Se è vero che il miglior biglietto da visita per una qualsiasi località è rappresentato dai suoi monumenti principali, dalle sue chiese, dai suoi musei, ma pure da tradizioni, da istituzioni ricreative e culturali, persino dall’enogastronomia, è ugualmente vero ― come piace affermare alla nostra associazione Toponomastica femminile ― che a fornire un quadro chiaro e significativo contribuisce anche la toponomastica (o, meglio ancora, odonomastica).

Nel caso della città toscana di Prato, capoluogo di una provincia piccola ma ricca di storia situata fra Firenze e Pistoia, il pensiero comune conduce alla tradizionale, antica lavorazione della lana e dei “cenci” che rese i mercanti (uomini sì, ma spesso affiancati da donne speciali) ricchi e famosi e i tessuti talmente pregiati da essere utilizzati per favolosi abiti di zarine e sovrane. Non per nulla oggi una eccellenza da visitare è il Museo del tessuto che fa coppia con un’altra istituzione di grande rilievo: il Centro Pecci per l’arte contemporanea.
Una citazione a parte meritano pure le collezioni di Palazzo Pretorio e, di tutt’altro genere ma interessantissimo, il Museo della Deportazione e della Resistenza. Per chi vive in zona, o almeno in Toscana, un punto fermo di ogni stagione teatrale è rappresentato dal cartellone dei teatri cittadini Metastasio, Politeama, Il fabbrichino, Magnolfi, Fabbricone (ex edificio industriale) dove i più importanti registi, primi fra tutti Strehler e Ronconi, hanno portato i loro capolavori, rimasti memorabili; ne citerò uno solo per tutti: Le Baccanti, nel 1978, con unica interprete la straordinaria attrice fiorentina Marisa Fabbri (perché non pensare a lei per una futura intitolazione?). Il centro storico presenta edifici di pregio – fra cui il Castello dell’Imperatore – e la Cattedrale è uno scrigno di opere d’arte, a cominciare dal “pulpito meraviglioso” di Donatello e dalla venerata reliquia del Sacro cingolo (o Sacra cintola) della Madonna. Prato con i suoi dintorni ha pure una significativa tradizione enogastronomica: dai vini di Carmignano al tipico pane (detto “bozza”), dai fichi secchi profumati di anice alla speciale mortadella arricchita con l’alchermes, per non parlare dei biscotti con le mandorle: e non chiamateli cantucci, per piacere!


Chi non conoscesse quindi questa città, può comprendere che una visita è d’obbligo, magari unendo altre mete in un itinerario per la Toscana all’insegna della bellezza, della natura, dei dolci paesaggi, alla scoperta delle ville medicee e delle località minori. Ma il nostro scopo, al momento, non è tanto quello turistico, quanto piuttosto una riflessione sulle intitolazioni di piazze/piazzali, vie, vicoli, viali, ponti che nel tempo la cittadinanza con le proprie amministrazioni si è data. Come per ogni comune italiano, anche per Prato è stato effettuato un nostro censimento i cui dati sono sul sito dell’associazione, ma di recente abbiamo allargato e aggiornato la ricerca, grazie all’utilizzo del completo stradario relativo a febbraio 2022.
Non è stata impresa da poco: probabilmente la popolazione residente o chi vi arriva da fuori non immagina di trovarsi di fronte a ben 1642 intitolazioni, che ci siamo date lo scopo di analizzare una per una per individuare le figure femminili. D’altra parte qui vivono oltre 200.000 abitanti…
Il risultato, la cui disparità di genere è superfluo commentare, è il seguente: 69 donne, 720 uomini (che comprendono i personaggi più vari per epoca, professione, provenienza, oltre ad alcuni santi e raggruppamenti per affinità, ad esempio piazzale dei Bersaglieri). Il restante rimanda a eventi storici e patriottici, a famiglie illustri, a elementi geografici, a valori universali, a date significative, a piante e fiori, a toponimi locali, ad antichi mestieri. Non mancano casi incerti, ad esempio via Marino (?), via Guilianti (?), via Guizzelmi (?), nomi incompleti, come via Cicognini (il gesuita Francesco), o vere curiosità, come via Orto del Lupo e via Caduti senza croce.
Ulteriore obiettivo dell’indagine è quello di dare vita, voce, ricordo alle donne presenti attraverso una serie di biografie che avranno la caratteristica di privilegiare le meno note, quelle che hanno dunque bisogno di una giusta presentazione e di una nuova visibilità, dal momento che è nostra profonda convinzione che i nomi delle vie sono lo specchio di un luogo e della sua storia, ma anche un investimento per le future generazioni: passeggiando e guardandosi intorno bambini e bambine, ragazzi e ragazze colgono un continuo insegnamento e avvertono una forma di identificazione. Se gli eroi, i condottieri, i politici, gli artisti di ogni campo sono ovunque presenti, persino con busti e statue, dove sono le donne? Quante sono, chi sono, cosa hanno fatto nella loro vita, quale lavoro svolgevano, perché proprio quelle sono state preferite ad altre? Dagli esempi positivi le giovani possono trarre ispirazione per i propri studi, anche controcorrente, per le proprie scelte di vita, magari audaci, per le proprie battaglie, pur faticose. Ma è così che si cresce e si diventa vere donne.
Veniamo ora al dettaglio, perché di questo ci dobbiamo occupare e crediamo che sia questo che lettori e lettrici si attendono. Il primo gruppo che andiamo a elencare è rappresentato dalle sante e troviamo: Anna, Caterina, Chiara, Elisabetta, Margherita, Maria Maddalena, Orsola e Gonda, che in realtà è un quartiere nella zona est (ma, in tal caso, il toponimo potrebbe essere la corruzione di “santa Gioconda”, o più probabilmente di “sant’Abbondio” a cui era intitolata una chiesetta ivi esistente). Il secondo è costituito dalle madonne: S. Maria della Pietà, del Soccorso, delle Carceri, in Castello, via del Verginino, via della Madonnina. Compare anche via della Sirena, unico riferimento mitologico, mentre di non chiara attribuzione risultano via Silvana, via Gradisca, via della Violata, piazza Rosalinda. Perché non ci soffermiamo su questi nomi è presto detto: in Italia, in qualsiasi comune, laddove esistono toponimi femminili, in stragrande maggioranza sono appunto madonne, sante, benefattrici laiche o religiose, e le relative intitolazioni si perdono nel tempo, nelle tradizioni, nei riti.


