La paura della diversità, ancora presente nella nostra società, mi ha spinto a voler analizzare due opere considerate queer in chiave transgender: Frankenstein o il moderno Prometeo di Mary Shelley e Frankissstein di Jeanette Winterson. La moderna accezione di queer rimanda alla teoria che pone in discussione la naturalità dell’identità di genere, dell’identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando che esse siano interamente o in parte costruite socialmente, e che quindi gli individui non possano essere realmente descritti secondo il binarismo di genere.
Il transgenderismo è un fenomeno autentico, presente da sempre nella società. Oltre ai casi di omosessualità nell’antica Roma, nell’antica Grecia e in molte altre civiltà, sono sempre esistiti individui appartenenti al “terzo sesso”, sia per scelta che per conformazione fisica e biologica.
Tuttavia, il paradigma sociale della presunta corrispondenza tra corpo, sesso e genere ha fatto sì che la transessualità e il transgenderismo fossero tacciati di perversione e artificialità. Proprio per questo, nel corso dei secoli, furono inquadrati come reati punibili con la morte. Si arrivò persino alla censura delle opere letterarie che parlavano con schiettezza di omosessualità, transessualità e transgenderismo.
La situazione di proibizione contribuì alla nascita del romanzo libertino nel XVIII secolo e allo sviluppo clandestino della letteratura erotica nei secoli. Il tema LGBT+ è diventando via via sempre più frequente nei libri contemporanei, tanto da dare vita a un genere descritto col nome di letteratura gay e letteratura lesbica.
Fino agli anni ’50 del secolo scorso il fenomeno del transgenderismo fu considerato una patologia psichiatrica o un disturbo paranoico da curare per poter ristabilire l’ordine naturale della società. Soltanto nel 2018 l’Organizzazione mondiale della sanità ha eliminato la transessualità ed il transgenderismo dalla lista delle malattie mentali. Come concordano ormai gli studiosi, l’identità di genere è un processo in divenire, mai completamente compiuto. Attualmente non si è giunti a una piena comprensione dello sviluppo dell’identità di genere nell’individuo. Numerose sono infatti le domande irrisolte: è moralmente lecito operare chirurgicamente chi soffre di disforia di genere? Transessuali si nasce o si diventa? Il transgenderismo è un fatto di natura o di cultura?
Durante la stesura della mia tesi ho avuto il piacere di condividerne una parte e di commentarla con Serena, una ragazza transessuale. Ella avvalora le ipotesi eziologiche incentrate sia sul fattore biologico-genetico (in quanto all’età di 15 anni si è vista crescere il seno), sia su quello sociale e familiare: non è raro sviluppare disturbi dell’identità di genere dopo aver subito un forte trauma.
L’aggettivo queer (prima di diventare un insulto omofobo e successivamente un termine utilizzato dalle comunità LGBT+) inizialmente indicava qualcosa di anomalo e fuori dal comune, come nel caso delle due autrici prese in esame nella qui presente tesi. Mary Shelley, figlia di letterati rivoluzionari, contribuì alla nascita di un nuovo genere letterario – la fantascienza – poco consono alle donne. Scrittrice eccentrica, dalla vita drammatica e turbolenta, fu spesso protagonista di critiche a causa delle sue opere e del suo pensiero.
Anche l’autrice contemporanea Jeanette Winterson è stata costantemente criticata e considerata ostica in quanto femminista omosessuale. Nei suoi romanzi i protagonisti fanno sempre parte del mondo queer e LGBT+, criticando la società contemporanea in uno o più aspetti.
