Lo scorso 31 marzo a Pistoia si è tenuto, nel Piccolo Teatro Mauro Bolognini, un convegno dedicato agli Istituti superiori della provincia, dal titolo Donne tra passato e presente. Un viaggio dalla letteratura foscoliana fino alla toponomastica femminile e alla psicologia moderna, a cui è intervenuta anche la rappresentante di Toponomastica femminile, che ha tracciato le linee delle molteplici attività dell’associazione e illustrato le problematiche relative alla “disparità” di genere. Al termine, intorno alle ore 12,30, tre rotatorie sono state intitolate a mestieri femminili tradizionali che le donne della città e delle vicine campagne svolgevano fino a non molti anni fa. La decisione, su cui si dibatteva da tempo, è partita dalla commissione comunale di Toponomastica dove siamo presenti e attivamente coinvolte; con la riunione del 19 gennaio scorso la scelta è stata resa ufficiale.

Ma quali sono questi mestieri e perché proprio questi? Naturalmente può essere solo l’inizio, qui e altrove, perché altri sarebbero comunque degni di ricordo per il ruolo sociale ed economico che hanno avuto nel passato: dalle balie alle tabacchine, dalle lavandaie alle setaiole. Cominciamo dalla rotatoria di via Toscana e dalle organare: sì, perché in città esiste una nobilissima, antica tradizione di costruzione di organi famosi in tutto il mondo ed esportati in Italia e all’estero. Due famiglie, Àgati e Tronci, ne avevano il primato, contendendosi in qualche modo il massimo successo e i risultati più prestigiosi. Almeno due figure femminili ebbero còmpiti attivi e decisionali, in tempi in cui alle donne erano riservate poche altre mansioni o addirittura erano assegnate esclusivamente quelle pur degne di mogli e madri. Maria Giustina Celeste Becarelli Àgati (1750-1815) a soli sedici anni si sposa, diventa madre di sei figli e forma con il marito Pietro Àgati un sodalizio affettivo e professionale. Dotata di un’abilità straordinaria, è sua stretta collaboratrice e diventerà la prima e unica donna dell’epoca a svolgere a Pistoia la professione di organara. Presto entra nell’impresa il figlio Giosuè che, insieme al nipote Nicomede, prosegue con crescente successo l’attività familiare, fino all’unione con i concorrenti Tronci, avvenuta nel 1883.
Polissena Tronci (1858-1886) apparteneva appunto alla famiglia concorrente, ma si dedicava anche con passione all’insegnamento in una scuola all’estrema periferia. I Tronci erano alla quarta generazione di imprenditori dediti alla produzione di strumenti musicali in cui le donne avevano un ruolo concreto e codificato in apposite convenzioni. Polissena, che era entrata nel mondo della scuola giovanissima, si occupava pure della numerosa famiglia, del cucito e della casa; per l’azienda teneva la contabilità e aveva una fitta corrispondenza con il padre spesso assente, perchè impegnato altrove nel montaggio di organi, prendendo con lui decisioni condivise. Nel 1884 si sposa, ma il 26 giugno 1886 – sorte purtroppo non rara all’epoca – muore nel dare alla luce il piccolo Ilo che non le sopravvive.


La seconda rotatoria, situata presso Porta San Marco, è stata prescelta per la cerimonia ufficiale e la vostra cronista ha avuto l’onore di partecipare alla scopertura della targa; quello delle ricamatrici rappresenta un simbolo forte per la città di Pistoia che ha nel settore una tradizione di eccellenza. Molte erano lavoranti in proprio, magari collegate a qualche sartoria per signora, altre assunte da ditte più o meno grandi che hanno realizzato corredi raffinatissimi per attrici celebri, nobildonne, personaggi della politica, della cultura e dello spettacolo.
In pieno centro oggi è possibile visitare un affascinante scrigno di meraviglie: il Museo del Ricamo, nato nel 2004 e gestito dal Moica (Movimento Italiano Casalinghe, sede di Pistoia), che custodisce tessuti ricamati provenienti principalmente dall’area toscana e pistoiese e si impegna a mantenere viva questa tradizione. Le esposizioni dei pregiati capi si alternano nel corso dell’anno: ciò dà modo ogni volta di trovare qualcosa di nuovo; impalpabili completi da notte, colletti, corredini infantili, corpetti, camicette in finissima seta, tovaglie per pranzi di gala, lenzuola e altri accessori per il letto, una serie di manufatti che desta stupore pensando alla fatica, al tempo, all’ingegno necessari per la loro realizzazione. Accanto a punti tipici, come gli “sfilati”, il “punto antico” detto anche “punto toscano” e il “punto Casalguidi”, si trovano tipologie di ricamo provenienti da varie città e nazioni (magnifici due pannelli di produzione cinese) e altre più moderne come il “punto Pistoia”, ideato dalle ricamatrici che collaborano con il museo. Il pezzo più antico e prezioso è il meraviglioso paliotto rettangolare ricamato con sete policrome, fili d’oro e d’argento. L’opera, ritrovata fortunosamente in un convento, fu eseguita nel 1601 per commemorare il miracolo avvenuto nel 1338 che aveva favorito la nascita della chiesa di Santa Maria delle Grazie o del Letto. Al centro si trova la Madonna con il Bambino e da qui si diparte un’elaborata decorazione a racemi vegetali, sui quali si alternano varie specie di piante, fiori e animali di valenza simbolica, così realistici da sembrare veri: farfalle, lumache, lucertole, piccoli insetti si nascondono fra le foglie e i petali di mille colori. Di particolare interesse per la storia dell’abbigliamento femminile è il raffinato abito stile impero che, secondo alcuni studi, sarebbe stato indossato da Alessandra Rospigliosi nel 1812, in occasione delle sue nozze con Alessandro Sozzifanti.

