Berta Pipina, prima donna ad essere eletta al Parlamento lettone

Nel 1939, Zeltene, una delle riviste femminili lettoni più seguite degli anni Trenta, affermò che non sarebbe stato possibile affrontare alcuna questione seria sulle donne lettoni in qualunque settore senza chiamare in causa Berta Pipina, esponente della Lega nazionale femminile e Presidente dell’Unione delle organizzazioni femminili lettoni.

La vita di Berta Pipina, «donna energica intelligente e ambiziosa» (articolo del 1926 su Zeltene), figura pubblica di spicco nel periodo fra le due guerre, è strettamente connessa  alla storia della Lettonia nella prima metà del Novecento. Incastonata tra mondo slavo e Occidente, la Lettonia, crocevia di culture e conflitti e oggetto di appetiti e spartizioni da parte delle potenze confinanti (Impero Russo, Svezia, Germania), aveva assunto una fisionomia etnicamente composita. Dalla fine del XIX secolo il Paese visse un risveglio culturale e identitario: era nata una nuova letteratura nazionale e, con le scrittrici e attiviste Aspazija e Īvande Kaija, si stava facendo strada una prima coscienza femminista.

Berta Pipina

Berta Ziemele (Pipina da sposata) nacque nel 1883 a Codes Pagast, unità amministrativa di Bauska nella regione di Zemgale «…nel mezzo di una foresta verde, una collina di sabbia su un pendio, sotto un tetto di tegole rosse…» (idem) dove i genitori agricoltori gestivano una taverna. Della numerosa prole sopravvissero solo Berta e altri due fratelli «… forti come tre nostre grosse querce di campagna. La salute era il capitale più grande con cui siamo venuti al mondo».(idem) Si diplomò al liceo di Bauska e per mantenersi agli studi lavorò come insegnante ed educatrice presso una famiglia di Karchov, in Ucraina. Proseguì la formazione da logopedista nella clinica del dott. Liebman a Berlino e nei suoi viaggi in Svizzera e in Russia si applicò allo studio dei sistemi educativi locali da autodidatta e frequentando corsi serali. 

Tornata in Lettonia nel 1910 sposò Ermanis Pipins, critico letterario, e dall’unione nacquero due femmine e un maschio. Intanto la Lettonia, coinvolta nella Prima guerra mondiale e poi nella Guerra civile russa, si avviava faticosamente verso l’indipendenza che venne proclamata nel 1918 e le donne lettoni, tra le prime in Europa, ottennero il diritto di voto. Tuttavia l’instabilità dello Stato in cui si scontravano sovietici, tedeschi e nazionalisti lettoni sfociò in una guerra civile che ebbe fine nel 1920 con la liberazione di Riga.

Con una popolazione decimata dalle guerre e dalle deportazioni il governo democratico guidato da Ulmanis mise al primo posto il patriottismo e lo sviluppo di una comune identità con l’esaltazione della storia, della cultura, della lingua e delle tradizioni nazionali. Berta Pipina, da sempre interessata alle questioni educative e alle problematiche sociali, volle dare il suo contributo alla vita politica della Lettonia indipendente. Anni dopo in un’intervista, ricordando il sorriso sul volto di suo marito ogni volta che lei alzava la mano per dirgli cosa pensava o cosa la preoccupava, dichiarò che era entrata in politica per sfida: «Giurai che un giorno avrei parlato così bene che nessuno avrebbe mai riso di me» (Dizionario biografico).

Berta Pipina

Un atto di coraggio nella consapevolezza che per una donna proporsi in un ruolo pubblico mettendo in campo il proprio talento sarebbe stato molto più rischioso ed impegnativo che per un uomo. Cofondatrice del Partito democratico di Centro, fu la prima donna eletta al Comitato centrale di un partito. Eletta nel Consiglio comunale di Riga, dal 1918 al 1931 introdusse restrizioni legali sul consumo di alcol nei luoghi pubblici, fu a capo del Dipartimento delle persone indigenti e componente della Commissione di controllo incaricata di monitorare il lavoro di tutti gli uffici della municipalità. Parallelamente tenne conferenze e scrisse articoli per numerosi giornali e riviste su temi quali la pedagogia infantile, la famiglia e il rapporto genitori-prole, l’educazione sessuale, la questione femminile in Lettonia.

