Le terme di Diocleziano, costruite in meno di otto anni tra il 298 e il 305 d.C., furono le più grandi tra tutte quelle realizzate nel mondo romano. Nell’ampia area in cui si estendevano, tra le attuali piazza della Repubblica, piazza dei Cinquecento, via Volturno e via XX Settembre, sono ancora visibili i resti.
Ancora oggi si ricorda piazza della Repubblica come piazza Esedra: il precedente nome della piazza trae origine proprio dalla grande esedra che chiudeva da un lato le terme.
Tra chi frequentava le terme non mancavano le donne, di tutte le classi sociali: le proprietà benefiche delle acque, la cura del corpo, i trattamenti di bellezza, divennero passatempo prediletto nel mondo femminile. In un primo momento, nell’osservanza del buon costume, gli impianti termali prevedevano una sezione maschile e una femminile, costruite a specchio, con un’unica fornace, o la regolamentazione dell’orario con turni diversi per uomini e donne; queste precauzioni però vennero meno con il tempo.
Nell’ambiente termale tutte, ricche, potenti, umili e serve, si illudevano di godere pari diritti rispetto all’altro genere e si comportavano come se quella parità l’avessero raggiunta.

Le terme di Diocleziano subirono il destino di tantissimi monumenti romani, spogliati per essere utilizzati nei secoli come cava di materiali per altre costruzioni, mentre le aule venivano adibite ai più svariati usi. Dal Rinascimento in poi alcune aule termali furono trasformate nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Altre parti superstiti diedero vita alla chiesa di San Bernardo, il vasto complesso dell’ex convento dei Certosini occupato dal Museo Nazionale Romano, l’ex Planetario, una facoltà universitaria e altro ancora.


La Fontana delle Naiadi, in stile liberty, al centro di piazza della Repubblica, è opera del palermitano Mario Rutelli (Palermo, 1859 – Roma, 1941) bisnonno dell’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, realizzata nel 1901. Le quattro naiadi rappresentate sono la Ninfa dei Laghi, riconoscibile dal cigno che stringe a sé, la Ninfa dei Fiumi, sdraiata su un serpente d’acqua, la Ninfa degli Oceani, in sella su un cavallo (sarebbe piuttosto una nereide, in quanto, secondo la mitologia greca, infatti, le “naiadi” sono ninfe delle acque dolci, mentre quelle dei mari erano note come “nereidi”), e la Ninfa delle Acque Sotterranee, poggiata sopra un drago.
Al centro si trova il gruppo del Glauco (1912), divinità protettrice dei porti, un uomo nudo, di struttura atletica, che stringe, tra le braccia vigorose, un guizzante delfino, dalla cui bocca si eleva, altissimo, un getto d’acqua che ricade con numerosi zampilli laterali: rappresenta l’uomo vittorioso sulla forza ostile della natura. È stata restaurata nel 1998, nonostante questo è molto rovinata: gli oggetti di bronzo, e, in modo particolare quelli esposti all’aria e all’acqua, si ossidano e possono anche corrodersi.
Una prima fontana fu inaugurata il 10 settembre 1870, dal papa Pio IX, e consisteva in una semplice vasca, circondata da rocce da cui partivano numerosi zampilli verso il centro.
Fu ricostruita nel 1888, su progetto di Alessandro Guerrieri, che la spostò nell’attuale sistemazione, e modificata in tre tazze circolari concentriche a diversa altezza e intorno alla grande vasca circolare pose quattro leoni accucciati di gesso. Questi furono poi sostituiti nel 1901 dai quattro gruppi di bronzo dello scultore Mario Rutelli.

Ma, a lavoro terminato, la visione delle quattro Naiadi nude distese in pose lascive lasciò perplessi e, in attesa dell’inaugurazione, la fontana fu chiusa da una cancellata: la vecchia Roma papalina mal sopportava che, di fronte alla basilica di Santa Maria degli Angeli, fossero mostrate queste bellezze femminili, cui avevano fatto da modelle alcune ragazze di Anticoli Corrado, paesino vicino Roma, famoso per la bellezza delle sue donne. La sera del 10 febbraio 1901, incuriosita dalle polemiche giornalistiche, una gran folla di gente si era andata ammassando attorno allo steccato: stanchi di curiosare attraverso le fessure, qualcuno cominciò a scavalcare, altri a schiodare, finché lo steccato non fu completamente abbattuto. Le cronache del tempo però non raccontarono di un popolo scandalizzato, le Naiadi non fecero arrossire nessuno!

A volere la costruzione della chiesa di San Bernardo fu Caterina Sforza di Santafiora. Figlia di Vincenzo Nobili, nipote di Giulio II della Rovere, e moglie del Conte Nobili Sforza di Santa Fiora, la nobildonna acquistò il terreno degli Orti del cardinale Bellay nel 1593 con i resti dell’ambiente termale, finanziò i lavori di trasformazione, affidando la chiesa ai francesi dell’ordine dei Cistercensi Riformati di San Bernardo, i Foglianti.
L’area delle antiche terme, spaziosa, ventilata e riparata dalle inondazioni del Tevere, fu utilizzata nel ‘500 per la realizzazione di granai, altri locali termali furono adibiti nel ‘700 alla conservazione dell’olio: ancora oggi il portale dell’Annona olearia, restaurato nel 1999, è riconoscibile tra il granaio gregoriano e l’ingresso alla chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Successivamente, tutta la zona fu destinata a opere assistenziali: ospizio per i poveri, carceri, con sezioni maschili e femminili, ospizio per sordomuti, orfanotrofio, Scuola Normale Femminile, ospizio dei ciechi.

La Scuola Normale Femminile preparava le donne alla prima professione “intellettuale” cui loro potessero accedere e che rappresentava anche l’opportunità di procurarsi un’autonomia economica, spesso necessaria alternativa al matrimonio. Nel 1896, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli si celebrò il matrimonio di Vittorio Emanuele III con Elena di Montenegro e con questa cerimonia la chiesa assunse un ruolo di rappresentanza nazionale e ospita tutte le cerimonie ufficiali dello Stato italiano.

Elena di Montenegro, seconda regina d’Italia, fu una figura completamente diversa dalla suocera, prima regina d’Italia.
Mentre Margherita amava la vita di corte, i balli, il lusso, i gioielli, Elena era schiva, riservata e amava la sua privacy. La sua semplicità e il poco interesse che nutriva per i fasti del regno lasciavano perplessa la regina Margherita che, invece, aveva dedicato tutta la sua vita alla regalità. La coppia reale fu sempre oggetto di critiche e pettegolezzi. Elena era più alta di Vittorio Emanuele e le gravidanze l’avevano resa matronale. Per il tragico terremoto di Messina del 1908, si dedicò personalmente ai soccorsi.
Durante la prima guerra mondiale Elena fece l’infermiera a tempo pieno e trasformò il Quirinale in un ospedale. Finanziò opere benefiche a favore degli encefalitici, per madri povere, per i tubercolotici, per gli ex combattenti ecc. Sembra che sia intervenuta presso il re anche a favore degli ebrei ai tempi delle leggi razziali. Agli inizi del ‘900 si cominciò a profilare per tutta quest’area un intento di musealizzazione, che si realizzò pienamente solo nel 1936.
Oggi le Terme di Diocleziano fanno parte del Museo Nazionale Romano.
In copertina: ricostruzione virtuale delle Terme di Diocleziano.
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.