Caratteristiche del fenomeno
Il Mutismo Selettivo (Ms) è un disturbo dello sviluppo relativamente raro. Un’indagine realizzata all’interno dell’Istituto Universitario Salesiano (Iusve) di Venezia Mestre, avviata nel periodo aprile-maggio 2018 e conclusa a giugno 2019 ha coinvolto, attraverso un questionario compilato su base volontaria, gli/le insegnanti appartenenti a 268 Istituti Comprensivi di tutta Italia. La raccolta e l’analisi dei dati ha portato a far emergere 229 casi con caratteristiche possibilmente ascrivibili al disturbo noto come mutismo selettivo, su un totale di 208.582 studenti coinvolti indirettamente. Al termine dell’indagine, la percentuale di casi emersa era pari allo 0,11%, quindi significativamente superiore allo 0,07% ipotizzato all’interno delle stime internazionali.
Anche il rapporto tra maschi e femmine è risultato particolarmente significativo, poiché la problematica sembrerebbe interessare il 63% delle femmine rispetto al 37% dei maschi.
Il Ms è un disturbo caratterizzato da una importante difficoltà del bambino o dell’adolescente a parlare in determinate situazioni sociali in cui ci si aspetta che ciò avvenga (in particolare a scuola), rispetto ad altre in cui tale capacità sembra normale o quasi, ad esempio a casa. L’interesse recente per questo disturbo e i pochi studi in letteratura lasciano ancora aperti molti interrogativi su diversi aspetti relativi alla sua specifica caratterizzazione, anche se negli ultimi anni l’etichetta diagnostica di questo disturbo ha subito una modificazione alla luce di una maggiore attenzione e comprensione delle peculiari caratteristiche dei soggetti con mutismo, rispetto alle componenti comportamentali, cognitive, emotive e familiari.
Attualmente il Ms è il disturbo da fobia sociale meno conosciuto e considerato, sia in Italia che in ambito internazionale; generalmente esso viene scambiato per timidezza, finché il bambino che ne è affetto inizia la scuola e i genitori si accorgono della sua incapacità di parlare sia nell’ambiente scolastico, sia in diverse situazioni pubbliche. Il numero di bambini e di adolescenti che soffre di questo disturbo, dovuto all’ansia e all’evitamento sociale, si è notevolmente incrementato negli ultimi anni, con netta prevalenza del sesso femminile; per questa ragione è necessario possedere adeguate informazioni sulla storia e sulle cause che provocano il Ms, nonché sulle prospettive che possono permettere a chi ne soffre di uscire dal silenzio.
Il mutismo selettivo a scuola
Come sopra evidenziato, Il Ms ha un esordio precoce. In genere si presenta all’inserimento nella scuola dell’infanzia o nel primo periodo della scolarizzazione, poiché nell’ambiente scolastico aumentano le aspettative e la pressione affinché il/la bambina parli: esso può durare mesi o anni, oppure cronicizzarsi nelle forme con più grave fobia sociale. È comunque importante considerare che nel primo mese di scuola dell’infanzia o primaria i/le bambine possono essere timidi o riluttanti a parlare ed è pertanto necessario aspettare che questo periodo iniziale sia passato, prima di ipotizzare la presenza del Ms.

Capita però che gli/le insegnanti tardino a segnalare ai genitori che il/la bambina a scuola non parla, scambiando il Ms per semplice timidezza: è quindi estremamente importante che essi osservino attentamente questi alunni e alunne silenziose e dedichino loro particolare attenzione in quanto, non riuscendo a parlare, non riescono a esprimere neanche i bisogni primari, come quello di andare al bagno o di non sentirsi bene. Il Ms a volte impedisce a questi soggetti di emettere qualsiasi tipo di suono, anche un lamento o il pianto, per cui è importante che l’insegnante sia attenta/o ai segnali non verbali che provengono dall’alunna/o. Può capitare che i genitori non accettino l’idea che la loro bambina/o “abbia qualcosa che non va”, dato che nell’ambito famigliare il figlio o la figlia parla tranquillamente, è quindi molto importante che l’insegnante faccia presente ai genitori le difficoltà del/la bambina, consigliando loro di chiedere il parere di uno specialista.
