Mesopotamia, Siria, Egitto. Alimentazione, modelli e ambiente

«Da sempre milioni di uomini e donne ripetono il gesto del cibo dedicando tempo alla preparazione e al rito del consumo; in questo gesto quotidiano è depositata la saggezza, la sapienza, l’azzardo e la cultura dell’umanità. Homo Edens, Giuseppe Riccardo Ceni».

L’alimentazione è l’elemento essenziale di ogni cultura per conoscere le vicende storiche di un popolo. Dopo la fine delle glaciazioni, tra i 10.000 e gli 8.000 anni fa, si verificò un passaggio decisivo tra le popolazioni nomadi che modificarono le loro abitudini di vita. L’attività quotidiana era il procacciamento del cibo e per procurarselo trasmigravano, risalendo fiumi e girando montagne; questo processo avvenne grazie alla cosiddetta Rivoluzione agricola e alla capacità di coltivare i terreni addomesticando le piante, dando un impulso alle prime forme di vita associandosi ad altre comunità e divenendo sempre più sedentari.

In Mesopotamia, nella vasta pianura fra i due fiumi Tigri ed Eufrate, collocata tra Africa, Asia ed Europa, oggi appartenente quasi tutta al territorio dell’Iraq, si svilupparono prima che altrove civiltà fondate sulla trasformazione agricola del territorio, almeno così permettono di ipotizzare le scoperte archeologiche fatte fino a oggi. Sulla dieta alimentare della Mesopotamia si conosce ben poco, ciò che sappiamo si trova in documenti amministrativi, resoconti diplomatici e testi letterari redatti dalle amministrazioni e dalle cancellerie cittadine, più raramente da testimonianza archeologica o etnografica sulla società pastorale. La domesticazione di alcune specie vegetali divenne la principale attività umana per lo sviluppo della cerealicoltura: l’orzo, per l’elevata resistenza al clima e i rendimenti agricoli, e i suoi derivati costituirono l’alimentazione tipica della dieta mesopotamica. Il consumo di frumento rimase per molto tempo limitato per la caratteristica di queste piante, perché al momento della raccolta la fragilità del rachide si frantuma disseminando i chicchi; la stessa manipolazione alimentare era laboriosa per la difficoltà di separarli dall’involucro. La transizione dalle specie selvatiche a quelle coltivate di cereali determinò cambiamenti nell’attrezzatura: dalle semplici lame si passò ai falcetti, strumenti più innovativi per il raccolto delle graminacee, all’aratro a trazione animale che accelerò il procedimento di aratura e di semina e alla slitta trebbiatrice per la trebbiatura.

Mesopotamia, scavi archeologici di Ur (Mesopotamia meridionale), vasellame e contenitori destinati probabilmente alla conservazione e alla preparazione degli alimenti

Nella Mesopotamia meridionale il terreno era molto arido rispetto a quello settentrionale, le zone umide erano caratterizzate da stagni e paludi, uno ostacolo per l’agricoltura delle popolazioni locali che adottarono diverse tecniche di coltivazione: “l’agricoltura a bacino” che consisteva nel sommergere piccoli appezzamenti di terreno, “l’agricoltura a solco” basato su una fitta rete di canali di irrigazione e di drenaggio utili per ridistribuire e sfruttare le risorse idriche, in cui i campi di forma rettangolare erano disposti perpendicolarmente al canale a lisca di pesce, dal canale principale l’acqua veniva immessa nei solchi scavati a fianco dei terreni per un notevole impiego delle risorse. Queste innovazioni in pochi decenni fecero aumentare in modo esponenziale la produzione agricola, secondo la stima di Mario Liverani (Roma, 10 gennaio 1939) archeologo orientalista, il surplus agricolo cerealicolo per la sopravvivenza della comunità durante il periodo Ubaid, sito iracheno da cui prende il nome l’ultima fase preistorica della Bassa Mesopotamia, era raccolto nei magazzini silos del villaggio. Inoltre, dalla documentazione epigrafica si evince che l’utilizzo dei frutti aveva largo impiego nelle offerte alle divinità, nei riti funerari e anche nei consumi di mele, pere, fichi, melagrane, noci e pistacchi.
L’impianto di un frutteto richiede un investimento consistente e un periodo lungo affinché gli alberi giungano a maturazione, tanto che questa attività era tutelata ed erano previste multe e punizioni per chi avesse danneggiato le piante. Altre colture arboree erano la vite importata dall’Anatolia Sud-est e dalla Siria – il vino aveva una notevole importanza nel mondo Mesopotamico come bevanda inebriante per uso cerimoniale – e la palma di datteri (Phoenix dactylifera) apprezzata per i suoi frutti, che erano la maggiore fonte di sostanze dolcificanti, un prodotto alimentare fondamentale.
Particolarmente diffuso era l’uso delle spezie, difficile identificarle perché erano raggruppate con un’etichetta generica, solo alcune sono state individuate: il coriandolo (coriandrum sativum), il cumino (cuminum cyminum) e il finocchio (foeniculum vulgare). Aglio e cipolla erano utilizzate come piante aromatiche, destinatari di questi prodotti erano le divinità e i personaggi di rango elevato, soprattutto le cipolle erano riservate a una cucina più ricercata. I vegetali costituivano la base della dieta, ma anche il consumo della carne in alcuni periodi storici della Mesopotamia era rilevante, nelle società antiche e nel Vicino Oriente aveva valenza religiosa e rituale, mentre in quelle pastorali il consumo rimase limitato per mantenere integro il valore patrimoniale delle greggi.

