La metà dell’arte. Krasner e Fried 

Il 7 luglio è stata inaugurata a Tivoli, nel palazzo della Procura della Repubblica, la mostra permanente La metà dell’arte: pittrici, scultrici, fotografe, street artist del Novecento, curata da Toponomastica femminile, nell’ambito di un progetto finalizzato alla sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza. Si affianca alla mostra l’installazione di una panchina rossa all’ingresso del palazzo della Procura, avvolta dai tralci di quattro piante di gelsomini, davanti a un albero di melograno, e di altre cinque panchine in un cortile interno del palazzo, su cui è impressa una targa con una frase della poeta Alda Merini, che pone una riflessione sulla violenza di genere e una speranza che questa piaga possa finalmente essere debellata. 
La mostra, voluta fortemente da Arianna Armanini, sostituta procuratrice, e dal procuratore Francesco Menditto, è stata curata da me e da Mauro Zennaro. Composta da sedici pannelli, ognuno per ogni autrice, tra le tante protagoniste, note e meno note del panorama artistico del Novecento, ho selezionato quante, provenienti da diverse aree geografiche, dessero un’idea del loro importante contributo alle diverse correnti che hanno caratterizzato l’arte del secolo scorso: astrattiste, figurative, surrealiste, espressioniste, futuriste, architette, performers, scultrici, fotografe, street-artists. La cancellazione storica, di cui molte sono state vittime, è una sorta di violenza perpetrata silenziosamente, senza spargimento di sangue, ma altrettanto offensiva e le poche, che godono di una citazione nei manuali scolastici, lo devono ai loro rapporti di parentela con artisti maschi. 

Iniziamo qui una serie di articoli che illustrano le sedici protagoniste a cui sono dedicati i pannelli, cominciando da due espressioniste astratte, più note per essere state mogli di due artisti famosi della scena newyorkese, ma che non hanno nulla da invidiare ai rispettivi mariti, da cui sono state per tanto tempo messe in ombra.

 Lenore “Lee” Krasner (Brooklyn, 1908, New York, 1984) 

Lee Krasner, Autoritratto, 1928

Per tutta la vita Lenore “Lee” Krasner è sempre stata la “Signora Pollock”. Anche i critici consideravano le sue opere sempre in relazione, se non dipendenti, da quelle del marito, il celebre Jackson Pollock. Lee, in realtà, è stata una pittrice autonoma, talentuosa e dedita al lavoro con estrema passione e serietà, rappresentando pienamente l’immaginario femminile dell’Espressionismo Astratto. 
Nata in una famiglia di immigrati ebrei russi, mostrò sin da adolescente inclinazione all’arte. L’autoritratto del 1928 ce la mostra al cavalletto, con uno sguardo fiero nel volto. Nel 1937, vincitrice di una borsa di studio, entrò alla prestigiosa Hans Hofmann School, a New York, che la mise in comunicazione con le avanguardie europee, e soprattutto con l’astrattismo. Nel 1942 conobbe Jackson Pollock, che sposò nel 1945: fu l’inizio di una relazione tempestosa che sarebbe stata una presenza centrale, ma anche eclissante per la carriera di Lenore. La coppia andò a vivere in una fattoria a Springs (Long Island) acquistata con un prestito di Peggy Guggheneim con la cui galleria Pollock aveva un contratto. Il periodo della loro unione è caratterizzato per Krasner da un impegno costante nel sostenere il lavoro e l’arte del coniuge, ma anche da tanti momenti drammatici causati dall’alcolismo e dalle relazioni extraconiugali del marito. A Springs lavoravano in spazi separati, cucinavano, si occupavano di giardinaggio, andavano in bicicletta, ospitavano amici. Si firmava Lee invece che Lenore, perché non si capisse che le sue opere erano realizzate da una donna. La sua specialità erano i collage, spesso ricavati tagliando i suoi dipinti, a volte usando anche tele non completate dal marito. Dai primi autoritratti e disegni degli anni ‘40 passò ai collage degli anni ’50 e alle monumentali tele all-over di inizio ’60. La serie Little Image comprende piccoli dipinti in cui l’uso di punti e gocce di vernice è stato ispirato dai “dipinti a goccia” di Pollock dello stesso periodo. 

Lee Krasner, Noon, 1947

Poi dal cavalletto cominciò a spostare la tela sul pavimento. Nel 1956 Lee era in viaggio in Europa, quando dovette tornare rapidamente per l’improvvisa morte in un incidente stradale del marito. La serie Earth Green riflette i suoi sentimenti di rabbia per i problemi derivati dalla sua relazione con Pollock, e di dolore per la sua morte: in scene affollate, dove affiorano parti anatomiche, spesso colorate di rosso che suggerisce il sangue, le forme esplodono e sembrano incontrollabili. Prophecy (1956) è un’opera inquietante in cui forme ondulate, carnose, riportano all’iconografia del corpo. 

Lee Krasner, Prophecy, 1956
Lee Krasner, Fecundity,1960 
Lee Krasner, Palingenesis, 1971

I dipinti della serie Umber sono caratterizzati da tonalità opache e monocromatiche, e assumono dimensioni sempre più da murale. In seguito le sue tele tornano a splendere di luce e colori. Nel 1965 tenne la sua prima mostra personale alla Whitechapel Gallery di Londra e nel 1969 è la sola donna artista presente in The New American Painting and Sculpture: the First generation, organizzata al MoMA; nel 1973 ebbe un’altra personale al Whitney Museum of American Art. La grande tela protagonista di questa esposizione è Palingenesis (1971), Rinascita, un tema fondamentale nella vita e nell’arte di Lee Krasner. Morì nel 1984; pochi mesi dopo la sua morte il MoMA le dedicò una retrospettiva.  