Alcuni bambini e bambine con Ms rimangono immobili, non interagiscono, non iniziano un gioco e a volte non rispondono neppure agli inviti dei compagni/e. Anche il linguaggio del corpo può essere impacciato, lo sguardo sfuggente e assente, il viso inespressivo, la voce può essere alterata e, a volte, riprodurre il verso di animali. Sembra che queste bambine/i ignorino le altre/i, mentre in realtà sono così ansiosi e impauriti da essere letteralmente bloccati, tanto da non riuscire a rispondere: è come se si sentissero al centro dell’attenzione (proprio quello che vogliono evitare) e questo fa aumentare la loro ansia.
Altri bambini e bambine, invece, sono meno rigide e utilizzano forme di comunicazione alternativa, ad esempio usano la mimica o i gesti per comunicare con chi parla con loro e sono in genere molto sensibili sia alle percezioni sensoriali (rumori, urli, tono della voce molto alto) che al giudizio degli altri/e. Sono bambine/i molto pignoli e perfezionisti e sono anche abitudinari, perché le novità destabilizzano le loro sicurezze e provocano loro ansia, ecco perché i cambiamenti che li interessano devono essere graduali.
Solitamente ci si accorge del Ms nell’infanzia durante la scuola materna e così, quando la ragazza/o giunge alle classi della secondaria, è lecito ritenere che abbia già convissuto con questo disturbo per molti anni. Sovente gli/le studenti più grandi non hanno ricevuto alcun trattamento o hanno subito anni di trattamento inadeguato e controproducente e invece di essere aiutati a controllare la loro ansia e divenire più sereni a scuola, vengono spinti a fare le cose che temono, come il parlare. Nel corso degli anni sviluppano comportamenti radicati e meccanismi con cui evitano le situazioni che li rendono ansiose/i e tacere è diventata per loro un’abitudine che è difficile modificare.
Per ragazze e ragazzi di questa fascia d’età la ricerca suggerisce che l’azione sia rivolta ad aiutarli a realizzare il loro potenziale scolastico e a favorirne le relazioni sociali: questo di solito richiede flessibilità nella valutazione del rendimento e della loro partecipazione a scuola. Quando l’insegnante riesce ad aiutare a diminuire l’ansia a scuola e a migliorare la loto fiducia, si verifica una maggiore comunicazione, sia verbale che non verbale: la/lo studente interagisce con i nuovi compagni di lavoro e risponde più facilmente alle domande che gli vengono poste.
È importante altresì riconoscere anche i piccoli miglioramenti, non scoraggiarsi e misurare il successo dal rendimento scolastico generale e non in base alla relazione comunicativa con le/i professori: anche il più empatico e competente dei/delle docenti è una figura autoritaria e gli/le studenti con Ms sono comunemente più inibite con loro che con altre persone.
All’inizio di un nuovo anno scolastico gli/le insegnanti dovrebbero concedere tempo, procedendo lentamente con gli obiettivi di conoscenza, guadagnando la loro fiducia e aiutandoli a essere più serene/i: fare pressione perché la/lo studente comunichi in qualsiasi forma (non verbale, scritta o orale) può indurlo a ritirarsi e la comunicazione si svilupperà quando vivrà con minor ansia.

Aiutare la/lo studente a creare e mantenere legami sociali è vitale, poiché è molto facile per un individuo socialmente ansioso isolarsi e deprimersi; la depressione è più probabile quando la bambina o bambino entra nell’adolescenza, che può portare ad ansia più grave, isolamento sociale, prestazioni inferiori a scuola, pensieri suicidi e di auto-medicazione con alcol o farmaci. Il primo passo per aiutare una/o studente con queste difficoltà è quello di riconoscere che esse sono tutte manifestazioni di ansia: la/lo studente non sta scegliendo di comportarsi in questo modo e non manifesta alcuna una forma di opposizione, non c’è intenzionalità nel non parlare, anzi, vorrebbe riuscire ma l’ansia gli impedisce di farlo, bloccandogli le parole in gola.
