Senso di marcia. 24 Marzo 2023. Abilità e disabilità

La quinta giornata del progetto Senso di marcia è intitolata Abilità e disabilità ed è dedicata a discutere i temi delle discriminazioni contro le persone disabili, delle difficoltà da loro incontrare soprattutto a scuola e delle loro abilità o talenti, focalizzandosi sulle loro esperienze. A condurre è Chiara Baldini, mentre a intervenire sono state Manila Cruciani, Giusy Rubechini, Tiziana Concina, Valeria Pilone, Vanessa Sabbatini e Marta Vischi.

La disabilità è un costrutto culturale, un concetto che è mutato assieme all’umanità: nell’antichità era considerata una maledizione divina che spingeva genitori e comunità a sbarazzarsi delle/degli infanti considerati deformi; il cristianesimo, ponendo l’accento sul valore delle singole vite, ha posto fine a queste pratiche ma non alle discriminazioni. Bisogna aspettare i tempi moderni per vedere un significativo miglioramento e ancora oggi le difficoltà sono muri difficili da valicare tra mancanza di finanziamenti, ignoranza, progressi medici ancora in corso e pregiudizi. È certo ironico che è stato grazie al filosofo tedesco Martin Heidegger che abbiamo avuto uno dei più grandi passi avanti a favore delle persone disabili: nazista convinto nonostante scelte contraddittorie – amò Hannah Arendt, filosofa ebrea – egli era però convinto che l’essere umano nascesse in un mondo a lui o lei sconosciuto e per questo terrificante, senza che nessuno glielo abbia chiesto; questo ci getta in uno stato di perpetua angoscia. La buona notizia è che tutti noi condividiamo questo destino, ed è da questa comune sofferenza che possiamo trarre la soluzione: la cura del prossimo, restituire alla persona di cui mi sto occupando la libertà di badare a sé stessa, essere un appoggio fino al raggiungimento dell’autonomia – e non dominare o controllare. Per dirla in altri termini, insegnare alle persone a pescare invece che fornire loro solo del pesce di modo che potranno continuare a nutrirsi anche senza aiuto.

Chiara Baldini prosegue il suo intervento raccontando tre storie di suoi alunni a partire da Fabrizio (i nomi sono tutti di fantasia). Fabrizio va in ipossia durante il parto e questo lo lascia completamente paralizzato: non può parlare o muoversi e deve essere imboccato. Nel corso della sua carriera scolastica è stato sempre seguito dalla stessa educatrice. È stata lei a scoprire il talento per la scrittura di Fabrizio: al contrario di altre/i colleghe/i, l’educatrice aiutava la sua mano a muoversi invece che forzarla e col tempo Fabrizio è stato in grado di scrivere in modo autonomo, mostrando una lucidità di pensiero che nessuna/o pensava avesse. Oggi è scrittore di teatro.

Il protagonista della seconda storia è Dario che aveva una malattia progressiva e debilitante, e giunto all’adolescenza non era più in grado di camminare o scrivere. Un giorno venne in aula con una felpa gialla; un suo compagno iniziò a canzonarlo prima che Dario spiegasse che era stata la madre a scegliere quella felpa perché non era più in grado di aprire l’armadio da solo. Il giorno dopo tutti i suoi compagni entrano in classe con un indumento dello stesso colore giallo in segno di solidarietà, compreso il compagno che lo aveva canzonato. Il gesto è stato ripetuto in occasione del funerale di Dario, purtroppo venuto a mancare a 28 anni nel 2021.

Nella terza storia Roberto venne adottato da una famiglia che si rifiutava di farlo crescere e continuava a trattarlo come un bambino, e che per questo mostrava un carattere irrequieto e molto instabile, nonché difficoltà a crescere; appena venne tolto da quell’ambiente debilitante subito mostrò un miglioramento enorme, a riprova di quanto sia importante la comunità nel benessere dell’individuo.

Il secondo intervento è di Manila Cruciani che parla di come il kamishibai (di cui abbiamo parlato qui mettere link) è stato usato come strumento didattico presso la loro cooperativa Amodì Servizi Educativi, come nei progetti dedicati al cinema che coinvolgevano classi dell’infanzia e dove bambini e bambine erano invitate a rielaborare la storia di un film che avevano visto. In un altro progetto sono stati invece coinvolti i ragazzi e le ragazze del liceo scientifico di Terni, in gita alle cascate delle Marmore, dove hanno conosciuto la flora locale, e agli scavi archeologici di Carsio, dove hanno parlato della migrazione in epoca romana, informazioni che hanno poi rielaborato in un kamishibai. In un terzo progetto sono state coinvolte donne migranti residenti a Terni, che hanno parlato della loro esperienza di viaggio e di apprendimento della lingua italiana. Uno strumento che incarna il vero potere della letteratura.

