 5.000 pesos.
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Articolo di Ester Rizzo
Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra edit. ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici e Donne disobbedienti.