Le Salon virtuel d’Aoste

«La birra è donna». Si intitolava così un articolo del numero 180 della nostra rivista. E quanto la birra sia donna lo ha ben dimostrato il nostro primo salotto virtuale del 2023, Le salon virtuel d’Aoste, denominato in francese in omaggio alla Regione che ha dato il via ai nostri Salotti regionali, una delle tante iniziative in programma per il 2023. La sigla dei salotti regionali è cantata dalla nostra socia Kay Mc Carthy ed è un’antica ballata britannica, Geordie, a molte di noi molto cara perché l’abbiamo ascoltata dalla voce di quello che, a parere di chi scrive, è il più grande cantautore italiano, Fabrizio De Andrè, che abbiamo ricordato in apertura del nostro incontro dell’11 gennaio, anniversario della sua prematura scomparsa. Le salon virtuel d’Aoste è stato realizzato con la preziosa collaborazione dell’Associazione DORA Donne in Valle d’Aosta, nostra socia amica, con cui da due anni realizziamo progetti nelle scuole della Regione autonoma e con cui abbiamo organizzato la presentazione della nostra Mostra Le madri della Repubblica oltre al bellissimo progetto delle Pillole Ri-Costituenti, una serie di video in cui le donne che hanno partecipato alla scrittura della nostra Costituzione si raccontano in prima persona, interpretate da associate di DORA e Toponomastica femminile. Genny Brunod di DORA ha moderato l’incontro ricordando che l’associazione a cui appartiene promuove la cultura del rispetto delle donne e tra i generi e vuole valorizzare l’importanza delle donne nel mondo del lavoro. La scelta del tema di questo incontro La storia della birra tra tradizione e modernità deriva dal fatto che nella civiltà mesopotamica prima e nel Medioevo poi, con Ildegarda Von Bingen, la birra è sempre stata collegata al femminile.

La prima ospite a prendere la parola è stata Elvira Ackermann, italo-tedesca, che ha scelto l’Italia come luogo di residenza, sommelier del vino e della birra, dell’associazione Donne della Birra di Genova, che ha fondato questa associazione prendendo spunto dalle Donne del Vino, con lo scopo di divulgare la cultura della birra e di avere al suo interno birraie, blogger, addette al marketing e alla comunicazione. Ackermann si è appassionata inizialmente alle birre artigianali e soprattutto alla belga, la più simile al vino, ma poi ha avvicinato anche birre industriali. Con lei tra le fondatrici ci sono altre due donne, tra cui una chef, che cucina con la birra. Le donne della birra di Genova inizialmente, dal 2013, anno della costituzione, non erano aperte agli uomini. Oggi, dopo essere diventate Aps, a livello nazionale sono circa 150 persone, compresi 10 uomini, molto collaborativi. Ogni anno, ricorda Ackermann, c’è una Festa nazionale della Birra, Beer Attraction a Rimini e c’è anche un Premio della birra, a cui tutte e tutti i partecipanti a questo incontro sono invitati/e. Come in ogni associazione il problema è il coinvolgimento dei soci e delle socie, che delegano un po’ troppo al Direttivo le decisioni più importanti. Su questo punto le rappresentanti delle altre due associazioni organizzatrici dell’evento non possono che concordare. Le poche persone che compongono i Direttivi si sfiancano di lavoro e perdono a volte il contatto con la base, mentre i contributi di tutte e tutti non farebbero che arricchire l’attività delle associazioni e nel contempo suddividere il carico di lavoro «Quanto incide l’essere donna nell’avere successo nel campo della birra?» ha chiesto Katya Foletto, consigliera di parità della Valle d’Aosta Secondo Ackermann non c’è grande differenza tra uomini e donne, che sicuramente portano qualcosa di diverso, soprattutto la creatività, la sensibilità, la fantasia e l’intuito, quello che lei chiama il cosiddetto “tocco femminile”. Anche gli uomini però portano il loro valore e Ackermann non vede grandi differenze di genere in questo campo.