Le donne che ci interessano davvero per quello che hanno compiuto di bello, di utile, di interessante, di eroico sono altre, a cominciare dalle più conosciute e già ricordate puntualmente sulla nostra rivista Vitamine vaganti: le scrittrici Anna Banti, Ada Negri, Grazia Deledda, Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Matilde Serao, Ida Baccini, Iris Origo, Oriana Fallaci, Ada Prospero Gobetti (anche figura di primo piano in campo politico), il soprano Maria Callas, le scienziate Marie Sklodowska Curie, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, l’attrice Anna Magnani, la patriota Anita Garibaldi, l’educatrice Maria Montessori, la ribelle afroamericana Rosa Parks, la martire del nazismo Anna Frank, la prima presidente della Camera Leonilde Iotti, la leader socialista Anna Kuliscioff, le filosofe Simone Weil e Hannah Arendt.
Merita una citazione specifica Margherita Datini (e si rimanda al n.138 di Vv) perché è il caso emblematico di una donna appartenente all’epoca medievale che impara a leggere e a scrivere a 33 anni per portare avanti le molteplici attività economiche e commerciali del marito spesso lontano per curare i propri affari. Una figura davvero straordinaria e di grande modernità, se la rapportiamo al suo tempo: intelligente, intraprendente, autonoma e certo un valido supporto per il coniuge, Francesco di Marco Datini, celebre mercante pratese passato alla storia come inventore della cambiale. Significativo pure il ricordo di un mestiere tradizionale tipicamente femminile, grazie a via delle Trecciaiole, che rimanda all’intreccio della paglia e delle erbe palustri essiccate per realizzare le “trecce” destinate alla confezione di borse, sporte, coperture delle damigiane.


A sinistra: Margherita Datini. Tabernacolo della Romita. A destra: trecce di sarello.
Foto diLaura Candiani
Passiamo ora alle donne di cui verranno tratteggiate su Vitamine vaganti biografie più o meno ampie; fra loro troviamo nomi di spicco nei campi più diversi: dal soprano Iva Pacetti alla bellissima diva Clara Calamai, dalla poeta Ada Benini alla politica e sindacalista Nara Marconi, detta “la Nara”. Ci occuperemo di Anna Maria Enriques Agnoletti, medaglia d’oro al valor militare, ma anche di figure particolarmente amate per la loro dedizione al prossimo, come Marianna Nistri, Rosa Giorgi, Rosa Gattorno, Virginia Frosini. Davvero un bel personaggio Rosalinda Lombardi, caso non frequente di imprenditrice il cui ricordo fa onore alla città di Prato che ha intitolato pure vie a insegnanti rimaste nel cuore di varie generazioni, come Vilma Moscardi Mazzarri, Valeria Crocini, Chiarina Rosatelli Chiti, mentre di altre non sembra facile al momento rintracciare notizie, trattandosi di donne per lo più legate all’ambito cittadino e ignote altrove. Per concludere l’elenco, sono dunque da citare: Costanza Cepperelli, Amelia Harriman Palli, Cecilia Bielli, suor Clemenza Ninci, suor Niccolina, suor Cecilia Vannucchi, l’artista Elena Berruti Tintori, Tosca Brunini, la storica Valeria Tozzini Cellai, Albertina Giordano Pero, il mezzosoprano Emilia Goggi Marcovaldi, Liliana Rossi e Fernanda Nocchi Zipoli, impegnate nella politica locale, Teresa Meroni, Marcella Tempesti, Ofelia Giugni Bardazzi, protagonista della Resistenza.
Crediamo che questa nostra accurata analisi possa riempire un vuoto di conoscenze, ma sia pure uno stimolo per incrementare ulteriori intitolazioni, inserendo magari parchi, giardini, rotatorie e sensibilizzando cittadinanza e amministrazione locale allo scopo di diminuire con il tempo la significativa disparità di genere, anche in questo àmbito niente affatto secondario.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.