Camera d’autrice a Maria Messina

Le finestre socchiuse nei cortili, dedali di viuzze con piccole case di pietra, le donne sedute davanti l’uscio di casa intente a cucire o ricamare, il profumo del pane appena sfornato. Silenzi e rumori di piccole vite affannate di cui nessuno ricorderà più l’esistenza con lo scorrere inesorabile del tempo.
Sono questi alcuni quadri di quotidianità che ritroviamo tra le pagine della scrittrice siciliana Maria Messina. Una scrittrice ammirata da Verga, riscoperta da Leonardo Sciascia ma inspiegabilmente ancora poco apprezzata e poco conosciuta.

Era nata ad Alimena, nel cuore delle Madonie, tra le montagne della Sicilia il 14 Marzo 1887 e nel 1903 si trasferì a Mistretta con la famiglia, dove visse fino al 1909 e dove oggi è sepolta.
Il padre era un ispettore scolastico, soggetto quindi a continui trasferimenti e Maria visse per alcuni periodi della sua vita in Umbria, in Toscana, nelle Marche e in Campania. Aveva appena compiuto vent’anni quando fu colpita dalla sclerosi multipla, una malattia che le segnò un destino di semireclusione tra le pareti domestiche. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale si rifugiò a Masiano, una frazione a pochi chilometri da Pistoia, per tentare di sfuggire ai bombardamenti. Isolata in una casa di campagna la morte la colse all’alba del 19 Gennaio 1944.

Nella sua vita allacciò rapporti epistolari con Verga e Ada Negri. Quest’ultima fu l’autrice della prefazione a una sua raccolta di Novelle Le briciole del destino, pubblicata nel 1918. Così le scrisse la poeta: «Mia piccola sorella Maria, non ti conosco fisicamente ma mi sembra di conoscere bene la tua grande anima».
Continuarono le sue pubblicazioni di novelle con Pettini fini del 1909, Piccoli gorghi del 1911, Personcine e Ragazze siciliane nel 1921.
Alla Deriva (1920) fu il suo primo romanzo e da questa opera si evince chiaramente la sua cifra stilistica. Le sue parole fotografano dettagliatamente la provincialità e il perbenismo di cui erano intrisi alcune classi di popolazione, dove le figure femminili erano mute, eteree come fantasmi. Donne “vinte tra i vinti”, confinate in ruoli sempre subalterni, mute come pupattole di cenci. Donne che si muovevano tra scene di maltrattamenti, di pregiudizi, di gelosie e rivalità, di pregiudizi patriarcali che pesavano come macigni sulle loro vite. Un mondo con regole non scritte ma ferree, dove ogni tentativo di fuga risultava vano. Le stesse figure le ritroviamo ne La casa nel vicolo, dove chi legge si ritrova immerso in un tempo lontano, in panorami che ti riportano ai primi decenni del Novecento in Sicilia dove i personaggi sono spesso dei “vinti” e la prosa delle prime opere risente un po’ dell’influenza verghiana. In seguito la sua arte narrativa riuscì ad avere un’identità peculiare, personale e il suo “verismo” si nutrì delle emozioni, degli stati d’animo delle donne che si muovevano in “cantucci d’umanità”.

Fu definita da Leonardo Sciascia la “Mansfield siciliana”. La nipote Annie, anche lei scrittrice e anche lei obliata, così scrisse di lei: «Una giovane donna minuta con un visino pallido dai grandi occhi luminosi, incorniciato da una massa di fini capelli castani. La sua fragilità celava una forza d’animo non comune, la forza che le ci era voluta per denunciare, lei signorina di buona famiglia che avrebbe dovuto ignorare certe vergogne, quello che si celava dietro la facciata di case rispettabili, in cui la donna era tenuta in uno stato di soggezione prossimo alla schiavitù».

L’otto marzo di quest’anno l’associazione Toponomastica femminile gruppo di Licata ha aderito al Progetto “Camera d’autrice” e insieme ai proprietari della struttura ricettiva “Dimora San Girolamo” ha come ridato un risarcimento postumo a questa grande scrittrice. A lei è stato dedicato un suggestivo spazio in una delle stanze arredate proprio con i mobili dell’epoca e una piastrella artistica la ricorda con uno stralcio delle sue pagine più belle: «Dal cielo pioveva una calma luce di stelle e la casa nel vicolo non pareva più tanto triste».
Con questo delicato ma al contempo forte ricordo, forse anche Maria Messina avrà sorriso ritrovando un apprezzamento a lungo negato dai suoi stessi conterranei.

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Articolo di Ester Rizzo

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Giornalista, laureata in Giurisprudenza, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzoLe Ricamatrici, Donne disobbedienti Il labirinto delle perdute.

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