Se sei una toponomasta e intraprendi un viaggio, sai già che il tuo viaggiare sarà diverso, perché cercherai, in ogni luogo, lontano o vicino, le tracce delle donne che hanno vissuto in quei territori.
Sei sempre lì a camminare con il naso per aria, alla ricerca di paline toponomastiche, targhe e statue commemorative che ricordino le donne. Sovente inciampi o ti scontri con qualcuno a cui prontamente chiedi scusa per questo tuo modo di camminare definito con “la testa per aria” dai tuoi compagni di viaggio.
Eh già… i compagni di viaggio. Non sempre sono stati entusiasti delle lunghe deviazioni proposte o dei tempi dilatati per cercare di capire iscrizioni nelle lingue più diverse. A volte si sono sentiti coinvolti, altre volte, invece, mi hanno abbandonato nelle mie ricerche in posti improbabili. Comunque, alla fine, in un modo o nell’altro, sono riuscita sempre a ricongiungermi a loro.
Raramente ho viaggiato da sola per il mondo e spesso sono stata una viaggiatrice in moto da ”sellino posteriore”. Insieme al mio compagno e tanti motociclisti, ed anche qualche motociclista, sono arrivata persino in posti estremi come Capo Nord o Ushuaia, in Patagonia, alla fine del mondo. E poi San Pietroburgo , Mosca, Baku in Azerbaijan passando per l’Armenia e per la Georgia.
Cercare le tracce delle donne in questi Paesi non è stato facile ma vi assicuro che esistono.
Procediamo con ordine.
Un viaggio a Capo Nord ti dà subito la sensazione che stai attraversando città e territori dove esiste una parità sostanziale oltre che formale tra i due generi. Svezia, Norvegia e Finlandia sono nazioni in cui nel quotidiano non percepisci le differenze “di ruoli predefiniti” tra uomini e donne. Il ricordo di scrittrici, artiste e politiche è onorato dalla presenza di varie statue all’interno dei centri urbani.
All’ingresso delle isole Lofoten l’attenzione è catturata da una grande statua in mezzo al mare che rappresenta le mogli dei pescatori del luogo che, arrivato il pescato, contribuivano con la lavorazione del pesce all’economia di quei territori (in copertina).

Anche l’incontro, per strada, con le donne sami contemporanee è stato molto interessante. Non vivono più nelle tende ma in roulotte. Non è stato agevole dialogare con loro ma dai loro sorrisi e dagli atteggiamenti mi è sembrato di capire che erano serene, libere e fiere di vivere immerse in quella natura. Una scelta, non una costrizione, almeno per coloro che ho incontrato. I Sami appartengono a quella che si definisce la più antica popolazione del Nord Europa, per loro esisteva la dea creatrice Luonnotar ed anche il Sole era un dio femmina.
Un altro “incredibile incontro” è stato quello fatto ad Hammerfest, definita la città più a nord del mondo, trovandosi infatti sopra il Circolo Polare Artico.

Nel Museo della ricostruzione (Gjenreisningsmuseet), con mia grande sorpresa, ho trovato un pannello con le foto e le biografie delle prime donne politiche del Finnmark e le vie a loro intitolate nella cittadina. Immaginerete lo stupore nel vedere una mostra toponomastica a quella latitudine e la mia ricerca solitaria delle vie: ormai i miei compagni di viaggio avevano deciso di “abbandonarmi” dandomi direttamente appuntamento per cena in hotel.

Più complicato è stato trovare le tracce delle donne in Patagonia. In quei territori sconfinati dove regna sovrana incontrastata la natura, non c’è molto spazio per gli esseri umani, tranne che per i tanti esploratori ricordati nell’odonomastica ed anche nei nomi di montagne o di baie, ghiacciai o stretti (es. Stretto di Magellano). L’unica statua che ho trovato è stata il busto di Evita Peron ad Ushuaia. Ma la curiosità di sapere di più sulla Patagonia mi ha consentito, al ritorno da questo viaggio, di scoprire la storia delle “puttane disobbedienti” di Puerto San Julian, piccola cittadina dove nel 1922 alcune prostitute si rifiutarono di “soddisfare” i soldati argentini rei di aver massacrato i peones che reclamavano un lavoro più dignitoso. Quei soldati vittoriosi sul campo di battaglia furono sconfitti da un manipolo di donne che li cacciarono a colpi di scope. Peccato aver appreso questa storia dopo il viaggio, probabilmente a Puerto San Julian avrei trovato qualche notizia di questa incredibile impresa.
Ricercare le tracce femminili nei Paesi dell’Est Europa è stato veramente complicato per me che non conosco l’alfabeto cirillico.
Ho ancora una fotografia scattata a Yalta, nella Penisola di Crimea, che raffigura una targa con sopra una testa femminile: non so però a quale donna è stato tributato questo ricordo.
A San Pietroburgo invece ho trovato una grande statua raffigurante la zarina Caterina II di Russia, conosciuta come Caterina la Grande, e anche molte figure femminili nel grandioso monumento della difesa di Leningrado.
A Volgograd , posta su una collina, c’è la maestosa statua della Madre Russia, più alta della Statua della Libertà. Anche a Yerevan ho potuto ammirare, sempre su una collina, la statua della Madre Armenia che nel 1967 ha preso il posto di una precedente che raffigurava Stalin.

