Poveri e semplici. Anna Maria Ortese

Anna Maria Ortese (Roma 13 Giugno 1914-Rapallo 9 Marzo 1998) è una scrittrice italiana del Novecento quasi dimenticata, più criticata che letta. Il mondo intellettuale del suo tempo, in gran parte maschile, l’ha etichettata e a volte denigrata. Pietro Citati, che le voleva bene, diceva di lei che era una “zingara sognante”. E per fortuna. Non sempre è stata trattata bene questa piccola donna dai capelli neri, timida ma anticonformista, che non amava i salotti. Una donna quasi del tutto autodidatta che aveva deciso di scrivere.
La scrittura sarà il suo mestiere: non potrà farne a meno, per vocazione, a volte per necessità. La sua vita fu un continuo peregrinare fin da piccola. Suo padre, funzionario statale, era di Caltanisetta, sua madre era di Napoli. Per lavoro e per eventi bellici, la sua famiglia si spostò in luoghi sperduti del Meridione, per finire anche in Libia. Anna Maria Ortese respirò fin dall’infanzia mancanza di affetto e solitudine. Fra tutte le città è Napoli che scelse come luogo del cuore, Napoli dagli odori forti, nel suo vociare maleducato (vedi Il mare non bagna Napoli).
Nonostante tutte le difficoltà nel 1937, a soli 23 anni, l’Editore Bompiani pubblica il suo libro Angelici dolori. Sempre nel 1937 si sposterà a vivere al Nord: prima Firenze, poi Trieste e Venezia. Nel 1945, a guerra finita, Ortese tornerà a Napoli. Collaborerà alla rivista Sud. Nel 1950 verrà pubblicato L’infanta sepolta e nel 1953 Il mare non bagna Napoli. Nel 1975 Rizzoli pubblica Il porto Toledo. Anna Maria Ortese non fu solo una scrittrice, anche i suoi reportage di viaggio meritano di essere ricordati (Il treno russo, Viviani Editore, Roma, 1994).

L’opera di cui ci occupiamo Poveri e semplici venne pubblicata la prima volta a Firenze dall’editore Vallecchi nel 1967. Nello stesso anno vinse il Premio Strega, in copertina un moderno Joan Mirò. Dice la scrittrice del suo libro: «Mi premeva raccontare la breve storia di una fede». La città in cui si svolge la vicenda è Milano, la fede è il comunismo. La protagonista è la stessa giovane Anna Maria Ortese quando arriva nella grande città del Nord, la città nella quale ha cercato la vita che il Sud abbandonato del dopoguerra le negava. Bettina vive in una famiglia anomala, una famiglia non tenuta insieme da legami di sangue ma da ideali politici e necessità economiche. La giovane si muove con timidezza nel gruppo di intellettuali che abitano la casa. «Eravamo, malgrado ciò, veramente artisti? O semplicemente comunisti? O dei poveri sbandati? Chissà». Il libro ci racconta un’epoca lontana quando gli intellettuali di sinistra si scontravano su posizioni che facevano la differenza e per l’appartenenza a un gruppo politico si potevano rompere amicizie di lunga data. Ma la vicenda che rimane centrale è la ricerca di amore e di autonomia di una donna vissuta quasi cento anni fa, però sempre attuale anche per una giovane lettrice dei nostri giorni.
Fu senz’altro una scrittrice scomoda, a volte difficile da avvicinare. Il suo sguardo intransigente sul mondo e soprattutto sulle persone, non le fecero avere buoni rapporti relazionali. Se la sua vita fu sempre segnata da separazioni dolorose, da incomprensioni e mancanza di riconoscimento, una sola figura familiare le fu accanto. Con la sorella Maria tornerà al Nord, a Rapallo in Liguria, dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni.
Anna Maria Ortese assomiglia a una figura tragica del mondo greco, forte e fragile insieme. Nelle sue storie realistiche o surreali protagonista è sempre l’amore o il dolore, spesso la natura incontaminata che ha bisogno di essere accolta, rispettata, anche un sasso è un essere vivente. Due donne l’amarono molto. Gabriella Fiori (Anna Maria Ortese o dell’indipendenza poetica, Bollati Boringhieri, 2002), insegnante e scrittrice, trovò in Anna Maria Ortese che l’apostrofò con l’acronimo del suo nome, A.M.O., una vicinanza del cuore, una nuova Simone Weil. Lina Sastri, attrice napoletana, la portò in teatro. Amava il suo coraggio, la sua sfrontatezza «parla come gli uomini», diceva, non era poco per quel tempo. Sarà Dario Bellezza nel 1986 a promuovere una raccolta di firme affinché le venisse assegnata la pensione prevista dalla legge Bacchelli. Solo in tarda età, la scrittrice aveva ormai 79 anni, ottenne un maggior successo di pubblico con Il Cardillo innamorato, edito da Adelphi, la casa Editrice che aveva ristampato alcune sue opere già dal 1986. Questo libro a carattere autobiografico riporta al centro della sua narrativa la passione travolgente per la politica e il sociale. Temi questi che rendono Poveri e semplici un libro che testimonia una idealità oggi sempre più difficile da riconoscere e perseguire. Poco prima della sua morte, il comune di Napoli le aveva assegnato un appartamento nei quartieri Spagnoli ma non tornerà più nella città partenopea. Presso il Palazzo delle Arti di Napoli, dal 2002, nell’archivio, è depositato parte del suo patrimonio letterario a opera della nipote Rita Ortese.

Anna Maria Ortese

Poveri e semplici

Vallecchi editore, Firenze, 1967

pp. 163

In copertina: l’autrice.

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Articolo di Luciana Marinari

Insegnante di scuola primaria per quasi quarant’anni, ha conseguito nel 2010 il Master Insegnare italiano agli stranieri presso la facoltà di Lingue di Urbino. Studiosa del pensiero della differenza, ha frequentato seminari di lettura e scrittura con Gabriella Fiori, studiosa di Simone Weil. Relatrice a incontri culturali sul tema della differenza, ha pubblicato articoli su riviste specializzate. Insegna italiano per stranieri presso il comune di Senigallia (AN) dove risiede.

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