Inclusione

Da due milioni di anni la mobilità caratterizza la storia dei popoli, la migrazione è un fattore strumentale che ha permesso e garantito l’evoluzione del genere umano: l’andamento degli spostamenti non è costante, certamente però dipende dalle necessità di un singolo e/o dei gruppi di esseri umani e, soprattutto in questi ultimi secoli, dalle scelte politiche che sono messe in atto dai Paesi che si trovano al centro dei flussi migratori.
L’inizio del XXI secolo è segnato da alcuni picchi di spostamenti di milioni di persone che necessitano di muoversi ogni anno: i fattori di spinta e di attrazione sono, fondamentalmente, legati alla ricerca di un benessere psicofisico che il Paese o la città originari non possono garantire. Ogni anno migliaia di persone lasciano la Sicilia: tra il 2017 e il 2018 secondo i dati Istat si sono registrati oltre 11.000 trasferimenti di residenza verso il Nord dell’Italia o Paesi stranieri. Il 42% di chi migra è di sesso femminile, il 35% di queste donne ha una laurea. L’alta percentuale di presenze femminili che emigrano si registra anche nell’immigrazione sul resto del territorio italiano.

Vecchie foto di familiari a casa di Nilel G.

Le origini delle donne che giungono in Italia sono per lo più europee (58%), il 17,6% proviene dall’Asia, il 15,8% dall’Africa, tra queste il 15% richiede la protezione internazionale. Tali percentuali sono in linea, altresì, con quelle internazionali, raggiungendo il 48% dei flussi, tanto da poter parlare di femminilizzazione delle migrazioni, anche in quegli spostamenti che includono la lunga distanza, e sono sempre più numerose le donne che migrano da sole: nei Paesi sviluppati costituiscono il 51,6% dei flussi e il 43% in quelli in via di sviluppo. Indipendentemente dalla presenza maschile, le donne che migrano lo fanno per desiderio di emancipazione, per la forte volontà di migliorare la propria posizione economica e sociale, ma non mancano i casi in cui fuggono da situazioni pericolose.

In controtendenza all’emigrazione di Siciliani/e, è la presenza di persone straniere che scelgono la Sicilia come luogo in cui fermarsi e porre le proprie radici; nel 2018 la regione si è attestata al primo posto, fra le isole italiane, per maggiore presenza di popolazione straniera regolarmente soggiornante: il 39,3%, su 193.014 stranieri, sono donne. Tra le città siciliane, Palermo è quella con una maggiore attestazione di straniere/i. In relazione al ruolo rilevante delle donne all’interno delle dinamiche migratorie, si è pensato di indagare la migrazione femminile a Palermo ponendo al centro della ricerca le storie che parlano di inclusione, titolo stesso del progetto. Il termine “inclusione”, in ambito scientifico, serve a indicare l’azione di includere, inserire un elemento in un insieme; in ambito sociale indica l’appartenenza di un individuo a un gruppo di persone, all’interno del quale la condivisione contribuisce alla crescita di ogni singolo elemento del gruppo stesso. La scelta di narrare le vicende di Palermo è legata sia alla storia pluristratificata della città sia ad alcune scelte prese in ambito sociale dalla locale pubblica amministrazione.

Vecchie foto di familiari di Jerusa B.

La storia del capoluogo siciliano è caratterizzata dalla presenza di differenti gruppi umani che hanno convissuto nell’assoluto rispetto delle culture originarie, proprio per queste ragioni Palermo è considerata città accogliente, caratteristica che si cela anche nel toponimo greco Panormos, ovvero “tutto porto”, peculiarità resa maggiormente evidente nell’area in cui sono i resti di quell’antico approdo perché dedicata, dal 2017, alla migrazione. Lungo il porto da diporto e turistico palermitano, nell’ottobre del 2017, sono state poste delle lastre toponomastiche con la scritta: «Lungomare delle migrazioni» in otto differenti lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, ebraico, tamil e cinese) con dei QR code contenenti informazioni storiche sull’approdo più antico della città.
Oltre alla storia anche le politiche sociali del Comune di Palermo sono legate alla mobilità umana internazionale, tanto che nel mese di marzo del 2015 si è tenuto un convegno dal titolo Io sono persona. Dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto umano, al cui termine è stata firmata la cosiddetta Carta di Palermo, una dichiarazione di intenti riguardo ai temi dell’integrazione e del diritto alla mobilità internazionale: «la mobilità umana costituisce un fattore strutturale della nostra società e non una questione di sicurezza».

