Una giusta via

Ci troviamo su una strada fittizia, che non esiste, intitolata a una donna vissuta nell’invisibilità dell’esclusione, Modesta Valenti, divenuta nota solo dopo la sua assurda e tragica morte. La toponomastica in questo caso porta alla luce e fissa nella memoria la storia di una persona due volte invisibile — come donna e come clochard — contribuendo a gettare luce sull’esclusione sociale di chi è homeless e, in parte, a farla accedere a diritti, non sempre concretamente esigibili da chi vive ai margini.

Secondo uno studio del 2020 dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la condizione di senzatetto, nei Paesi ricchi e industrializzati riguarderebbe quasi due milioni di persone: 532.000 negli Stati uniti (0,17% della popolazione) e più di 100.000 in Brasile e in Australia. In Italia gli ultimi dati, risalenti al 2014, indicano oltre 50.000 senzatetto (0.08% della popolazione); si tratta tuttavia di dati riferiti solo ai 158 principali Comuni, nei quali la loro incidenza è dello 0,24% sulla popolazione complessiva. Questa estrema forma di esclusione sociale prevale con sempre maggior frequenza tra le donne, le famiglie con bambini, persone giovani e anziane, migranti, e comporta costi personali altissimi: si muore fino a trent’anni prima della media della popolazione e si corre un rischio maggiore di malattie mentali, abuso di sostanze e malattie sessualmente trasmesse. Negli ultimi anni i/le senzatetto sono aumentati/e di circa un terzo nell’area Ocse, con grandi differenze all’interno dei vari Paesi: negli USA la metà di chi è homeless si concentra in cinque Stati e a Dublino, che ospita un quarto della popolazione complessiva irlandese, il 66% su scala nazionale. Sempre secondo lo studio Ocse, una delle principali soluzioni è l’investimento in prevenzione — tra cui una politica di alloggi a prezzi più abbordabili — accompagnato da periodiche raccolte dati sul fenomeno, che integrino le diverse fonti per individuare nel modo migliore le necessità.

Spesso essere senzatetto coincide con l’essere senza residenza e si perdono così molti diritti, quali quello all’assegnazione del medico di base, alle prestazioni sanitarie da parte dell’azienda sanitaria locale e al rilascio del permesso di soggiorno. L’istituzione della residenza anagrafica fittizia per i cittadini senza fissa dimora è introdotta nell’ordinamento italiano con la legge n.1228/54, che stabilisce anche che ogni Comune deve aprire una posizione anagrafica per le persone senza fissa dimora attribuendo loro un indirizzo fittizio, ma, dopo oltre cinquant’anni, non tutti i Comuni si sono ancora adeguati istituendo la residenza fittizia e vi è pertanto a livello nazionale una situazione disomogenea, con pesanti ripercussioni in termini di esigibilità dei diritti. L’iscrizione anagrafica è un diritto della cittadinanza e un obbligo per l’ufficiale d’anagrafe, che deve limitarsi a registrare la presenza stabile di una persona sul territorio comunale. Roma ha un’area di circolazione “virtuale” per chi è senza dimora inizialmente denominata via della Casa comunale, intitolata dal 2002 a Modesta Valenti, una clochard di 71 anni che si rifugiava alla stazione Termini di Roma per dormire. Nel 2019 anche Alghero segue l’esempio di Roma e istituisce via Modesta Valenti”, in sostituzione di via della casa comunale n.3, quale via fittizia, per l’iscrizione anagrafica dei/delle senza fissa dimora.

Il 31 gennaio 1983 Modesta Valenti si sente male alla stazione romana e l’equipaggio dell’ambulanza accorsa alla chiamata non la prende a bordo perché è sporca e ha i pidocchi. Si perde molto tempo in rimpalli burocratici tra 118 e Servizi sociali, senza che nessuno si prenda cura di lei, che, sola nel viavai della stazione, muore dopo ore di agonia, diventando il triste simbolo della condizione di isolamento e di difficoltà di accesso ai servizi di chi vive sulla strada.  Ogni anno, il 31 gennaio, la comunità di Sant’Egidio di Roma ricorda Modesta Valenti con una serie di iniziative liturgiche e non, tra cui un momento di raccoglimento nel luogo della sua morte, al binario 1 di Roma Termini. L’intento delle commemorazioni e della targa posta al binario ha lo scopo di includere a piena titolo questa donna esclusa e marginale nella memoria della città capitolina e fare in modo che chi passa legga nel suo nome tutti i nomi delle persone “invisibili” della nostra società. Chi vive per strada già si identifica in questa “martire dell’indifferenza” — secondo la definizione della comunità di Sant’Egidio — e nella sua sofferenza e cerca in lei comprensione e protezione, chiamandola santa Modesta. Di lei in realtà si sa poco, solo quanto ha raccontato ai/alle giovani della comunità di Sant’Egidio, incontrate per la prima volta nell’inverno del 1982, vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore, mentre timidamente chiede l’elemosina. Nata a Trieste nel 1912, aveva vissuto fino a qualche prima nella sua città in un appartamento, ma era stata segnata dal ricovero in ospedale psichiatrico e dai trattamenti subiti. Non sono chiare le ragioni del suo trasferimento a Roma, città in cui aveva iniziato a vivere per strada; diceva di voler incontrare il Papa, le piaceva camminare fino a San Pietro e parlava di un viaggio in treno, forse per ritornare a Trieste.

La comunità di Sant’Egidio si prende cura di lei anche dopo la morte; il corpo di Modesta è sequestrato dall’autorità giudiziaria e solo undici mesi dopo è restituito alla comunità, che può finalmente celebrare il suo funerale il 28 novembre 1983.

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Articolo di Claudia Speziali

mbmWJiPdNata a Brescia, si è laureata con lode in Storia contemporanea all’Università di Bologna e ha studiato Translation Studies all’Università di Canberra (Australia). Ha insegnato lingua e letteratura italiana, storia, filosofia nella scuola superiore, lingua e cultura italiana alle Università di Canberra e di Heidelberg; attualmente insegna lettere in un liceo artistico a Brescia.

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