Febronia Vespa: una donna del popolo

Ci sono state donne che nei loro territori hanno dato un notevole contributo allo sviluppo della comunità di appartenenza e che sono stati esempi di coraggio e al contempo di grande umanità, pur non ricoprendo ruoli politici e non esprimendosi nei campi delle arti o delle scienze. Sono le cosiddette “donne del popolo”, figure che l’oblio ha reso evanescenti, quelle di cui è difficile trovare le tracce ma che hanno lasciato un solco profondo negli animi di chi le ha conosciute. Contadine, lavandaie, cameriere che si muovevano tra fatica e miseria ma sempre con grande dignità.

A Palagonia, in provincia di Catania, era nata nel 1891 Febronia Vespa. Le avevano dato il nome della santa protettrice del paese. Fin dalla tenera infanzia respirò le inquietudini e la fame di giustizia che pervadeva la sua gente vessata dai proprietari terrieri. Crescendo divenne una donna esile e minuta, con i capelli sempre raccolti e il viso segnato dalle rughe della fatica quotidiana.

Così la descrive Enza Mazza nel Dizionario biografico Siciliane a cura di Marinella Fiume. Nel 1914 si sposò con Gaetano Brancato, anche lui contadino e mise al mondo cinque tra figli e figlie. L’ultimo parto tra le spighe di un campo poiché neanche le doglie la distoglievano dal suo lavoro.
“Lavoro e dignità” era il suo motto. Raccoglieva ortaggi, fichidindia e cannella per poi rivenderli e contribuire all’economia familiare e ai bisogni della famiglia. Una vita passata a seminare e poi a raccogliere. Oltre che una lavoratrice instancabile, Febronia era una madre attenta e premurosa.

È stata una figura emblematica del Movimento Contadino Siciliano del secondo dopoguerra. Un Movimento che, nel ricordo postumo, aveva dimenticato il grande apporto delle donne, messo in risalto soltanto negli ultimi anni. Donne che non restarono confinate tra le pietre delle loro misere case o negli appezzamenti di terra che coltivavano ma che con marce e proteste reclamarono i loro diritti per dare dignità e sostentamento alle loro famiglie.
In quegli anni, a Palagonia, crescevano le agitazioni dei contadini che poi sfociarono nell’occupazione delle terre di proprietà del Principe Enrico Grimaldi, grande latifondista siciliano. Febronia durante le lotte era molto determinata e invitava le altre donne a rompere il silenzio e a lottare per ottenere terra e lavoro. In effetti, l’allora prefetto di Catania, nel 1946, assegnò, con decreto, una parte del feudo alla cooperativa “Le Combattenti”. Ma nella ripartizione, avvenuta tramite un sorteggio, a Febronia non spettò alcun lotto di terra.
Lei non si arrese e intraprese l’attività politica iscrivendosi al Partito Socialista. Presenziò a tutti i comizi e cercò di coinvolgere più lavoratori possibili. Le sue parole erano semplici ma determinate.

Nel 1950 ottenne un posto di cuoca nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e la sera portava a casa gli avanzi del refettorio che divideva non solo con i suoi familiari ma anche con gli abitanti del quartiere più poveri di lei.
Febronia muore nel 1979 a 88 anni e a Palagonia tutti e tutte la ricordano come la “Za Bona” (la zia buona) con le tasche di un vecchio grembiule piene di noci e noccioline da distribuire ai poveri.
Nel suo paese nessuna via è a lei intitolata.

***

Articolo di Ester Rizzo

Giornalista, laureata in Giurisprudenza, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzoLe Ricamatrici, Donne disobbedienti Il labirinto delle perdute.

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