Alessandra Carloni, classe 1984, è un’artista romana che si occupa d’arte urbana, oltre a essere illustratrice e pittrice. I suoi murales sono presenti in tutta Italia, da Cosenza a Venezia, da Pisa a Napoli. Un segno importante del suo lavoro, lo troviamo nel comune di Vessalico (Liguria), dove sulle porte del paese sono state rappresentate da differenti writer e street artist, alcune delle donne che hanno migliorato nel corso del tempo il mondo, un modo per dire no alla violenza di genere.
L’abbiamo incontrata per farci raccontare la sua esperienza con il mondo della street art.


Come e quando hai scoperto la tua vocazione artistica?
La mia passione per la pittura, per il disegno e per tutto quello che è il linguaggio venuto fuori attraverso il mio stile, è maturata fin dalla giovanissima età, in piena adolescenza. Naturalmente ho intrapreso una serie di studi, dal Liceo artistico prima fino all’Accademia, per poi evolvermi gradualmente alla ricerca di un linguaggio, di un’impronta mia personale.

Quali o chi sono i tuoi punti di riferimento in ambito artistico?
Sicuramente gli studi accademici sono stati fondamentali, soprattutto a livello di tecniche e per la scoperta della pittura a olio che, in particolar modo, ha un’impronta più che altro legata al colore. In realtà la maturazione di uno stile, e quindi di un linguaggio riconoscibile, è avvenuta per lo più nella fase successiva, cioè quando mi sono ritrovata sola di fronte a un foglio bianco e una tela da trattare.


Come ti sei avvicinata all’arte pubblica?
L’incontro con l’arte urbana in generale è avvenuto in maniera molto improvvisa e anche fortuita perché subito dopo l’Accademia ho maturato le mie prime esperienze sui muri, all’inizio totalmente acerbe, ma quella è stata la molla che ha fatto scattare l’interesse in me, dal 2010 fino ad oggi, per accompagnare la ricerca nella pittura, quindi all’interno del mio studio, nel mio atelier a quella invece del linguaggio per strada. In strada sostanzialmente riporto quello che è il mio mondo, quello che nasce nel mio laboratorio a livello di impatto pubblico, quindi sui muri, a trecentosessanta gradi.

Che valore ha per te il rapporto tra le tue opere e il territorio?
Nelle mie opere cerco sempre un’interazione con il territorio in cui agisco soprattutto per quanto riguarda i muri perché per me è fondamentale trovare un legame con la storia, con la tradizione, col folklore di quei luoghi; soprattutto se stiamo parlando di realtà piccole, come borghi e villaggi, cerco di adeguare, di adattare il mio stile surreale e sognante in un messaggio, in una chiave che abbia aderenza con l’humus di quel territorio.

Gli elementi legati al volo sono ricorrenti nel tuo immaginario, come si legano al contesto urbano?
Nel mio linguaggio è presente sicuramente una forte predominanza della componente onirica legata al volo, alla sospensione, per cui questi miei personaggi, che poi sono delle simbologie, viaggiano sempre sopra dei macchinari fantastici che delle volte sono navi, delle volte possono essere mongolfiere o addirittura animali trasformati in macchine meccaniche per cui c’è una aderenza alla cultura steampunk da cui traggo ispirazione. Si legano nell’arte urbana nel senso fantasioso della rappresentazione che io sto illustrando, cioè, c’è sempre un messaggio nei miei muri, è un messaggio se vogliamo culturale-sociale con un impatto proprio in quel luogo in particolare perché voglio raccontare qualcosa di quel territorio, ma lo faccio attraverso una componente sognante, fiabesca; desidero invitare la gente ad alleggerirsi un po’ nel momento in cui guarda la mia opera, ognuno/a ci entra dentro e ne legge il significato attraverso un elemento piuttosto fanciullesco.


Anche l’elemento della casa è ricorrente, come interpreti l’idea di abitare la città?
Un altro tema molto presente nelle mie opere e che accompagna i miei personaggi è la presenza di una casa, spesso ce l’hanno sulle spalle oppure la trasporta l’animale insieme all’individuo perché in qualche modo è come se ogni volta in questo viaggio in questa sospensione in questo volo ciascun essere portasse con sé la propria identità; la casa rappresenta l’aderenza al proprio territorio e alle proprie origini, anche se io racconto continuamente questo viaggio.

In che modo impattano le tue opere sulle comunità?
Io credo che i miei lavori impattino su determinati territori specialmente quando si tratta di borghi, come ho detto precedentemente, quindi in località più piccole, ma anche in alcuni casi nelle città perché c’è in atto una trasformazione del muro rispetto a com’era precedentemente: si apre proprio uno scenario surreale o immaginario, fantasioso, in cui il colore è sicuramente la parte predominante ma pure lo è questa atmosfera di volo, di sospensione che coinvolge chi osserva l’immagine; infatti spesso molte persone dichiarano di fronte alle mie opere di sentirsene parte, di essere un po’ trascinate da questa sensazione di fiaba, tanto da entrarci dentro.

Che tipo di feedback hai raccolto durante i tuoi interventi?
Mi è capitato più di una volta di ricevere complimenti o comunque opinioni positive ma anche opinioni contrastanti. Giustamente si va a impattare, a ledere una situazione di quotidianità, quindi ci sono stati degli episodi non di veri e propri scontri ma di male parole, perché non tutta la gente è abituata a rapportarsi a questo tipo di linguaggio. Nella maggior parte dei casi però sicuramente c’è una sensazione di stupore, di meraviglia e di coinvolgimento che solo l’arte pubblica ti dà. È anche questo l’aspetto che a me interessa di un mondo parallelo a quello che di solito faccio, che invece è la pittura in studio, la dimensione più intima in cui io ricerco, sperimento, evolvo il mio linguaggio. Ecco invece la parte più popolare cioè l’impatto che ho direttamente col pubblico: è sicuramente la chiave che mi invoglia a continuare dopo tanti anni anche in questo percorso.
Si ringrazia per le domande Domiziana Febbi.
In copertina: Alessandra Carloni.
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Articolo di Livia Fabiani

Livia Fabiani vive a Roma, dove si laurea in Architettura alla facoltà di Roma Tre. La sua passione per l’arte e il territorio trovano sintesi ideale nella Street Art. Curatrice indipendente di mostre e murales, dal 2020 è presidente dell’Associazione VenUs per promuovere l’empowerment femminile attraverso l’arte urbana.