Inclusione è un progetto in fieri che vede messi insieme due diversi media: fotografia e videointervista, nato da un’idea di Iolanda Carollo, realizzato dall’ideatrice con Alberto Gandolfo, Simona Scaduto e Giuseppe Tornetta, prodotto da ÉgliseLab, luogo creativo interamente dedicato alla ricerca, ideazione e produzione di progetti fotografici. Fondata a Palermo nel 2016 con lo scopo di promuovere la cultura visiva attraverso attività espositive, di formazione e di scambio professionale, avvalendosi della collaborazione di professionisti e operatori del settore con cui realizzare le molteplici attività. Le donne coinvolte provengono da diversi Stati dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Africa, vivono a Palermo per scelta e qui hanno costruito la loro storia contribuendo, attivamente, alla vita sociale e culturale della città, sono individui perfettamente inclusi, sono e si sentono incluse.
Le videointerviste e le fotografie sono state raccolte all’interno delle abitazioni delle protagoniste, con l’intento di registrare i racconti delle loro vite alla ricerca dello spirito dei luoghi che portano con loro negli oggetti, nei ricordi, nelle tradizioni e nelle parole, in modo da evidenziare come questi racconti individuali possano diventare corali, perché non riguardano più una singola persona ma tutta l’umanità. Le risposte alle domande loro rivolte indagano il loro vissuto passato e presente, sono una sorta di anatomia delle loro vite e delle loro emozioni e aprono scenari incredibili, perché dietro la scelta di migrare c’è sempre una storia, dolorosa o felice, che si lega a quanto è vissuto nel luogo che si sceglie per ricominciare una nuova storia, fatta di speranze e realtà: questo fa di Inclusione un’indagine che dal visibile arriva all’invisibile.

Di speranza sono le storie di Iwona K. e Nilel G., la prima di origine polacca a Palermo da trenta anni, la seconda venezuelana in Sicilia da due anni, ma in Italia da un decennio.

Nilel G.

Iwona è una neonatologa, lavora da decenni all’interno del reparto di terapia intensiva neonatale di un ospedale, qui ha fondato la Banca del latte umano donato, mettendosi in rete con le altre presenti sul territorio italiano, è la prima in Sicilia e opera affinché altre ne vengano aperte, obiettivo al quale lavora collaborando con i genitori che incontra lungo il suo percorso e che hanno i propri figli ricoverati in attesa di poter lasciare la terapia intensiva. Nilel in patria, abbandonata con la madre e il padre per la pessima situazione politico-sociale, ha lasciato un sogno che vorrebbe realizzare a Palermo, dove sente di aver finalmente trovato casa: riuscire ad avviare un’attività legata all’agricoltura biodinamica.

«Palermo è cambiata tanto, l’ho vissuto questo cambiamento, Palermo con tutti i contrasti che presenta, con tutte le culture che ha, è una città che non smetti mai di scoprire, ancora oggi mi stupisco di quel che si riesce a scoprire». Sono le parole di Annette L., originaria della Germania e in Sicilia da trent’anni perché qui ha incontrato suo marito. A Palermo, Annette oltre dieci anni fa ha fondato un’associazione di genitori interessati alla vita sociale e culturale dell’infanzia, che organizza attività ed eventi per migliorare la vita dei più piccoli e piccole, sfruttando le possibilità offerte dal territorio e collaborando con altre realtà palermitane, al fine di valorizzare i diversi contesti cittadini.

Contribuiscono anche Benedicta B., Jerusa B. e Lydia A., rispettivamente a Palermo da cinque, da trentasette e da sei anni. Jerusa, originaria di Capoverde, è una cantante che per la scrittura dei suoi testi si ispira al repertorio tradizionale siciliano e capoverdiano e si dedica all’insegnamento di musica e canto in una scuola materna. Lydia, ucraina, insegna euritmia in una scuola che segue la pedagogia Waldorf, infine Benedicta, tedesca, tiene un laboratorio di teatro creativo in lingua inglese.

Annette L.
Jerusa B.
L’angolo musicale di Jerusa B.

La cifra del progetto Inclusione è, dunque, la volontà di contribuire allo sviluppo di una maggiore consapevolezza e partecipazione civica informata che possa garantire il progresso di comunità inclusive e accoglienti. Oggi più di sempre, agevolare il successo dell’inclusione è un imperativo democratico e anche demografico, il raccontare le storie delle donne migranti attraverso le immagini e le videointerviste permette di avvicinarsi ad alcune realtà molto complesse.

Concludo con una delle frasi preferite da Mandana A., odontotecnica di origini iraniane e a Palermo dal 1989: «La mia città è dove poggio i miei piedi».

Mandana A.
Tappeto iraniano in casa di Mandana A.
Tipica teiera iraniana in casa di Mandana A.

Per saperne di più:

AA.VV., V rapporto migrazioni in Sicilia 2017, in “Mimesis”, 2018.
Marta Capesciotti (a cura di), Quante sono e da dove vengono le migranti, in Sabrina Marchetti, La migrazione fa bene alle donne?, in “InGenere”, 23/06/2017.
Mara Tognetti, Donne e processi migratori tra continuità e cambiamento, in “ParadoXa”, anno X n.3, luglio/settembre 2016, pp. 69-88.

www.istat.it
www.integrazionemigranti.gov.it

In copertina: vecchie foto di familiari di Annette.

***

Articolo di Iolanda Carollo

Fotografa e operatrice culturale, è laureata in Conservazione dei Beni Culturali e specializzata in Archeologia a Lecce. Si avvicina alla fotografia frequentando workshop con autori del panorama nazionale e internazionale e nel 2016 fonda Église, promuovendo la cultura visiva, di formazione, di scambio professionale, di ideazione e produzione di progetti editoriali.

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