Percorsi di parità nel territorio e sui libri di testo

Entrambi i progetti didattici che presentiamo questa settimana hanno partecipato alla Sezione C3-Percorsi di vita, lavoro e memoria della IX edizione del Concorso Sulle vie della parità, ma in ambiti diversi e con attività dalle caratteristiche molto differenziate tra loro.

La classe 2L del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate “Amedeo Avogadro” di Abbadia San Salvatore, in provincia di Siena, ha aderito all’Ambito 1: Memoria femminile e Archivi, al fine di intitolare un luogo geografico del territorio amiatino a una donna significativa della comunità e per unire l’utile al dilettevole, come afferma il docente di lettere che ha seguito il progetto, prof. Paolo Conti: insegnare qualche rudimento per una ricerca storica e mettere di fronte alla tematica di genere. Il suggerimento, giunto dalla dirigente Maria Grazia Vitale, è stato accolto con entusiasmo dalla classe, ed è stato fatto rientrare nel più generale progetto di educazione civica Parità di Genere, avviato con l’intenzione di superare le barriere di genere, insegnando una cultura della non violenza, oltreché la storia delle donne e del femminismo.

Mappa sentieri Macchia Faggeta

«Si è svolta la materia di storia in un modo diverso dalla solita lezione frontale – si legge nella relazione del docente – Studiando la Macchia Faggeta, cioè una realtà locale molto atipica, e per più aspetti sorprendente, la classe ha non solo avuto un approccio alla storia diverso, che si può in un certo senso far rientrare nei Gender Studies, ma ha anche apprezzato la sua stessa ascendenza femminile, che è probabilmente la maniera più corretta di avvicinarsi a un territorio in cui la componente materna (l’Amiata è un “seno spaiato”, per citare quel che Virginia Woolf diceva della cupola di St. Paul a Londra) è stata sempre prevalente, superando per certi aspetti (ahimè non per tutti) le dinamiche classiche del Patriarcato tradizionale in un territorio di boscaioli prima e di minatori poi, cioè molto sottoposto alla masculinity». La proposta, infatti, relativa alla “società del bosco” Macchia Faggeta, fondata nel 1788 da 57 uomini e una donna, ha assunto un valore simbolico di grande impatto e importanza, paragonabile, come suggerisce lo studioso dell’abbazia prof. Mario Marrocchi, collaboratore al progetto, al Milite Ignoto: la Donna Ignota dell’Amiata come madre di tutto il femminile del territorio, anzi di un territorio che è prima di tutto Madre.

Sentieri invernali Macchia Faggeta

La faggeta, fonte di sostentamento e calore domestico, sarebbe stata difesa con i denti nel 1783 quando un’altra potenza, il granducato di Toscana, provò a sottrarla alla comunità. Fu in quell’anno che sorse la “Società Macchia Faggeta”, esempio vero di unità di popolo e difesa delle risorse dalle forze estranee e dannose.

Nel galeone rappresentato nello stemma, non a caso, appare un albero di faggio con tante foglie quante il numero dei capostipiti. Tra di queste appare una foglia di colore diverso, rossa, che rappresenta l’unica donna capostipite, Giovanna Cassettini. In basso si trova la frase TOTA FAGORUM SILVA QUAE EST SUPER CASTANEARUM VEGETATIONEM e sopra di essa c’è un nastro con riportate le date degli atti di costituzione della Macchia Faggeta. Dietro al faggio appare il Monte Amiata imbiancato. Al centro, in cima, appaiono una luna e un fiocco di neve che stanno a simboleggiare che gli atti del 1788 e 1800 sono stati firmati di notte e di inverno.
In classe è stato letto e analizzato l’articolo La Società del bosco: proprietà indivisa e rappresentanza femminile di Marina Calloni, docente di Filosofia politica e sociale presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, apparso nel volume a cura della Macchia Faggeta Il futuro ha un cuore antico, di Marina Calloni e Barbara Adamanti, Moroni Editore, Grosseto 2013. Il presidente della Macchia Faggeta, signor Sergio Nottolini, un esperto del bosco ottantasettenne, e la presidente del Consiglio della Macchia Faggeta, signora Luana Taliani, hanno condotto un dibattito in classe con le e gli studenti. Infine, data la difficoltà di visitare gli archivi, il medievista e archivista prof. Mario Marrocchi ha tenuto due lezioni sul significato generale dell’esperienza e sulle modalità di approccio all’argomento, dando inoltre suggerimenti preziosissimi sull’indirizzo da prendere nel lavoro effettivo. Ragazzi e ragazze hanno infine lavorato per conto loro alla ricerca, sia dal punto di vista dei contenuti, sia sulle grafiche.