Una tradizione riscontrata sia in Russia che in Ucraina vuole che gli sposi, nel giorno delle nozze, depositino mazzi di fiori ai piedi delle statue o dei monumenti cittadini. Le damigelle al seguito del corteo hanno graziosi cestini ricolmi di dolci tipici che offrono ai passanti. Quando mi sono recata a Baku ancora non era stata realizzata, ma oggi si può ammirare nel centro della città la statua di una giovane nell’atto di togliersi il velo. Rappresenta Tahirih che ha perorato la causa dell’emancipazione femminile. In quella città però ho vissuto un’esperienza unica: mi è stato consentito di entrare nella Moschea, nel settore riservato alle donne, durante le preghiere. Anche i più comodi viaggi in aereo riservano delle sorprese. A Dubai decisi di vedere oltre allo sfavillio dei vertiginosi grattacieli il nucleo antico della cittadina: un piccolo borgo marinaro. Tra le viuzze del souk c’è il Museo delle donne. Era il 2016 e stavo curando la pubblicazione del volume Le Mille. I primati delle donne dell’associazione Toponomastica femminile. Immaginate il mio stupore quando all’interno trovai una sezione dedicata alle prime donne degli Emirati Arabi che avevano ricoperto un incarico politico o intrapreso una professione come Tani Siro Dano Yacoub che è stata nel 2008 la prima giudice. Il Museo è una tappa obbligata per una toponomasta che si reca a Dubai.
Le tracce delle donne possono essere scoperte ovunque ed è bello al ritorno dal viaggio conoscerne e approfondirne la storia.
Ricordo che mentre percorrevo il Cammino di Santiago, non a piedi ma comodamente in macchina, feci una sosta a La Coruña. La maestosa piazza principale è intitolata a Maria Pita e al centro campeggia la sua grande statua. Maria Pita era nata nel 1565 e diventò il simbolo della trionfale difesa della città contro l’invasione dell’esercito inglese nel 1589. Purtroppo non ho potuto visitare il Museo in suo onore.

A volte, per trovare le tracce delle donne, non c’è neanche bisogno di andare in luoghi lontani. Anche i borghi che distano pochi chilometri da casa possono riservare gradite sorprese. Per restare nella mia isola, visitando Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, uno dei borghi più belli d’Italia, all’interno della chiesa-museo di San Benedetto c’è una grande teca dove, con foto e ricami, viene raccontata la storia di miss Mabel Hill, una benefattrice inglese a cui si attribuisce la denominazione del “punto inglese” nel ricamo. E che dire di Palermo, scrigno di affascinanti storie di donne? In questa città sono veramente tante, anzi tantissime le tracce femminili. Solo piccoli accenni: potete visitare Palazzo Asmundo dove una targa sul prospetto ricorda Giuseppina e Anna Turrisi Colonna, le due sorelle artiste unite nella vita e nella morte, e poi recarvi nella chiesa di San Domenico dove riposano in un unico monumento funebre. In alcuni periodi, soprattutto durante la manifestazione “Le vie dei tesori” è visitabile la chiesa di San Giorgio ai Genovesi dove è sepolta la celebre pittrice Sofonisba Anguissola nata a Cremona ma siciliana d’adozione. All’interno di quella chiesa ho notato l’esistenza, nella navata laterale, di una tomba con l’iscrizione ”Qui è sepolta la prima donna”. Ho chiesto delucidazioni alla guida ma non ha saputo rispondermi e quindi dovrò cercare di svelare questo piccolo mistero.
In una Palermo piena di luce e di fascino troverete i luoghi di Franca Florio, come la Palazzina dei Quattro Pizzi, la Cripta delle repentite, il Convento delle monache di clausura di Santa Caterina dove, ancora oggi, potete gustare dei dolci tipici buonissimi realizzati con le antiche ricette segrete di queste suore o recarvi nella cripta della chiesa di Santa Cita dove si pensa sia stata sepolta nell’anonimato la Baronessa di Carini.
Sono solo piccoli spunti perché la città è densa di “luoghi al femminile”. Sì, perché Palermo “è fimmina” come “è fimmina” l’intera Sicilia.
Palazzina dei Quattro Pizzi
Il viaggio di una toponomasta ha sicuramente ”una marcia in più”, anche se a volte devi fare deviazioni di parecchi chilometri per cercare una località specifica, mentre altre volte un pizzico di fortuna può aiutarti.
Ecco perché racconterò, nei prossimi articoli, alcune mie esperienze di viaggio che mi hanno portato nei luoghi di grandi donne dove ho potuto respirarne il vissuto.
Insieme andremo a Nohant nella casa di George Sand, a Torquay dove nacque Agatha Christie e dove ambientò alcuni dei suoi romanzi gialli, a Fez, la città di Fatima Mernissi e del suo libro La terrazza proibita.
Perché il “viaggio di genere” regala sensazioni, suggestioni e conoscenze che hanno un valore inestimabile.
Buona strada a tutte.
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Articolo di Ester Rizzo
Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra edit. ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici e Donne disobbedienti.