Arte liberata

Durante l’ultimo conflitto mondiale (e speriamo di poter dire ancora “ultimo”!)  un buon numero di solerti Soprintendenti e funzionari dell’Amministrazione delle Belle Arti si resero interpreti di una eroica impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale. Ce lo racconta una interessante mostra, aperta a Roma alle Scuderie del Quirinale dal 16 dicembre 2022 al 10 aprile 2023, Arte liberata 1937-1947, un omaggio a donne e uomini che rischiarono la loro vita per l’interesse comune. Oltre agli oltre cento capolavori salvati dalla guerra, la mostra offre un ampio repertorio documentario su questo momento drammatico della nostra storia, poco noto, in cui si sono distinte persone lungimiranti, consapevoli del valore educativo e identitario dell’arte.

L’indovina – G. B. Piazzetta; Discobolo – Lancellotti; Ritratto di A.Manzoni – F. Hayez

La mostra si articola su tre principali filoni narrativi. Il primo, Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, si riferisce alle cessioni di opere d’arte che i gerarchi fascisti favorirono per assecondare le brame collezionistiche di Adolf Hitler ed Hermann Göring.

Il secondo nucleo, Spostamenti e ricoveri, racconta le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale disposte dal ministro dell’educazione Giuseppe Bottai con l’aiuto di zelanti sovrintendenti che nascosero i beni culturali dovunque li ritenessero più al sicuro, nel Lazio, in Toscana, a Napoli, in Emilia e nel Nord Italia.

Il terzo ed ultimo filone, La fine del conflitto e le restituzioni, prende in considerazione, al termine della guerra, l’avventura delle restituzioni dei beni trafugati dai nazisti con oltre seimila opere ritrovate.

Un’occasione unica per ammirare, per la prima volta riunite nello stesso luogo, opere di altissimo valore artistico fortunatamente sopravvissute alle rovine belliche e alle bramosie naziste: dal Discobolo Lancellotti alla Danae di Tiziano, dal ritratto di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.

Danae – Tiziano
Madonna con Bambino e angeli detta Madonna di Senigallia – Piero della Francesca (part.)

Opere che sarebbero andate distrutte o sparite, se qualcuno o qualcuna non avesse lavorato perché fosse imballata, nascosta, trasportata, salvata. E, se oggi possiamo godere della loro visione, è solo grazie a queste persone, che hanno fatto in modo che non andassero perse per sempre, anche a costo della propria vita.

Accanto a Giulio Carlo Argan, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, e Rodolfo Siviero, troviamo quattro donne: Palma Bucarelli, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli e Jole Bovio. Sono state definite le Monuments Women, la controparte al femminile dei Monuments Men: quattro donne che operavano tutte nell’ambito dell’arte e hanno sentito il dovere di preservarla, in tre differenti parti d’Italia, Noemi Gabrielli a Torino, Fernanda Wittgens a Milano, Palma Bucarelli a Roma, Jole Bovio a Palermo. Donne colte, preparate e appassionate, le cui vicende avventurose hanno illuminato con il loro coraggio gli anni bui del secondo conflitto mondiale.

Palma Bucarelli è stata la prima e una delle più importanti direttrici di un museo pubblico in Italia, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, di cui è stata nominata soprintendente giovanissima, a vent’anni, nel 1941, e lo è rimasta fino al 1975. Durante la guerra è stata promotrice di un avventuroso salvataggio di opere d’arte: a quattordici mesi dall’inizio della guerra con un’operazione di salvataggio rocambolesca, sotto il naso dei nemici o viaggiando il più delle volte di notte per eluderli, trasferì le opere prima presso Palazzo Farnese di Caprarola e in seguito presso Castel Sant’Angelo nel 1943. Lei stessa definirà, poi, questo continuo spostarsi tra la capitale e la campagna romana come una follia. Non è un caso il soprannome “Palma e sangue freddo”, datole dall’amico Renato Mazzacurati.

Palma Bucarelli, ritratta da Alberto Savinio

A Fernanda Wittgens va riconosciuto un doppio impegno, in primo luogo si premurò personalmente, al profilarsi del conflitto mondiale, di mettere sotto chiave in luoghi sicuri le opere della Pinacoteca di Brera, di cui era direttrice, del Poldi Pezzoli e della Quadreria dell’Ospedale Maggiore, e un mese dopo la Liberazione, si assunse l’impegno della ricostruzione degli edifici di Brera (26 sale su 34 erano state distrutte). Si prodigò anche per aiutare conoscenti ebrei a trovare un rifugio oltre confine per sfuggire alle persecuzioni razziali. Venne tuttavia scoperta e detenuta presso il carcere di San Vittore, dove scontò gli anni di pena rifiutandosi sino alla fine della sua detenzione di chiedere la grazia a Mussolini. A lei la Rai ha dedicato recentemente una fiction interpretata da Matilde Gioli.

Matilde Gioli nella fiction Rai Fernanda

Noemi Gabrielli, da ispettrice presso la Soprintendenza all’arte medievale e moderna del Piemonte e della Liguria, eseguì un approfondito censimento del patrimonio storico artistico, pubblico e privato, nelle due regioni. Allo scoppio della guerra collaborò al piano di protezione dei dipinti della Galleria Sabauda e dei beni d’arte medievale e rinascimentale esposti nelle chiese della Valle di Susa e della Valle d’Aosta, e al loro trasferimento nel castello di Guiglia. Quando, con l’aggravarsi della situazione, il rifugio di Guiglia divenne poco sicuro, si decise di ricollocare le opere nelle chiese da cui erano state prelevate, operazione in cui la Gabrielli svolse un ruolo fondamentale accompagnando personalmente molte delle casse contenenti le opere d’arte, mettendo così in pericolo la sua stessa vita durante le missioni notturne. Dopo la fine del conflitto mondiale, si impegnò nella riconsegna delle opere alle rispettive sedi e, nominata Soprintendente alle Gallerie per il Piemonte nel 1952, affrontò il problema di una nuova sistemazione della Galleria Sabauda.

Jole Bovio (sx)-Noemi Gabrielli (dx)

Jole Bovio, sempre pronta a battersi per i diritti delle donne, sostenne la battaglia delle suffragette per il voto; fu membro della Fildis, la prima associazione femminile internazionale presente a Palermo e socia fondatrice e poi presidente del Soroptimist Club di Palermo. Direttrice della Sovrintendenza archeologica della Sicilia Occidentale dagli anni Trenta fino agli anni Sessanta, durante la seconda guerra mondiale, poiché tutta l’ala meridionale del museo archeologico regionale Antonino Salinas a causa di una bomba era completamente devastata, si occupò del trasferimento dei reperti custoditi presso il Museo spostandoli personalmente presso il convento di San Martino delle Scale. Al termine della guerra si impegnò nella ricostruzione e risistemazione del museo.

Sono storie incredibili e poco note, di cui abbiamo bisogno per conoscere ciò che le donne hanno fatto e che è stato deliberatamente sottaciuto.

In copertina: locandina della mostra Arte liberata alle Scuderie del Quirinale.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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