Altri importanti accorgimenti sono quelli di non mettere sotto pressione l’alunna/o e non ingannarlo con promesse o ricatti perché parli, rispettare i suoi tempi e concedergli di utilizzare il linguaggio non verbale.
Bisogna inoltre graduare le aspettative, fissando obiettivi intermedi: la ragazza/o non uscirà dal Ms tutto d’un tratto, serviranno piccoli passi e probabilmente molto tempo. Bisogna poi prestare molta attenzione alle prese in giro: l’alunna/o non deve essere etichettato come “quel compagno che non parla” ma deve essere spiegato alla classe, concordando prima con lui e in sua presenza, che tutti abbiamo paura di qualcosa e che la/il compagno sa parlare ma a volte non riesce a far uscire le parole; in questa occasione, ogni compagna o compagno di classe avrà lo spazio per parlare delle proprie paure.
Per migliorare l’autostima della/del ragazzo si possono affidargli dei piccoli compiti e incarichi alla sua portata e alla sua età, oppure favorire l’attività in coppia o in piccoli gruppi, possibilmente con compagne/i con cui si senta a proprio agio. È altresì buona norma non fare domande dirette e, nel caso la risposta possa essere un “sì” o un “no”, occorre permettere di rispondere con un gesto del capo per creare coinvolgimento nella conversazione di classe, così come è necessario tenere presente che se l’alunna/o parla una volta non è detto che poi parlerà sempre. È anche importante controllare le reazioni quando pronuncia qualche parola, pertanto non bisogna mostrare eccessivo entusiasmo per l’accaduto.
Se nonostante tutti questi accorgimenti l’alunna/o non parla, è inutile minacciarlo o cercare di convincerlo promettendo premi, perché si otterrebbe l’effetto opposto. Meglio usare allora qualche strategia diversa, come quella di individuare il/la compagna con cui il/la ragazza si relaziona più volentieri e invitarla a casa sua perché i due possano trascorrere del tempo insieme fuori dal contesto scolastico: la stessa compagna/o potrebbe poi fungere da facilitatore in classe perché si arrivi finalmente alle parole.
Inoltre l’insegnante deve essere sensibile ai segnali di ansia o di riluttanza in modo da non esigere troppo subito, dato che in genere l’alunna/o selettivamente muto inizia a parlare sussurrando qualche semplice risposta come “sì” o “no”, poi abbozza delle frasi di un numero limitato di parole e poco alla volta a formulare frasi più lunghe. Poiché il passaggio all’uso della voce normale avviene solo successivamente, la gradualità è un elemento-chiave nella generalizzazione dell’uso della parola: la fretta di trovare velocemente una soluzione al problema può essere quindi controproducente e rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti sino a quel momento.
Considerazioni conclusive
Nonostante negli ultimi anni sia aumentato l’interesse per il mutismo selettivo, la scarsa esplorazione nell’ambito della ricerca ha sicuramente influito sulla comprensione e conoscenza approfondita di questo disturbo rispetto alle sue caratteristiche peculiari e distintive, limitandone di conseguenza anche il numero e l’efficacia delle strategie di intervento in ambito scolastico. L’alleanza tra insegnanti, genitori e terapeute/i negli ambiti di vita sociale del/la bambina o del/la ragazza selettivamente muta è altresì indispensabile per ottimizzare il programma di intervento: con un programma di aiuto personalizzato, l’aiuto di genitori comprensivi e partecipi, il supporto di un ambiente scolastico disponibile e di insegnanti attente/i e sensibili, l’alunna/o sarà sulla buona strada per superare il mutismo selettivo, per ottenere dei buoni risultati a scuola e per sentirsi finalmente serena o sereno.
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Articolo di Serena Del Vecchio

Laureata in Giurisprudenza e specializzata nelle attività didattiche di sostegno a studenti con disabilità, è stata docente di discipline economiche e giuridiche e ora svolge con passione la professione di insegnante di sostegno. Ama cantare, leggere, camminare, pensare, suonare la chitarra e ha da poco intrapreso lo studio dell’arpa celtica, strumento che la aiuta a ritrovare pace e serenità interiore.