Maria Montessori

Medica, femminista, riformatrice sociale, pedagogista, educatrice: una delle donne più ammirate, influenti e controverse fra XIX e XX secolo.

Maria Montessori nasce a Chiaravalle nel 1870 in una famiglia borghese: il padre è conservatore, la madre progressista. È nipote dell’abate Antonio Stoppani, geologo e naturalista, l’autore di Il bel Paese: un uomo che avrà molta influenza sulla sua formazione e sulla sua passione per le scienze biologiche.

Quando si trasferiscono a Roma Maria sceglie – contro il parere del padre che la vuole insegnante – una scuola tecnica.
Nell’iscriversi agli studi universitari di medicina combatte gli ostacoli posti dalla burocrazia e dai compagni di studio, in una comunità composta esclusivamente da uomini. In un’intervista dichiara di aver dovuto chiedere l’aiuto a papa Leone XIII per il suo ingresso alla facoltà in quanto ostacolata dal ministro Baccelli.

Il 1896 è l’anno della laurea, con una tesi in psichiatria: è la terza donna italiana che diventa medica.
In quell’anno partecipa in veste di rappresentante dell’Italia al Congresso internazionale delle donne a Berlino, dal quale lancia un appello appassionato contro la disparità dei salari in fabbrica tra uomini e donne.

Nel 1899 (lo stesso anno in cui entra nel comitato direttivo della Lega per i diritti delle donne) fonda e dirige la Scuola magistrale ortofrenica per educatori ed educatrici di bambine/i disabili (quelli definiti ‘anormali’), sviluppando una didattica basata su metodi, osservazioni e materiali degli studiosi Itard, Seguin, Pestalozzi e Froebel.

Volto di Maria Montessori sulla
banconota da mille lire

Inizia un lavoro di ricerca presso il manicomio romano di S. Maria della Pietà dove tra i malati di mente si trovavano bambine e bambini con difficoltà o con turbe del comportamento, rinchiusi e trattati alla pari delle persone adulte e in stato di grave abbandono affettivo. Il risultato di questo sforzo conoscitivo la porta ad elaborare un metodo di insegnamento del tutto differente da qualsiasi altro in uso all’epoca. 
Della scuola tradizionale Maria Montessori critica il fatto che in essa tutto sia pensato a misura di adulto. Allieve e allievi sono costretti in luoghi chiusi, in banchi dai quali non possono muoversi; devono usare materiali inadatti al loro livello di sviluppo; l’insegnamento è impartito in modo nozionistico, il controllo è serrato. In un ambiente così concepito il/la bambino/a non si trova a suo agio e non è nella condizione di poter agire spontaneamente.

Il suo pensiero identifica la/lo studente «come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali» che l’adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Il principio fondamentale deve essere la libertà, la sola che può favorire la creatività già presente nella natura infantile. Dalla libertà e dalla fiducia, che favoriscono l’autocorrezione dell’errore, deve emergere una disciplina che non può essere coercizione. L’apprendimento avviene senza fatica se si mette il/la discente nelle condizioni adatte a poter conoscere: il compito della persona adulta è quello di aiutare il naturale e completo sviluppo individuale di ciascuna mente infantile.

«Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo».

Nel 1904 consegue la libera docenza in antropologia e ha l’opportunità di occuparsi dell’organizzazione degli asili infantili. All’interno del riassetto urbanistico e della riqualificazione architettonica, igienica e sociale del popolare quartiere romano di San Lorenzo le viene affidata infatti la direzione del primo asilo di caseggiato, dove accogliere le/i piccole/i mentre i genitori e  fratelli e sorelle maggiori sono fuori al lavoro e a scuola. Apre così, nel 1907 (all’epoca del sindaco Ernesto Nathan), la prima Casa dei Bambini, un ambiente in cui applica una nuova concezione di scuola d’infanzia secondo Il metodo della pedagogia scientifica. La Casa di San Lorenzo, pensata e realizzata a misura di bambino/a, diviene per lei l’ideale laboratorio didattico, il banco di prova delle sue intuizioni e la fonte sperimentale della sua teoria educativa.

Il suo primo viaggio negli Stati Uniti, che risale al 1913, inaugura la dimensione internazionale di Montessori, che arriva ad essere conosciuta e stimata in molti Paesi del mondo e che vive per lunghi periodi lontana dall’Italia. Negli anni 1949, ’50 e ’51 viene candidata ripetutamente al premio Nobel per la Pace. A lei vengono dedicati francobolli in molti Paesi; la sua immagine negli anni Novanta era raffigurata nella banconota italiana da 1000 lire.

Trasferitasi nei Paesi Bassi, muore a Noordwijk nel 1952. Il piccolo volume Formazione dell’uomo (1949) e i tre saggi contenuti in Educazione e pace (1949), rappresentano, per così dire, il suo testamento spirituale: investire sull’infanzia significa salvare l’umanità.

Intitolazione a Rimini

In tutto il mondo esistono nidi, scuole infantili, primarie, superiori e college ispirati al pensiero di Maria Montessori. Se ne stimano ad oggi molte decine di migliaia, diffusi in più di 100 Paesi. 137 sono in Italia, soprattutto in Umbria e nelle Marche. L’eredità del suo pensiero è stata resa possibile anche grazie ad alcune organizzazioni da lei stessa create, che hanno l’intento di diffondere il metodo e formare gli/le insegnanti che intendono avvicinarsi ad esso.

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Articolo di Graziella Priulla

Già docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: C’è differenza. Identità di genere e linguaggi, Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo, Viaggio nel paese degli stereotipi.

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