Sigrit Undset. Nobel per la Letteratura

«Principalmente per la sua imponente descrizione della vita nordica durante il Medioevo». 

Sigrit Undset

Le terre e i cieli del Nord hanno imprigionate, sotto il velame di bruma, peste ataviche dalle forme eterne, tramandate, che scrivono e sono scritte nelle voci delle genti che lì abitano e hanno abitato. Indipendentemente dal tempo passato o presente, l’eredità di quei passi vive e parla, ricorda e costruisce, pulsa e respira, come il vento sul piano verticale di una scogliera che prova ad abbracciare il mare. Comprendere i sussurri e farsene carico significa divenire cantore e cantrice di quelle terre e di quei cieli, preservarne i remoti segreti, sussurrandoli alle orecchie dell’oggi e trascinarli nella contemporaneità. Si tratta di uno scavo archeologico nello strato oltre la storia, oltre il tempo, che include l’una e l’altro e che cuce insieme anche aspetti che in apparenza non potrebbero combaciare mai. E siccome la pagina scritta è il teatro del miracolo, dove i personaggi e le narrazioni si fanno beffa e giravolta del consueto e dell’ordinario, in essa la scrittrice Sigrid Undset diviene regista, sarta e ricercatrice di un mondo perfetto e rovesciato, in una scambievole casualità di effetti, mescolando il mito e la religione in un’impeccabile ricostruzione storica. Perché tra le sue opere, all’ambientazione ricca e puntuale fa da sfondo lo spirito degli albori norreni, di un’ineluttabilità del destino che è sempre presente, di un crepuscolo finale che incombe e che pesa sulle spalle di tutti e tutte. Nonostante i vecchi dèi siano morti e sia il nuovo Dio, ora, a regolare la vita delle donne e degli uomini, i personaggi corrono e si muovono come fa Sól, che ogni giorno trascina il sole nei cieli inseguita dal lupo Skǫll, consapevole che, alla fine, la divorerà.
Undset vince il premio Nobel nel 1928 “principalmente per le sue potenti descrizioni della vita del Nord durante il Medioevo”, unica scrittrice norvegese, dopo i due colleghi Bjørnson e Hamsun a esserne insignita.

Sigrit Undset

E potente — e imponente — la narrazione di Undset lo è davvero. Potente, secca ed evocativa, così da schiaffare il lettore e la lettrice nel suo raccontare, immergendoli completamente nell’età di mezzo che ella toglie dal passato portandola a nuova luce. 
Nulla è lasciato al caso: non lo stile, che molto riprende da quello delle saghe medievali islandesi, percorso da tutta una serie di formule fisse che anticamente avevano la funzione di ellissi narrativa e circonlocuzioni; non le ambientazioni storiche, ricche di dettagli preziosi sul cibo, la vita quotidiana, le usanze religiose, le norme morali.

Undset è una profonda indagatrice e altrettanto profonda studiosa di ciò che la circonda e di ciò che le interessa. L’attenzione al dettaglio storico e alla ricerca puntuale li ha probabilmente ereditati dal padre, scienziato e archeologo, la cui morte, però, costringerà la figlia ad abbandonare gli studi che frequentava e ad iscriversi, adolescente, a scuole finalizzate alla formazione professionale. Si apre così la prima vita di Undset, una vita che la vede lavorare come segretaria, un impiego che detesta e maledice, perché anche lei, come i suoi personaggi, sente di avere un fato ineluttabile che la aspetta: la scrittura. E, con le notti come compagne di creazione letteraria, Undset corre incontro al suo destino.

Nel 1902 presenta un romanzo storico a un editore che lo rifiuta; nel 1907, riesce a pubblicare La signora Marta Oulie, un libro di genere sentimentale che ha un certo successo e che, trattando del tema dell’adulterio femminile, sconvolge la morale pubblica e le porta anche numerose critiche; nel 1911 esce Jenny e nel 1914 Vaaren. Sono romanzi di impronta prettamente femminista, realistici, nei quali la complessità umana è scrutata e descritta senza esser dimidiata delle sfaccettature che la caratterizzano. Queste opere, che pure le permetteranno di lasciare il lavoro da impiegata e di vivere di scrittura, sono però ancora l’embrione della grande penna che sarà in seguito. 

Sigrit Undset

Tra il 1920 e il 1922 pubblica, infatti,  in tre parti, Kristin, figlia di Lavrans. È il suo capolavoro, un’opera storica e monumentale che ripercorre la vita di una donna, Kristin, appunto, nella Norvegia del XIV secolo. Sigrid Undset si afferma come una tra le più grandi scrittrici contemporanee. Nel frattempo, nel 1912, durante un viaggio a Roma, conosce il pittore norvegese Anders Castus Svarstad, che sposa, lascia e dal quale ha due figli e una figlia. Come sempre avviene per le donne, la maternità mette a dura prova la professione di Under, che tornerà infatti a scrivere di notte, come quando era un’impiegata, ma lo farà, questa volta, con una consapevolezza maggiore, con una maturazione tale da pronunciarsi in maniera ferma e cristallina su tematiche come l’emancipazione femminile e la ricerca della realizzazione umana.

Il divorzio, la guerra e la malattia della figlia la portano a una discussione e a una riflessione tutte intime e personali che sfoceranno, nel 1925, nella conversione al cattolicesimo, in una visione della religione molto personale.  Nella Norvegia protestante è uno scandalo che le vale attacchi diretti e critiche violente, tutte cose che Undset riversa nelle sue opere traendone linfa e ispirazione. Quello che non ha fatto il bigottismo, lo compie il nazismo. Da attenta osservatrice del mondo e del tempo, Sigrid Undset è tra le prime intellettuali a opporsi con ferocia alla deriva nazifascista europea, e lo farà apertamente, a viso aperto e penna schierata. Nel 1933, i suoi libri sono bruciati nel rogo di Berlino. Nel 1940, con l’invasione tedesca della Norvegia, è costretta a scappare: una fuga rocambolesca che, dalla Russia all’ oceano Pacifico, la porterà fino a New York, negli Stati Uniti. Nel frattempo, la sua casa viene occupata e suo figlio morirà in guerra, portando l’odio di questa donna verso il nazismo a divenire assoluto. 

Sigrit Undset

Potrà tornare in patria solo nel 1945 e, nel 1949, vi morirà all’età di sessantasette anni.
Sigrid Undset è una delle penne più fini e aggraziate dell’intero panorama letterario internazionale. La sua è una scrittura monumentale, vichinga, che scalpita ancora del rumore degli zoccoli di Sleipnir, il destriero di Odino. Come lui, corre veloce, a far incontrare mito e religione, fede e morale, storia e modernità, in quell’ambientazione  prodigiosa che è la pagina di un libro.

Roma, foto di Ginevra Maccarrone
Lillehammer
Oslo

***

Articolo di Sara Balzerano

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Laureata in Scienze Umanistiche e laureata in Filologia Moderna, ha collaborato con articoli, racconti e recensioni a diverse pagine web. Ama i romanzi d’amore e i grandi cantautori italiani, la poesia, i gatti e la pizza. Il suo obiettivo principale è quello di continuare a chiedere Shomèr ma mi llailah (“sentinella, quanto [resta] della notte”)? Perché domandare e avere dubbi significa non fermarsi mai. Studia per sfida, legge per sopravvivenza, scrive per essere felice.

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