Il terzo intervento è di Marzia Longo, che parla dell’esperienza di suo figlio affetto da Adhd (Sindrome da deficit dell’attenzione). A causa delle difficoltà di linguaggio il piccolo subì del bullismo da parte di compagni di classe ed ebbe difficoltà a comunicare con i suoi stessi genitori; imparare ad ascoltarlo è stato fondamentale per aiutarlo a parlare meglio. Il percorso del bambino è stato un punto di svolta anche per i genitori, che si sono adattati alle sue esigenze e hanno imparato a non parlare per lui e a lavorare sulle sue abilità e a esaltare i sui punti di forza invece di mettere al centro la sua disabilità.

Il quarto intervento è di Silvia Bertolini, una ragazza affetta da fibrosi cistica. Alle superiori la sua condizione peggiorò richiedendo più ricoveri soprattutto nel periodo invernale. Il trapianto di entrambi i polmoni le permise di affrontare l’università e di viaggiare e di vivere come una ragazza sana; subì un altro trapianto durante il proseguimento universitario a seguito di un rigetto, e durante un esame i suoi bronchi si chiusero inaspettatamente: andò in arresto cardiaco a cui seguì un breve coma. L’assenza di ossigeno le lasciò alcuni danni neurologici. Il suo percorso riabilitativo venne reso più difficile dal covid – il vaccino la protesse dai sintomi più gravi della malattia. Riprendere in mano la propria vita non è stato facile, sia per lei sia per la sua famiglia, la quale è stata fondamentale per darle forza e superare i momenti più difficili.

Il quinto intervento è di Giuseppina Rubechini, che condivide la sua esperienza con la dislessia. I disturbi dell’apprendimento (Dsa) non rientrano nella definizione di disabilità correntemente usata nella legge 104: essi sono disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente, che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione. La diagnosi è fatta da un team di psicologi/ghe, logopedisti/e e psichiatri/e se avviene in età adulta. I Dsa sono la dislessia, l’impossibilità di apprendere cosa si legge; discalculia, difficoltà a fare calcoli; disrafia, difficoltà a fare riconoscere la propria grafia; e disortografia, fare molti errori grammaticali. I pregiudizi e gli stereotipi verso le persone con Dsa sono innumerevoli: spesso il bambino o la bambina viene vista come pigra e disimpegnata, e l’inizio del percorso per una diagnosi avviene spesso dopo aver sofferto numerosi disagi e traumi. Nel 2010 viene emanata la legge 170 per la loro tutela che riconosce dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia come disturbi veri e propri, assieme a delle linee guida per aiutare a programmare lo studio e il lavoro a cui si aggiungono delle misure dispensative come interrogazioni programmate, il preferire le verifiche orali a quelle scritte, tempi supplementari, ecc. I diritti delle persone con Dsa, nonostante nuove leggi e tante iniziative, non sono ancora rispettati: la poca informazione a riguardo porta a episodi di bullismo a cui spesso partecipano le stesse/i insegnanti che o non sono aggiornati o non vogliono applicare gli strumenti di supporto per il Dsa. A volte capita che i genitori rifiutino la diagnosi, creando ulteriori disagi nel loro figlio/a. In Italia l’Aid, Associazione italiana dislessia, è una delle realtà che si occupa di promuovere informazioni e fornire un punto di riferimento qualificato per genitori e insegnanti. L’Aid punta all’autonomia del/la giovane in vista dell’età adulta e a non far vivere il Dsa come una condanna: la collaborazione tra casa e scuola è fondamentale per salvaguardare la salute e il benessere di queste persone.

Il sesto intervento di Tiziana Concina, che parla di come il mondo della letteratura abbia affrontato la questione della disabilità. La stigmatizzazione e il rifiuto caratterizzano la maggior parte della storia della letteratura. È il Romanticismo e il Decadentismo che si approcciano da punti di partenza nuovi, andando oltre l’immagine di “normalità sanificata” della società media borghese. Fosca, di Iginio Ugo Tarchetti, è emblematico di questa tendenza: l’omonima protagonista femminile è affetta da una misteriosa malattia che le provoca crisi nervose e una forte magrezza; Giorgio, protagonista maschile, la trova ripugnante ma allo stesso tempo è attratto da lei e dall’amore che le dimostra, contrapposto all’amore della sanissima Clara. Nel Novecento si comprende quanto siano improprie le categorie che si usavano per classificare la realtà: l’idea che i sensi potessero assicurare la percezione della verità e il soggetto fosse garante della conoscenza crollano sotto il peso della teoria della relatività e della psicanalisi. Ironicamente, questo è anche il secolo che mette i/le disabili nei campi di sterminio nonostante la nuova sensibilità che permette di comprendere meglio le varie sfaccettature del reale. Zeno Cosini, l’inetto per eccellenza, protagonista de La Coscienza di Zeno, naviga la vita molto meglio di quelli che la società considera sani, proprio grazie a quel suo disagio mentale che diverrà poi il grande tema letterario del secolo. Pirandello punterà la luce sulla fragilità delle maschere che indossiamo ogni giorno, delle apparenze che nascondono dolore e vergogna come narra nei vari protagonisti delle Novelle per un anno o Uno, nessuno e centomila.
Il manicomio venne rappresentato in tante opere, come nelle poesie di Alda Merini e nei romanzi del meno conosciuto Mario Tobino, medico psichiatra che curò malati e malate mentali, prima della legge Basaglia. In Le libere donne di Magliano descrive senza alcuna censura la realtà dei manicomi e della condizione delle pazienti.