Gli scavi e le ricerche condotti nell’area siro-palestinese hanno stabilito che questa parte di mondo ha radici antichissime e risalgono alla prima metà del III millennio a.C. La scoperta degli archivi del palazzo reale di Ebla (l’odierna Tell Mardikh circa 40 Km a sud di Aleppo) e di altri archivi epigrafici di città della Siria interna, come Mari (sull’Eufrate) e Tell Beydar (non lontana dalle sorgenti del fiume Khabur) ha permesso di ricostruire le condizioni dell’agricoltura su cui prosperarono le prime società. La Siria dal punto di vista ambientale è caratterizzata da un clima mediterraneo e da terreni fertili nella zona costiera, mentre nelle zone più interne ricche d’acqua si contrappongono aree di steppe semi-aride in cui una modesta quantità di precipitazioni assicura un modello di agricoltura sufficiente.
La cerealicoltura era gestita da aziende («case» secondo la terminologia locale) controllate dal palazzo reale o date in concessione, con una manodopera organizzata in squadre di lavoratori e mantenuti con un sistema di razioni alimentari mensili a prescindere dalle usuali classi d’età (adulti, vecchi e bambini), semplicemente tra donne e uomini. L’agricoltura aveva rendimenti modesti perché priva di una considerevole rete di canali e inoltre privilegiava la varietà delle colture sulla quantità dei raccolti. L’orzo aveva una coltivazione consistente come le colture di frumento e di farro in diverse varietà; qui come in Mesopotamia la coltivazione di lenticchie e ceci era praticata non solo negli orti ma in appositi appezzamenti di terreno atti a essere arati. Le stesse aziende si occupavano di vigne e uliveti a seconda dell’esposizione e della qualità specifica dei terreni. Il meccanismo della ridistribuzione delle scorte alimentari e dell’immagazzinamento era decentrato, vi erano funzionari preposti al controllo delle grandi quantità di cereali e olio, questi erano presenti sia nella città di Ebla che nei sobborghi del circondario agricolo. Le razioni alimentari le riceveva tutta la popolazione indicate con il termine sě-ba che in sumerico significa «quota d’orzo», le quantità erano tutte diverse a base di cereali e utilizzate sia per gli alimenti solidi (pane o pappe di cereali), sia per la birra e distribuite sotto forma di granaglie o di farine. La carne non faceva parte degli alimenti distribuiti perché il suo consumo era documentato nelle occasioni cultuali (sacrifici alle divinità); il vino, bevanda inebriante, era associato alla festa culturalmente mediterranea che differenziava il mondo siro-palestinese da quello mesopotamico.