La proposta di intitolazione è stata dunque di nominare un sentiero di trekking di proprietà della società Macchia Faggeta di Abbadia San Salvatore a Giovanna Cassettini, unica fondatrice donna, nel 1788, di tale società. Data la scarsità di notizie biografiche e la difficoltà nel reperire maggiori informazioni, l’intitolazione assume un valore simbolico e, nel nome di Giovanna Cassettini, si intende celebrare tutte le donne dell’Amiata che nel corso dei secoli, dall’800 a oggi, hanno modellato il territorio. Fondamentale è stata la disponibilità dell’Archivio di Stato di Siena e del suo personale quasi interamente femminile, ben rappresentato dalla sua direttrice, dott.a Cinzia Cardinali.

Momenti della premiazione presso l’Università di Roma Tre, il 14 ottobre 2022.
Foto di Emma de Pasquale.

L’Istituto di istruzione secondaria, Sezione tecnico turistico, “Gregorio Da Catino” di Poggio Mirteto, in provincia di Rieti, ha invece partecipato all’Ambito 3, Canone letterario femminile, con un’attività volta alla stesura di un capitolo del libro di testo, dedicato alla poeta Antonia Pozzi.
La classe 5A, guidata dalla docente Tania Luciani, ha svolto il lavoro nell’aula per le lezioni partecipate e in biblioteca per l’approfondimento in cooperative learning autonomo. La scelta di approfondire la figura poetica di Antonia Pozzi, afferma la docente nella scheda descrittiva del lavoro, è avvenuta quando, nello studio di Grazia Deledda, la classe si è accorta quanto fosse ingiusto che all’autrice, Premio Nobel per la Letteratura, fosse dedicato un breve paragrafo del libro di testo, mentre ad altri suoi colleghi maschi che non erano stati insigniti di un riconoscimento internazionale tanto importante (basti citare il suo contemporaneo più celebre, Giovanni Verga) fosse dedicato un intero capitolo ricco di dettagli e testi. Questa riflessione condivisa ha spinto al riconoscimento dell’urgenza di riscrivere il canone letterario per fare in modo che, tra gli autori più famosi e celebrati della nostra storia letteraria, trovassero spazio anche voci interessanti di autrici molto spesso relegate ai margini. La scelta di Antonia Pozzi è stata cercata e voluta quando la classe stava proprio affrontando in storia lo studio dell’ascesa del Fascismo in Italia: da qui la decisione di selezionare un’autrice testimone di quegli anni. Il lavoro si è così articolato nella ricerca di informazioni sia on line sia su supporti cartacei forniti dalla docente, da cui partire per studiare la vita e la scrittura della giovane poeta milanese, ricostruendone la biografia, gli studi e alternando la lettura di brani poetici tratti dalla raccolta Parole.

Questo il commento alla poesia, scritto in classe: «La poesia venne scritta da Antonia Pozzi nel 1933, quando aveva appena ventuno anni: la storia con Antonio Maria Cervi si avviava alla conclusione definitiva, la giovane ragazza soffriva ma allo stesso tempo sperimentava nuove esperienze e conosceva nell’ambiente universitario nuovi amici, alcuni dei quali sarebbero rimasti vicini a lei fino alla fine della sua vita. Eppure, in questa lirica c’è poco spazio per la leggerezza dei vent’anni: ci sono infatti degli oggetti umili e quotidiani che rivestono un significato simbolico della condizione umana e, soprattutto, sulla rassegnazione per un amore forzatamente finito, ma che continua a dare una forte emozione. La “zolla calpestata”, “le zattere sciolte” o anche i “fili di lana o piume” diventano immagini cariche di dolore e di timore che la felicità non arriverà più perché inevitabilmente legata all’uomo amato, ormai lontano. Solo la parola cielo – termine che ricorre quasi in ogni poesia – ci lascia intravedere una qualche speranza sul futuro, anche se sempre legato all’idea della solitudine (“nuvola sola”)».

Inoltre la classe ha visionato sia il docufilm Il cielo in me. Vita irrimediabile di una poetessa (Marco Ongania e Sabrina Bonaiti, 2014) sia il film Antonia (Ferdinando Cito Filomarino, 2015) per calarsi con ancora maggiore attenzione nell’atmosfera storica e nei rapporti culturali dell’autrice, al fine di comprendere gli stimoli e le esperienze che la avvicinarono alla scrittura e, a soli ventisei anni, alla morte. Una volta approfondite, tramite lezioni frontali e partecipate, la vita e la poetica di Antonia Pozzi e una volta individuate sei poesie particolarmente interessanti e che andavano a fotografare in maniera importante i temi cari all’autrice, la classe, composta da 11 studenti, 2 maschi e 9 femmine, si è divisa in tre piccoli gruppi di lavoro, due di quattro e uno di tre persone, e ha iniziato ad approcciarsi alla scrittura del testo, pensato come capitolo del manuale usato a scuola come supporto allo studio della letteratura italiana. Una volta terminato il lavoro, sono stati accorpati i tre differenti lavori in un corpus unico. Nell’ultima fase, è stata curata l’impaginazione grafica e condiviso e stampato il lavoro ultimato ovvero il capitolo su Antonia Pozzi, che è stato allegato al libro di testo, che ne era sprovvisto.

In copertina: Antonia Pozzi con la sua firma autografa, tratta dal progetto della classe.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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