Studi di genere in Italia. Dialogo con la docente Fiorenza Taricone

La Rivoluzione culturale femminista degli anni Sessanta e Settanta ha condotto a un ripensamento delle basi su cui si fondava, e in parte si fonda tuttora, una società che escludeva le donne dagli avvenimenti storici fondamentali. Le donne erano viste come “l’Altro”, citando Simone de Beauvoir, altro dall’uomo, in perpetuo movimento, fautore di grandi imprese, altro dall’eversione, dalle emozioni gridate, altro dalla vita. I Gender Studies, chiamati inizialmente Women’s Studies, sviluppatisi negli anni Settanta in America e affermatisi più tardi in Italia, hanno posto al centro dell’analisi non più solo illustri figure, come sante o regine, ma personagge che abbracciano ogni singola categoria, in una complessità fondativa di una Storia nuova.

La docente Fiorenza Taricone, in un articolo intitolato Non è ora di istituzionalizzare le discipline di genere?, scritto per la rivista online «Il paese delle donne», racconta il percorso che l’ha vista diventare co-fondatrice del Centro Interuniversitario per gli Studi sulle Donne nella Storia e nella Società (Cisdoss) e delle difficoltà riscontrate sia a causa delle istituzioni sia a causa dell’opinione pubblica, che hanno sempre mostrato reticenza nell’accordare dignità a questo tipo di ricerche e di studi. Spesso, antagoniste primarie di questo processo di evoluzione sono proprio le donne, che la docente Taricone ha definito “uome”: «tanto più hanno potere, prestigio, danaro, riconoscimenti, tanto più dipendono dagli uomini di cui curano ottimamente gli interessi, servitrici fedeli proprio perché disconoscono la storia, il valore, le speranze, le giuste aspirazioni delle altre donne». 

Nonostante il Protocollo d’intesa siglato fra la ministra per le Pari opportunità e la ministra Maria Stella Gelmini sulle politiche di Pari opportunità, che citava, tra le altre, le Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio del 2006 sulla parità di trattamento nell’occupazione maschile e femminile e prevedeva, all’art. 6, la diffusione della cultura di genere e l’attuazione di percorsi formativi, che tenessero conto della prospettiva di genere, e nonostante la conseguente nascita di un Tavolo di lavoro a cui era stato affidato l’incarico di occuparsi della diffusione della cultura delle differenze di genere, sono stati minimi i risultati concreti ottenuti a livello istituzionale. Alcune università, tuttavia, hanno avviato molteplici corsi, come l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale presso la quale, nel 2003, la docente Fiorenza Taricone ha attivato la disciplina “Pensiero politico e questione femminile”, che rischia di scomparire a seguito del suo pensionamento, motivo per cui è necessario, oggi più che mai, assumere un impegno costante, tradotto in un dialogo su questi temi, discorso che non può e non deve essere appannaggio esclusivo di gruppi casuali, ma strutturato. Costruire un confronto, quindi, che possa affermarsi come ponte tra diverse realtà e coinvolgere la società intera, senza dimenticare il passato e il contributo primario dei movimenti femministi in questo processo. «Conoscere la propria storia rende padrone di sé stesse, ti fortifica con l’autodeterminazione che il genere ha conquistato, ti rende anche grata verso chi ha lottato per te, o almeno così dovrebbe essere, comunque ti trasmette la passione del cambiamento e dell’impegno che sono alle basi della politica», ha affermato la docente Taricone. 

Oggi, la situazione degli Studi di genere non differisce in misura sostanziale dai decenni passati; il livello di riconoscimento istituzionale è ancora molto basso, sebbene ci siano dei mutamenti: il più recente ha riguardato l’Università Sapienza di Roma, che il 21 settembre scorso ha presentato il nuovo Corso di laurea magistrale in “Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione”, una novità sul piano dell’offerta formativa universitaria in Italia. Attualmente sono, tuttavia, quasi inesistenti lauree di primo o secondo livello specifiche, così come dipartimenti di Studi di genere, sebbene esistano corsi, centri di ricerca e master sparsi tra gli atenei della nostra penisola. «La casualità dovrebbe lasciare il passo a una presenza strutturata e legittimata dalle istituzioni che della formazione e del suo aggiornamento si occupano: Ministero della ricerca e dell’università, Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), le università con le articolazioni interne, come gli organi di governo delle stesse e i dipartimenti. Si tratta di spostare l’ottica, perché non si esigono favori particolari, al contrario queste discipline offrono un ammodernamento del sapere, a studenti che per giunta hanno una doppia cittadinanza italiana ed europea; l’Europa è nata sulla base di pilastri come l’uguaglianza e l’antidiscriminazione», ha dichiarato la docente Fiorenza Taricone.

Il 29 ottobre scorso, presso la Casa internazionale delle donne di Roma, ha avuto luogo l’incontro dal titolo “Dalla piuma all’algoritmo. La cura della trasmissione”, promosso dall’Associazione Il Paese delle Donne, dall’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, dalla Società Italiana delle Storiche, dall’Udi e dalla Casa internazionale delle donne di Roma. La sessione plenaria dell’incontro è stata introdotta da Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone. Il tavolo riguardante l’Università è stato coordinato da Vinzia Fiorino, della Società Italiana delle Storiche, docente di Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, dove dal 2019 ha attivato l’insegnamento di Studi intersezionali di genere.

Una criticità importante emersa dal convegno è stata quella riguardante l’importanza dell’interrelazione tra diversi ruoli, generi ma, soprattutto, nell’ambito accademico, tra studenti e docenti. Le tematiche portate in luce hanno sottolineato il problema concreto, nell’epoca attuale, di un’istruzione che punta al tecnicismo, compromettendo un tipo di conoscenza che mira, invece, a una visione complessiva e complessa della realtà, secondo un approccio umanistico. «Nelle Università si assiste al declino delle iscrizioni nei Dipartimenti di Lettere e Filosofia, e nelle scuole alla contrazione delle materie storiche», ha sostenuto la docente Taricone, con un pericolo evidente di appiattimento su un eterno presente, accentuato dal web e dalla sua pervasività, che spinge sempre più persone a un’individualizzazione troppo spesso inconsapevole, rischiando di trasformare le osservazioni sulle dinamiche di genere in un pretesto per uno scontro tra retoriche identitarie.
L’attivazione degli Studi di genere oggi è, dunque, una necessità che prescinde dalle singole realtà individuali e riguarda l’intera collettività; uno strumento importante che permette di porsi domande e scardinare una realtà che si accetta troppo spesso passivamente. Attraverso lo studio e la ricerca, si può arrivare a una consapevolezza nuova, scevra da ogni tipo di retorica appannaggio di una comunità, in primis quella del contesto familiare, che perpetua ruoli e posizioni secolari a discapito di un mondo nuovo, in cui c’è spazio per riflessioni sull’autorità, sul linguaggio, sulla politica e sull’identità. «Continuare a offrire una visione del mondo in cui il genere femminile è un complemento occasionale è antistorico», ha concluso la docente Fiorenza Taricone.

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Articolo di Francesca Manuali

Umbra, è approdata in tenera età nella città eterna. Amante di autrici e autori controversi, si laurea in “Lingue, culture, letterature e traduzione” presso l’Università Sapienza di Roma, con una tesi dal titolo Faut-il brûler Sade? Simone de Beauvoir, Angela Carter e Andrea Dworkin sul ruolo della donna: Justine e Juliette a confronto. Scrive e si interessa di poesia, arte, letteratura, politica e di tutto ciò che resiste.

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