Nel Paese democratico non si poteva parlare di parità di genere. Disparità salariale e segregazione orizzontale e verticale caratterizzavano il lavoro. Nel diritto di famiglia perduravano leggi patriarcali che, insieme a radicati e diffusi pregiudizi, continuavano a relegare le donne nella sfera privata. Il governo, promuovendo il ritorno alle tradizioni contadine, esaltava la funzione riproduttiva delle donne − chiave per il futuro della nazione − votandole alla cura dell’ambiente domestico, all’accudimento della prole e del coniuge e all’educazione nazionale delle giovani generazioni. Berta Pipina condivise il programma di rinascita nazionale, ma si batté per le pari opportunità nel lavoro e per l’uguaglianza dei diritti. Entrata a far parte della Lega nazionale delle donne lettoni ne mantenne la presidenza dal 1925 al 1931.

«La questione femminile attraversa il mio lavoro pubblico come un filo rosso. Può essere affrontata con forza solo nelle organizzazioni femminili… le donne devono riconquistare le altezze della divina Madonna nella coscienza pubblica. Ma se ora una donna è cacciata fuori dalla sua famiglia per il pane grigio della sua giornata lavorativa possiamo difenderla e sostenerla solo con la nostra forza collettiva… Noi madri portiamo con noi la missione dell’eternità: continuare la vita dell’umanità che si trova sotto di noi e che continuerà all’infinito sopra di noi». (Zeltene, art. cit.)

La Lega provvedeva alle donne in difficoltà, organizzava asili e scuole domenicali per l’infanzia, biblioteche e corsi serali mirando «… a sostenere lo spirito stanco e disperato dei rifugiati… il popolo lettone sparso deve essere unito dalle donne attraverso ideali nazionali in diverse forme».(Dizionario biografico) Nel 1922 affiliatasi all’Icw (International Congress of Women) la Lega entrava nel contesto della politica internazionale di genere e Berta moltiplicò il suo attivismo. Cofondatrice dell’Organizzazione del Consiglio delle donne lettoni, ne fu leader fino al 1935 e l’anno dopo divenne Vice presidente dell’Icw partecipando ai congressi dell’organizzazione a Vienna, Stoccolma, Parigi, Dubrovnik, Edimburgo e ad incontri con gruppi di attiviste in Austria, Urss e Ungheria.

Berta Pipina

Nel 1931, alla quarta legislatura, fu la prima donna a fare il suo ingresso nella Saeima (Parlamento lettone) dove sostenne leggi sociali e paritarie di fronte a colleghi ostili e talvolta sprezzanti come il Primo Ministro e futuro dittatore Ulmanis. La dittatura interruppe il percorso di emancipazione, ma non venne meno la coscienza delle donne: Pipina contribuì a fondare il periodico Latviete (Donna lettone) per combattere gli stereotipi patriarcali e promuovere l’uguaglianza delle donne e la coscienza nazionale e pubblicò il romanzo Lejaskrodzinieka meitas, significativo per i temi legati alla questione femminile e alla sorellanza. Dopo l’occupazione dell’Urss cominciò la persecuzione degli “elementi antisovietici”: nel giugno del 1941 Berta Pipina fu deportata in Siberia dove morì l’anno dopo in un campo di lavoro presso il fiume Ob. Doppiamente occultata come nemica politica e come donna, scomparve dalla memoria del suo Paese per riemergere nella storia politico-sociale e negli studi di genere solo dopo il crollo del regime sovietico. Oggi una lapide la ricorda nel cimitero Pirmie Meza di Riga. 

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Articolo di Rossana Laterza

Insegnante di Italiano e Storia in pensione. Con il gruppo Toponomastica femminile ha curato progetti di genere nella scuola superiore e collaborato a biografie di donne di valore dimenticate.

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