Egitto, ispezione del bestiame, modello di legno stuccato e dipinto risalente all’XI dinastia (fine del Primo Periodo Intermedio, III millennio a.C.) da Deir-el-Bahari (Museo Egizio, Il Cairo)

Contrariamente alla Mesopotamia e alla Siria, dagli scavi archeologici dell’antico Egitto sono emersi diversi documenti per la ricostruzione storica del passato sia in forma di raffigurazioni pittoriche e scultoree, sia in fonti scritte e ancora più direttamente da oggetti, strumenti e derrate alimentari conservate nelle tombe egizie. Il popolo egizio riteneva che la vita continuasse dopo la morte e che l’anima avesse bisogno di mangiare, di bere e di tutto ciò di cui godeva in vita. La fertilità della terra era eccezionale per la piena del Nilo che si ripeteva ciclicamente in estate, tanto che l’Egitto fu definito dallo storico greco Erodoto, già nel V secolo a.C. «dono del Nilo». L’agricoltura egizia come altrove si trasformò da itinerante a stanziale, i primi insediamenti erano concentrati nel bacino del Nilo che nasce dai laghi equatoriali dell’Africa, scorre verso il Nord e sfocia nel Mediterraneo e grazie alla sua peculiarità si estese per millenni. La coltivazione dei cereali era una delle attività principali degli egizi favorita dalla quantità fertile di limo rilasciato dalle inondazioni del Nilo che consentiva due raccolti l’anno, tuttavia avevano realizzato, in caso di carestia, dei sistemi di canalizzazione per l’irrigazione artificiale delle terre curata dal potere centrale che gestiva il sistema, la costruzione, la manutenzione dei canali e la distribuzione equa delle risorse idriche.

In particolare producevano: il farro (triticum dicoccum), un tipo di frumento (triticum aestivum), e l’orzo (hordeum vulgare). I chicchi venivano macinati dalle donne con macine del tipo a sella, una volta puliti erano stivati dentro granai a forma di silos sotto il controllo degli scribi che registravano il numero dei sacchi versati nei granai; la farina ottenuta era utilizzata per fare il pane, la cottura avveniva su lastre di pietra arroventata, per alcuni tipi di pane bianco venivano utilizzate forme di terracotta preriscaldate ed era offerto anche agli dei nei templi. I pani d’orzo erano utilizzati per la fabbricazione della birra, sfornati prima della cottura completa venivano imbevuti di liquore di datteri e lasciati fermentare, quindi pressati e filtrati: la bevanda ottenuta era una birra molto alcolica conservata in giare tappate accuratamente; l’aggiunta di altri ingredienti variava il sapore e la gradazione della birra, mentre dalla fermentazione dei frutti o delle bacche si producevano altre bevande più o meno alcoliche. I cereali spesso costituivano lo stipendio dei lavoratori che scavavano le tombe dei faraoni, costituito da quattro sacchi di farro e uno di orzo, oltre la legna, il pesce e il sale, inoltre il pane e la birra erano la base delle offerte funerarie per i defunti.
Gli olii più utilizzati erano l’olio di sesamo, di lino e in particolare l’olio di bak ricavato dalla noce di moringa, alcuni papiri attestano che molti olii erano utilizzati sia per usi alimentari che medici e cosmetici. I condimenti usati in cucina erano il sale e le erbe aromatiche come il ginepro, l’anice, il coriandolo, il cumino, il prezzemolo e il finocchio. Molto apprezzata era la frutta selvatica come le giuggiole e le noci di palma dum.
I giardini delle ville dei dignitari e gli orti dei contadini abbondavano di tuberi e rizomi, cipolle, porri, aglio, sedano, cetrioli, fave e ceci, la lattuga era ritenuta sacra al dio Min, protettore della fecondità. La pesca e l’allevamento degli animali erano molto praticati per scopo alimentare, erano allevate anche le api, gli alveari erano realizzati dentro vasi di coccio a forma di doppio cono aperto da due lati e disposti orizzontalmente, il prodotto era sottratto alle api scacciandole con il fumo, il miele era impiegato per alzare il tasso alcolico del vino e per fare i dolci.

Immagini tratte da AA.VV., Atlante dell’alimentazione e della gastronomia, I vol. “Risorse, scambi, consumi”, ed. UTET, Torino 2004.

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Articolo di Giovanna Martorana

PXFiheft

Vive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo.

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