Elaine Fried (Brooklyn, 1918 – Southampton, 1989) 

Elaine Fried, Autoritratto,1946 

È più nota come Elaine de Kooning, dal cognome del marito, Willem de Kooning, altro protagonista dell’espressionismo astratto. Sua madre la sostenne nei suoi sforzi artistici, iniziò a portarla nei musei all’età di cinque anni e le insegnò a disegnare ciò che vedeva. Ha studiato presso l’American Artists School di New York City, e, mentre frequentava la scuola, si guadagnava da vivere come modella in una scuola d’arte. Nel 1943 sposò l’artista Willem de Kooning, sedici anni più anziano di lei: il loro fu un matrimonio aperto, rovinato dall’alcolismo, di cui entrambi erano vittime, tanto che arrivarono alla separazione, senza divorziare, per poi ricongiungersi vent’anni dopo. Impegnata a ottenere riconoscimenti per il lavoro del marito, era ben consapevole di essere spesso oscurata dalla sua fama. Ha scelto di firmare le sue opere con le sue iniziali piuttosto che col suo nome completo, per evitare che i suoi dipinti fossero etichettati come femminili in un movimento tradizionalmente maschile. 
Elaine è stata anche una critica d’arte e ha ricoperto incarichi di insegnamento in numerosi college tra cui la Yale University e la Parsons New School for Design. Ha prodotto un corpus diversificato di opere nel corso della sua vita, tra cui sculture, incisioni e opere ispirate a disegni rupestri, oltre ai suoi numerosi dipinti a olio su carta, tela e masonite, disegni a matita e a inchiostro, pittura gocciolante di colori mista a matita, inchiostro, carboncino, tempera, gouache, collage. Il suo stile oscillava tra astratto e figurativo, comprendendo nature morte, paesaggi urbani, ritratti. Molti i suoi autoritratti, accanto a opere decisamente astratte. 

Elaine Fried, Untitled,1960 
Elaine Fried, Untitled,1965 

Ha ritratto colleghi artisti, poeti, critici e commercianti d’arte, musicisti, stelle del calcio, garantendo la somiglianza della persona: poeti come Frank O’Hara, John Ashbery e Allen Ginsberg; lo scrittore Donald Barthelme; il critico d’arte Harold Rosenberg; Thomas B. Hess, caporedattore di Artnews; il coreografo Merce Cunningham; il leggendario mercante d’arte Leo Castelli; il musicista jazz Ornette Coleman; la famosa stella del calcio brasiliano Pelé; e pittori come Joop Sanders, Fairfield Porter, Alex Katz e suo marito, Willem de Kooning.  

Elaine Fried, Willem-de-Kooning,1952 
Elaine Fried, Fairfield Porter,1954 
Elaine Fried, Harold-Rosenberg,1956 
Elaine Fried, Pelé,1982 

La pittrice, pur usando i tratti liberi dell’espressionismo astratto, ci aggiunge un volto, una somiglianza con la realtà. Riguardo alla sua ritrattistica, Elaine ha scritto: «La ritrattistica mi ha sempre affascinato perché amo il gesto di una particolare espressione o posizione… Lavorando sulla figura, ho studiato ogni persona per trovare la posa caratteristica che la definisse». Nei suoi ritratti i volti emergono luminosi da minuscoli segni di matita; tutto si concentra sulla parte superiore del corpo: il volto e la parte alta del torso, mentre sotto le figure svaniscono in una trasparenza evanescente.  
Nel 1962 le venne commissionato dalla Casa Bianca un ritratto del presidente John F. Kennedy, che divenne una delle sue opere più note. Il presidente posò per lei diverse volte mentre Elaine, cercando di catturare il suo carattere e la sua energia, ha creato centinaia di schizzi e almeno due dozzine di tele. Dopo l’assassinio del presidente, smise di dipingere per un anno. 

Elaine Fried, Ritratti del presidente J. F. Kennedy,1963-64

In seguito il suo lavoro ha fuso l’astrazione con la mitologia, le immagini primitive e il realismo, e sono nate le serie Corride, Giocatori di basket e Bacco. Nell’autunno del 1958, fino alla tarda primavera del 1959, Elaine ottenne un incarico di insegnamento presso l’Università del New Mexico. Questo le diede l’opportunità di immergersi nel colore e nell’ambiente caratteristici di questo paesaggio. Ha assistito a molte corride, realizzando una serie di dipinti ispirati al tema con colori audaci e luminosi.  

Elaine Fried, Untitled,1958-Bull,1973
Elaine Fried, Bacco, 1982
Elaine Fried, Grotta 126,1986 

La serie di dipinti e acquerelli Bacco è stata ispirata da una scultura del dio romano Bacco del XIX secolo, che la pittrice ha visto nei Giardini del Lussemburgo a Parigi, ammirandone particolarmente la forma contorta e dinamica, con cui sono resi il dio ubriaco e i suoi assistenti altrettanto ubriachi.  

Nel 1983 Elaine visitò le pitture rupestri paleolitiche di Lascaux in Francia e Altamira in Spagna e realizzò una serie di dipinti intitolati Cave Walls. Nell’arte paleolitica trovò le radici dell’espressionismo astratto, poiché hanno gli stessi processi di improvvisazione e tecnica spontanea.

In copertina: inaugurazione della mostra La metà dell’arte, Tivoli luglio 2022. 

***

Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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