Italo Calvino, in La giornata di uno scrutatore, parla di uno scrutatore che va a raccogliere i voti in una casa di cura gestita da suore. Teme che il voto sia mediato dalle religiose ma presto si rende conto che discriminare fra chi è in grado di votare e chi non è in grado neanche di comprendere cosa sta scrivendo mette in discussione le sue convinzioni sul diritto di cittadinanza e della stessa definizione di umano. Lo scrutatore viene immerso in un mondo che vive parallelo alla realtà dei sani, che segue le sue regole e dove l’umanità si manifesta con l’amore.
Nella letteratura statunitense il disadattamento sociale fa da padrone più che la disabilità in sé. Il cuore è un cacciatore solitario di Carson McCullers parla di due non-vedenti: uno viene segregato in istituto, dove diventa portatore di pace grazie alla sua capacità di ascoltare, mentre l’altro rimane da solo col dolore prima di giungere a morte prematura.
Il cielo è dei violenti di Flannery O’Connor è la storia di due persone che appartengono alla stessa famiglia ma sono divise dalla loro opinione verso la religione. Nel contesto del fondamentalismo americano, una viene cresciuta convinta di essere un profeta che deve battezzare il cugino ateo maniacale. Tra queste figure agli antipodi c’è il figlio dell’ateo affetto da disturbi cognitivi, l’unico che riesce a imporre umanità tra due mondi radicalizzati.
Ne La storia di Elsa Morante il protagonista è il prodotto di uno stupro che viene alla luce quando l’Italia viene travolta dalla guerra. Capace di comprendere il linguaggio degli animali, è affetto da epilessia, il prezzo pagato per essere aperto al mondo, un agnello sacrificale che porta su di sé il dolore di tutta la storia.

L’ultimo intervento è di Marta Vischi, che dopo una analisi del film Il diritto di contare di Valeria Pilone e la spiegazione dell’Effetto Matilda di Vanessa Sabbatini (continua svalutazione della ricerca femminile, nonché i purtroppo numerosi casi di scoperte fatte da donne ma ricondotte a uomini) ci parla della disabilità nel mondo dello sport. Le donne hanno ancora oggi molte difficoltà ad affermarsi se non ad accedere ad alcune discipline, soprattutto quando queste sono pensate come praticate da uomini – si pensi alla fatica che facciamo a parlare di “arbitre” o “calcatrici”. Come se non bastasse, spesso non possono scegliere che completo indossare, costrette dalle federazioni a mettere indumenti spesso molto scoprenti che le mettono a disagio. Questo tema si lega a quello della sessualizzazione dei corpi delle sportive: le donne vengono denigrate se sono troppo scoperte nonostante non sia una loro scelta, o se il loro corpo risulta troppo mascolino per i gusti del pubblico, come nel caso delle lanciatrici del peso.

La parità di genere è ancora lontana nello sport, una mancanza che Toponomastica femminile intende aiutare a colmare. Per questo sono nate due mostre dedicate alle vincitrici delle Olimpiadi e delle Paraolimpiadi. In quest’ultimo caso sono state seguite due linee narrative: far conoscere quanto la componente femminile sia cresciuta nel corso del tempo – alle olimpiadi di Tokyo, per la prima volta, fu imposto che tutte le componenti femminili delle diverse nazioni dovessero essere almeno il 49% del totale, nella speranza che diventi poi la norma senza bisogno di forzare la mano con un regolamento ad hoc. La seconda linea narrativa racconta la storia delle singole atlete paraolimpiche; purtroppo, il sito ufficiale delle olimpiadi ha pochissime informazioni sulle atlete disabili, anche di fronte a numerose vittorie e successi. Da qui la necessità di far conoscere queste atlete, che si incarna nei pannelli dedicati alle storie di queste campionesse che sarebbero altrimenti gettate nel dimenticatoio.

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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