«Ti mando un pezzo di mare accluso alla presente»: così si chiude una lettera che Giuseppina Vittone Li Causi, inviò al partigiano nisseno Gino Cortese, rinchiuso in carcere.
Gino Cortese venne arrestato a Palermo nel 1948 con buona parte del gruppo dirigente della Federazione provinciale del Pci di Caltanissetta. Era ovviamente un cosiddetto “arresto politico” che lo vide privato della libertà dall’agosto del 1948 al luglio del 1949. La storia di Gino Cortese viene raccontata nelle prime pagine del libro Straordinarie. Le lettere delle donne del PCI a Gino Cortese a cura di Enrico Cortese, ed. Navarra.
Gino, già da studente liceale, insieme a Leonardo Sciascia si beffava dei gerarchi fascisti «pronunciando ai convegni del Guf (Gruppo universitario fascista) discorsi di Molotov o Roosevelt e attribuendoli a Mussolini e Storace». Fu tra i primi organizzatori della Resistenza parmense e anche fondatore e redattore di un mensile dell’Associazione nazionale partigiani di Parma.
Richiamato a Caltanissetta per organizzare la federazione del Pci locale, venne poi eletto parlamentare regionale nel 1947 e restò in carica fino al 1967. Gli anni del suo arresto vanno inseriti nel periodo di lotte, proteste e scontri di contadini, minatori e operai della sua zona, vessati e ridotti alla fame. Pur tentando sempre di calmierare gli animi, Gino fu uno delle centinaia di detenuti politici arrestati nel decennio 1948-1958. Il figlio Enrico ha per anni catalogato tutto il materiale rinvenuto a casa del padre e tra le lettere ne ha trovate alcune che lo hanno particolarmente colpito. Ha deciso così di pubblicarle.
Sono le lettere di sei, allora, giovanissime donne: Giuliana Saladino, Giuseppina Vittone Li Causi, Gina Mare, Franca Casanova, Eugenia Bono e Paola Dugo. Di quest’ultima, Enrico Cortese non è ancora riuscito a trovare notizie. Di Giuliana Saladino, poi diventata giornalista e scrittrice, ammette: «Non è facile scrivere di lei per la statura intellettuale e morale della sua figura […] e nelle sue parole si scorgono quei tratti della sua ricca personalità che l’avrebbero poi sempre contraddistinta». Franca Casanova, invece, era una militante che scrisse il libro Le mie lotte nel PCI. Sua sorella Enrichetta era Responsabile femminile delle donne di miniera di Caltanissetta. Franca, che si trovava nel Nord Italia, notava le differenze che c’erano rispetto alle donne siciliane, sia in ambito lavorativo che in quello politico e inoltre sottolineava come «i compagni settentrionali aiutano le donne nel loro sviluppo».
Autrice di altre lettere è una giovane Gina Mare, che poi diventerà la prima donna del Partito comunista italiano a essere eletta nell’Assemblea regionale siciliana. Coraggiosa e agguerrita nel far valere sempre i diritti delle donne e dei più deboli. Questa sua caratteristica che la portava ad anteporre la tutela di quei diritti alle “regole del partito” non fu tollerata dai suoi stessi compagni, che volutamente la relegarono nell’ombra.
Una giovane Eugenia Bono cercava di aiutare Gino nella vicenda processuale che lo riguardava, ricercando notizie e testimonianze. Eugenia dedicò la sua vita all’emancipazione femminile, diventando anche presidente nazionale della Fidapa (Federazione donne, arti, professioni e affari). Una donna colta, arguta, che così scriveva in una lettera: «Quando hai bisogno di me, della mia opera, della mia attività ricordati che sono a tua completa disposizione».
Giuseppina Vittone era, invece, torinese. Arrivò in Sicilia nel 1945 per seguire il marito Girolamo Li Causi, uno dei massimi esponenti del Pci. Eletta anche lei all’Assemblea regionale siciliana, sentì il dovere di rinunciare allo stipendio di parlamentare perché «già in famiglia c’era quello del marito, anche lui parlamentare». Basta questo a mettere in rilievo lo spirito di servizio nell’esercizio politico.
Imparò subito il dialetto siciliano per poter colloquiare con le altre donne, soprattutto quelle dei quartieri popolari di Palermo e lottare insieme a loro per ottenere acqua, luce, igiene e istruzione. Le donne le offrivano i loro balconi per i comizi. Nelle sue lettere a Gino Cortese, oltre alle analisi politiche attente e puntuali di quel periodo, troviamo anche le sue legittime perplessità sul suo “essere madre”. La gravidanza e poi la nascita del figlio avevano rallentato di parecchio la sua attività e lei così scriveva a Gino Cortese: «Tu sai come mi mortifica, avvilisce e rincretinisce stare a casa… lavorerò però all’Udi di Palermo… il lavoro regionale femminile va male… io non posso più fare il lavoro d’ispezione… per la mancata mobilitazione, vedi assistenza ai carcerati, noi donne abbiamo una forte responsabilità e io in primo luogo, ma un figlio è una cosa terribile. Mio figlio, però, è molto grazioso e in certi momenti capisco che alcune donne possano perdere la loro vita a guardarseli».
In queste poche righe emerge il dramma di allora, e spesso anche odierno, di poter conciliare una vita politica attiva con la genitorialità. Genitorialità che allora veniva vissuta a senso unico, caricando esclusivamente sulle spalle della madre accudimento e dedizione. E non aveva importanza se quella madre era una grande politica che si sarebbe spesa per migliorare i contesti in cui vivevano milioni di persone.
Questo carteggio recuperato da Enrico Cortese, oltre a “fotografare” il periodo politico e sociale di quegli anni, squarcia un velo sulle difficoltà delle “politiche” e suggerisce di approfondire le loro figure che meriterebbero uno spazio più ampio nella storia della Sicilia.
In fondo queste donne hanno rappresentato un pezzo di mare su cui solcavano nitide le loro vele. Un mare in cui spesso la storia siciliana le ha fatte sparire. Questo libro è una piccola onda che le riporta a riva.

Straordinarie, Le lettere delle donne del PCI a Gino Cortese.
Enrico Cortes
Navarra editore, Palermo, 2022
pp. 137
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Articolo di Ester Rizzo

Giornalista, laureata in Giurisprudenza, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici, Donne disobbedienti e Il labirinto delle perdute.