Barbora Rezlerová-Švarcová è purtroppo una figura poco conosciuta, rimasta dimenticata nella generica militanza comunista e nascosta in qualche libro di storia al femminile. Una donna che, sotto molti aspetti, ha precorso i tempi parlando con anni di anticipo di importanti tematiche di genere e che ha sempre lottato per i diritti delle donne cecoslovacche, e non solo.
Se dovessimo in qualche modo riassumere in una unica parola l’essenza di Barbora, questa potrebbe essere: “lavoratrice”; la sua intera vita è scandita dal suo instancabile lavoro, da quello svolto in fabbrica a quello di redazione fino a quello politico.
Barbora Rezlerová nasce in Baviera, a Blaibach, il 7 luglio 1890. Suo padre, che era stato uno dei fondatori del Partito social-democratico ceco, è un operaio tessile, trasferitosi con la famiglia in Germania per cercare nuove opportunità professionali. La figlia si contraddistingue per essere una lavoratrice tenace; durante la giovinezza, infatti, lavora nell’industria tessile insieme al padre e al resto della famiglia (ha, infatti, cinque tra fratelli e sorelle).
Poi, allo scoppio della Prima guerra mondiale, si trova a svolgere il mestiere di cuoca a Praga, una città vivace e multiculturale. Durante gli anni della guerra si avvicina ai movimenti femminili e conosce il futuro marito, Ladislav Švarc, un attivista del Partito comunista, con il quale diventa una figura politica di riferimento per uomini e donne. Dal matrimonio nasceranno due figli maschi. Nel 1921 lui viene eletto segretario regionale del Partito comunista cecoslovacco, così la famiglia si trasferisce a Banska Bystrika.

Barbora conosce personalmente le difficoltà della classe operaia e delle donne ed ha un fine ben preciso: aiutare le lavoratrici. Ha anche un talento non trascurabile: è bravissima nel tenere discorsi e nel parlare in pubblico. Non è difficile quindi per lei intraprendere la carriera politica: negli anni Venti è infatti la segretaria dell’Organizzazione delle donne slovacche Slovenské Zeny. Barbora Rezlerová-Švarcová è poi conosciuta soprattutto per il suo lavoro editoriale: è stata la prima direttrice della rivista Proletarka (Proletarie) e la prima giornalista del suo Paese a scrivere ed occuparsi di diritti femminili, affrontando tematiche quali il divorzio, l’aborto, la parità di genere e i diritti sul lavoro con un notevole anticipo rispetto alla storia.
Sotto la sua guida Proletarka passa dal vendere 120 copie settimanali a 2000, confermando così che le sue parole e le sue idee trovano terreno fertile nel pubblico femminile slovacco, nonostante si sappia che quasi tutte le conquiste sociali verranno raggiunte solo molti anni dopo.
Barbora non è ben vista pubblicamente e spesso utilizza uno pseudonimo: Kamila Kmet’ovà. Nei suoi discorsi e scritti politici non ha paura di tenere posizioni apertamente critiche nei confronti del governo della Repubblica cecoslovacca: per questo viene più volte arrestata e processata, fino a quando nel biennio tra il 1925 e il 1926 non è costretta a fuggire con il marito, prima verso la Germania, poi in Unione Sovietica. Appena arrivata a Mosca si iscrive alla scuola di giornalismo e continua a inviare articoli nel suo Paese, allo stesso tempo scrivendo per il giornale Izvestia e lavorando per la stazione radio del Comintern. Nel 1930 lei e suo marito divorziano, un fatto abbastanza fuori dal comune per i tempi.
Durante il periodo del ‘Grande Terrore’ in Urss, nel 1937 Barbora perde il lavoro e per sopravvivere inizia a insegnare la lingua ceca alle guide turistiche. Con il crescere delle tensioni politiche viene espulsa dal Partito comunista e arrestata nel 1941, per poi essere fucilata il 2 settembre dello stesso anno. La sua memoria viene riabilitata e le sue qualità personali degnamente riconosciute in Cecoslovacchia solo parecchio tempo dopo, alla fine della “guerra fredda” e alla caduta del muro di Berlino

È possibile osservare come questa donna nata nel XIX secolo e vissuta nella prima metà del Novecento sia in realtà estremamente attuale: non possiamo non notare infatti una stretta vicinanza fra i suoi ideali e diversi obiettivi europei per l’Agenda 2030, in particolare gli obiettivi 5 (parità di genere), 8 (lavoro dignitoso e crescita economica), 10 (riduzione delle disuguaglianze) e 16 (pace, giustizia e istituzioni solide).
L’intera esistenza di Barbora è stata dedicata al miglioramento della vita del prossimo. Come ha scritto una sua biografa, Jana Juranová, che si trattasse di diritto all’istruzione e alla salute, di libertà di pensiero e di parola, questa figura femminile si è sempre distinta, nonostante il suo Paese abbia compreso i suoi sforzi e le sue attività a distanza di anni dalla tragica morte. E noi, consapevoli di quanto questi valori siano stati in passato, siano oggi e saranno in futuro fondamentali, non possiamo dimenticare la storia di una lavoratrice attenta ai bisogni della comunità, che ha dedicato la sua vita a parlare di donne, emancipazione e diritti, e a operare di conseguenza.
Qui le traduzioni in inglese, francese e spagnolo.
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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!