A distanza di duecento anni le autrici si ritrovano a trattare gli stessi argomenti: Winterson ha riscritto l’opera di Shelley in chiave moderna, distopica, post-umana, quasi premonitrice. Tutto nelle due opere è collegato: dai protagonisti Ry Shelley e Victor Stein, alter ego rispettivamente di Mary Shelley e Victor Frankenstein, alle tematiche. A differenza dell’obiettivo del dottor Frankenstein del XIX secolo, lo Stein moderno non è interessato a rianimare un cadavere quanto a trovare un corpo in cui riaccendere un cervello e una mente morta. Il dottore si impegna per riuscire a trasformare la mente di un essere umano, al momento della morte, in dati da scaricare su un file, rendendo in questo modo possibile l’immortalità. Ry e Victor presto si innamorano, così come la vera Mary verrà “folgorata” dalla visione in un sogno di Victor, lo scienziato che sarà in grado di ridare la vita. In Frankissstein assistiamo addirittura a un incontro tra Mary e il suo personaggio; ciò alimenterà ancora di più il carattere distopico e foriero del romanzo, confondendo il lettore. Anche tra il dott. Frankenstein e la sua Creatura nascerà un rapporto profondo, da molti considerato di tipo erotico: Victor è disgustato dalla sua Creatura (così come Victor di Frankissstein si dichiara pienamente etero), ma al tempo stesso la cerca incessantemente tra i ghiacci, per vendetta ma anche per soddisfare i suoi impulsi più nascosti e devianti. Quest’ipotesi potrebbe coincidere con il “panico omosessuale” (o transgender, transessuale e via dicendo), inteso come forte desiderio e la conseguente repulsione che una persona affetta da disforia di genere può provare nei confronti del genere a cui vorrebbe appartenere o nei confronti di una persona del suo stesso sesso.
La Creatura e Ry condividono anche lo stesso senso di inadeguatezza nei confronti della società: la prima è orrenda alla vista quindi considerata automaticamente crudele e inumana; Ry in quanto transgender si considera un “ibrido”, modificato artificialmente da qualche chirurgo, non classificabile secondo il criterio di normalità. Entrambi sono considerati creature artificiali, contro natura, mostruosi.
L’educazione politica della Creatura (appresa grazie alla lettura di numerosi libri, tra cui Paradise Lost) rappresenta l’aspra critica dell’autrice alla cultura e morale dell’epoca, per quanto riguarda l’oppressione di genere, classe e razza. L’opera può essere, infatti, considerata un palinsesto poiché al suo interno contiene una moltitudine di tematiche attuali: il rapporto conflittuale padre-figlio, la discriminazione in quanto “diverso” secondo la società, l’educazione come strumento di emancipazione, la schiavitù, gli studi di identità e genere. In Frankissstein ritroviamo la maggior parte di queste tematiche, ma non solo: nel romanzo di Winterson emerge anche la critica alla mercificazione della donna, rappresentata dalle bambole gonfiabili ideate da Ron Lord, alter ego di Lord Byron. Gli altri temi trattati, oltre alla scienza contrapposta alla religione, la robotica e la crioconservazione, ruotano intorno alla libertà di pensiero, di genere, di identità e sessualità, senza mai dare delle etichette, ma usando spesso un tatto e una discrezione rari di questi tempi ma tipici dell’autrice. Il romanzo mette in luce il difficile rapporto di una persona transgender con la società ma anche con sé stessa, con tutti i dubbi e le paure da affrontare, esattamente com’è già successo per la Creatura di Frankenstein.
La società non è ancora pronta ad accettare l’esistenza dell’identità di genere e sessuale non binaria, forse per paura dell’ignoto. Viene da chiedersi se l’identità sessuale fluida che i due romanzi chiamano in causa coincida con il post-umano e se quindi Ry rappresenti davvero il segno dell’avvento (come vorrebbe Victor Stein) di una nuova concezione dell’umano. Mi unisco all’auspicio del dott. Stein di una società futura migliore, priva di discriminazione, pregiudizi e violenze di genere, in cui chiunque potrà scegliere e modellare il proprio corpo per riuscire, finalmente, ad amarsi e a sentirsi sé stessa o sé stesso.
Qui il link alla tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/178_Leggeri.pdf
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Articolo di Miriam Leggeri

Nata a Roma nel 1999, dopo la laurea triennale in Lingue presso la Sapienza, si sta specializzando in Informazione, editoria e giornalismo a Roma Tre. È appassionata di libri storici, buona musica e film in lingua originale. Aspira a lavorare nel settore editoriale.