Insieme alle ricamatrici, a esse affini e altrettanto significative, sono ricordate le sarte, alcune delle quali hanno preso il volo da Pistoia per avere grandi successi professionali a Roma: prime fra tutte le sorelle Allegri e Melania.

Anna Allegri (1921-2005), insieme alla sorella Teresa, ha fondato e diretto l’atelier cine-teatrale Annamode che svolge dal 1946 un’importante attività collaborando con celebri registi (Mauro Bolognini, Luchino Visconti, Sofia Coppola, Paolo Sorrentino) per la realizzazione di costumi di scena. Nella sua boutique-laboratorio di via Borgognona ha anche creato abiti per spettacoli televisivi, fiction e per le attrici più famose: da Sophia Loren a Claudia Cardinale, da Ingrid Bergman a Liza Minnelli. Dal 2005 è nata una fondazione no profit e sempre più fitta è la collaborazione con l’Università di Tor Vergata nell’organizzare corsi di formazione per enti pubblici e privati.

Maria Bucciantini (1920-2005) impara a cucire nell’atelier della futura suocera Dolores Jacomelli Melani; nel 1943 sposa Marcello Melani e dal 1954 nasce la sua firma: ”Melania”. Siamo nel dopoguerra e Maria – da vera stilista e creatrice originale – sa utilizzare materiali relativamente poveri (tipici delle manifatture pistoiesi) arricchiti da applicazioni e ricami. Nel 1958 apre il suo show-room a Roma, vicino al teatro Sistina, luogo che diventerà presto punto di ritrovo per dive, attrici, cantanti, ma pure per personaggi del mondo artistico che contribuiranno a stimolare la sua fantasia.
È stata lei a ricamare per prima i jeans, a cucire i ben noti pantaloncini di Brigitte Bardot, a dare nuova vita al cotone a quadretti per l’abbigliamento estivo delle giovanissime, a vestire raffinate signore come Nilde Iotti e Paola di Liegi, finché decise di deporre ago e filo nel 1986 per rientrare nella sua amata Pistoia.
Per la terza rotatoria, situata fra via Sestini e via Capitini, l’intitolazione unisce di nuovo due diverse attività, strettamente collegate: impagliatrici (dette anche fiascaie) e trecciaiole, già ricordate da una piccola targa situata sulla facciata di una abitazione sulla via Provinciale Lucchese, in località Spazzavento. Posta il 2 maggio 2012, menziona pure le portantine, ovvero le donne che con i carretti trasportavano i fiaschi nelle case delle lavoranti, prima e dopo l’impagliatura.


A monte di questi mestieri era però indispensabile la raccolta delle erbe palustri, uno dei principali compiti femminili nelle aree adiacenti al Padule di Fucecchio; si tratta di piante spontanee, un tempo molto diffuse, della famiglia dei “càrici”, in particolare la sala e il sarello. La prima serviva per ricoprire i fiaschi di vetro e l’altra per impagliare le tradizionali seggiole di legno povero e creare i “cappelli” delle damigiane. Dopo la raccolta, l’erba veniva fatta seccare, quindi lavorata, dandole la forma di lunghe trecce (realizzate dalle trecciaiole) con cui si realizzavano rustiche sporte. Si usavano pure il biòdano e la gaggìa (acacia) dai rami flessibili per completare il cesto robusto che veniva posto alla base della damigiana.

Ma a Pistoia le intitolazioni femminili non si fermano qui: l’8 marzo una quarta rotatoria, quella fra viale Adua e via Macallè, recentemente abbellita e adornata di piante e fiori, ha già avuto un nome ed è stata dedicata alle donne vittime di violenza, mentre alla prossima riunione della commissione Toponomastica sarà individuato un idoneo spazio per ricordare la vita generosa, tragicamente spezzata, di Emanuela Loi (1967-92), su richiesta esplicita della Consulta studentesca. Entro tempi brevi dovrebbero poi essere inaugurati due spazi verdi, rispettivamente a Norma Cossetto e all’intellettuale Louisa Grace Bartolini, a cui dedicheremo una esauriente biografia.
E ci stiamo adoperando per valorizzare degnamente la pittrice e poeta Egle Marini (1901-83), proprio colei che compare sulla copertina della guida della città curata da Toponomastica femminile e che vorremmo far riemergere finalmente dall’ombra del celebre fratello Marino.
In copertina: Pistoia, Rotonda Donne vittime di violenza. Foto di Laura Candiani.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.