La seconda ospite del salotto virtuale valdostano è stata Suor Deborah del Monastero di Sant’Anna di Bastia Umbra, il primo monastero benedettino femminile a produrre birre artigianali. Suor Deborah è stata una vera scoperta, che ha colpito moltissimo sia le organizzatrici dell’incontro che coloro che lo stavano seguendo. La birra, ci ha ricordato, concepita e poi prodotta nel silenzio del Covid, è stata il frutto di un processo che ha richiesto il suo tempo. Le sorelle si dedicavano già alla coltivazione dei prodotti dell’orto a km zero, ma l’idea della produzione della prima birra monastica femminile è stata il frutto di un percorso condiviso, che ha voluto valorizzare i 20 ettari di terra del Monastero coltivati a orzo, secondo il metodo della rotazione, che assicura un prodotto biologico, ricco e di elevata qualità. La comunità benedettina è composta da una ventina di giovani monache, con diverse specializzazioni. Suor Deborah è architetta, mentre la giovane Madre Abbadessa è una ex giocatrice di basket che condivide con le altre la grande energia e il grande fermento della comunità. Come tutte le sportive sa vedere lontano e incoraggia nuove iniziative come il bellissimo progetto della birra monastica femminile con cui le monache hanno voluto trasmettere quel buono della vita monastica che fosse anche commestibile. Le birre sono “vestite”, in etichetta, come le monache, a significare che, come in tutti i prodotti dell’orto le monache ci sono e li seguono dall’inizio alla fine. Il Monastero ha scelto di non aprire un canale e-commerce per far conoscere le birre. Una scelta coraggiosa che si basa sul bisogno di recuperare le relazioni che ci sono state sottratte dalla pandemia e di “riabilitarsi” dal Covid.La tecnologia è stata indispensabile in pandemia ma il virtuale non può sostituire la vicinanza tra le persone. Per questo l’invito è ad andarle a trovare a Bastia Umbra, per parlare di birra degustandola insieme alle monache, secondo i valori monastici dell’ascolto e dell’accoglienza. La loro meta successiva è quella di aprire un proprio microbirrificio, mentre attualmente si appoggiano a un maltificio umbro composto prevalentemente da giovani, con cui hanno condiviso la ricetta della birra studiata con un mastro birraio veneziano, scoprendo importanti affinità di valore. La birra è un alimento prezioso frutto del lavoro appassionato di tante persone e le monache vogliono trasfondervi tutto il bello della loro vita monastica. Le birre prodotte sono due, una bionda e una ambrata, non troppo alcoliche, piuttosto beverine ma di grande qualità, in uno sforzo di miglioramento continuo, perché una sana competizione è positiva e serve a mantenere in equilibrio economico il Monastero, nel rispetto dei valori benedettini, che mettono al centro il lavoro e la persona.  Chi andrà a trovarle alloggerà in Foresteria, come in ogni Monastero e sarà chiamato/a a condividere non solo i momenti di preghiera, ma anche quelli di lavoro, in silenzio e accanto a loro: un modo terapeutico per ricominciare a tessere relazioni. L’incontro con suor Deborah è stato molto interessante e ci ha comunicato una grande tranquillità, che è poi è il nome che le monache hanno dato alle birre bionda ambrata e rossa che producono.

Nell’ultima parte dell’incontro si è parlato con Francesco Casolo, che era collegato dalla Giordania, del suo libro La salita dei giganti, sulla saga della famiglia Menabrea, una famiglia walser commerciante di tessuti in Svizzera, originaria di Gressoney, poi trasferitasi a Biella per produrre una delle prime Birre italiane. La protagonista della storia è Genia Menabrea, che ha un ruolo fondamentale nel libro e da quella siamo partiti nell’intervista con l’autore milanese, che ha scelto di trasferirsi da quattro anni con la famiglia a Gressoney La Trinitè, iscrivendo anche le sue due bambine a scuola in Valle d’Aosta. Casolo ci ha raccontato perché ha avuto la curiosità di conoscere la storia della Birra Menabrea e di raccontarla con gli occhi di un personaggio femminile, la ragazzina che sarebbe diventata la vera erede della fabbrica Menabrea fondata nel 1846. Ha spiegato l’origine del titolo La salita dei giganti, un tributo ai due uomini che hanno visto che la birra poteva essere prodotta e venduta anche in Italia e alle due donne che sono riuscite a continuare l’attività nei momenti di difficoltà. Molte domande hanno animato la presentazione, online e in diretta dal Caffè delle donne presso la Bocciofila del Quartiere Cogne in cui si erano riunite le associate di DORA. Si è parlato anche di una figura struggente raccontata nel libro, quella di Eva Sella, la figlia del Ministro Quintino Sella, fondatore del Cai, pioniera dell’istruzione delle donne, osteggiata per la sua richiesta, assolutamente civile e legittima, di una scuola in cui alle donne fossero insegnate le stesse cose insegnate agli uomini e non solo a diventare brave mogli e brave madri. Una storia nella storia assolutamente da leggere, per verificare coi fatti la misoginia e l’arretratezza culturale dell’epoca. Nonostante il prestigio della famiglia da cui proveniva l’ostilità nei suoi confronti perdurò anche in occasione della sua morte prematura, ostilità verificabile negli articoli dei quotidiani dell’epoca, come ha ricordato Casolo.

Verso la fine si è parlato di parità e di montagna con una interessante contrapposizione tra la visione di un milanese che si è trasferito stabilmente in Valle per scelta e la conosce molto bene e quella di chi nella Valle ci vive, stimolata dalla consigliera di parità Katya Foletto. Una questione su cui sarà interessante ritornare per capire meglio la realtà della montagna, come ha osservato appena dopo l’incontro in una discussione con me la consigliera di parità valdostana, secondo cui chi non è valdostano , come me che frequento la Valle da 20 anni, tende a avere una visione un po’ troppo romantica della montagna  Casolo ha riferito di conoscere molte donne imprenditrici nella sua Valle, coraggiose e capaci di affrontare nuove sfide, probabilmente perché abituate a confrontarsi con le difficoltà della montagna e ha ipotizzato in queste scelte coraggiose l’influenza del vivere in un ambiente aspro e diverso da quello della città. Ha comunque sottolineato di sapere benissimo che il ruolo della donna in un paese latino come il nostro è molto diverso da quello dei Paesi nordici. L’incontro è stato piacevole e stimolante, perché a più voci. Un’esperienza nata dalla bella sinergia tra due associazioni resa ancor più piacevole dal contributo di ospiti di grande generosità.

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Articolo di Sara Marsico

Ama definirsi un’escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la c maiuscola. Docente per passione da poco in pensione, è stata presidente dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano e referente di Toponomastica femminile nella sua scuola. Scrive di donne, Costituzione e cammini.


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