La storia dell’evoluzione umana è iniziata in Africa. I più antichi resti di ominide sono databili intorno 6-7 milioni di anni fa e sono stati ritrovati sulle rive del Lago Ciad. I primi fossili del genere Homo, risalenti a 2,6 milioni di anni fa, sono venuti alla luce in Etiopia, Kenya e Tanzania, africana è anche la struttura anatomica moderna (Homo sapiens), la cui esistenza è documentata in Sudafrica ed Etiopia.
L’Africa, in origine detta Libye (lat. Libya), iniziò a essere considerata un continente a partire dal IV secolo a.C. L’origine del nome è incerta; secondo il grammatico latino Servio deriverebbe dal greco Αϕρίκη (senza freddo), secondo Suida, storico greco, sarebbe stato proprio il toponimo di Cartagine in lingua fenicia Afrigah (colonia) dalla radice semitica faraqa (dividere, separare).
Nel periodo Neolitico molti gruppi diffusi nel continente passarono dalle primitive forme di ricerca del cibo – caccia, raccolta, pesca – a modalità organizzative basate sulla produzione di generi alimentari.

Le popolazioni del Sudan verso il 5000 a.C., sconvolte dal cambiamento climatico che avrebbe portato alla desertificazione della savana subsahariana, iniziarono a dedicarsi all’allevamento. Nel successivo millennio la pastorizia si diffuse anche nell’Africa orientale, in seguito l’agricoltura nelle regioni a Sud del Sahara; mentre 3000 anni fa, le popolazioni di lingua bantu e i continui flussi migratori favorirono il cambiamento delle condizioni economiche ed etico-linguistiche in varie aree dell’Africa centro orientale e meridionale, abitate da popoli di pastori nomadi, di cacciatori e raccoglitori. I popoli berberi, allevatori e agricoltori, che abitavano a Nord dell’Africa nel primo millennio a.C., dovettero confrontarsi e scontrarsi con quanti giungevano dalle altre sponde del Mediterraneo: i primi furono i popoli Fenici, fondatori di Cartagine (814 a.C.), poi i Greci (630 a.C.), che si insediarono in Cirenaica nella regione storica della Libia che prese il nome dall’antica città di Cirene, successivamente i Romani che sconfissero i Cartaginesi e fondarono la nuova provincia di Africa (attuale nome del continente), conquistando i regni berberi della Numidia e della Mauritania, tutta l’Africa settentrionale dal mar Rosso all’Atlantico (42 d.C.).
La storia dei secoli successivi che lega l’Europa all’Africa è quella, purtroppo, del colonialismo e dell’espansione missionaria della Chiesa; nel giro di un secolo nella maggior parte del continente, iniziarono gli insediamenti nelle regioni interne dell’Africa, prendendo possesso delle terre, come in parte descritto nella Description de l’Afrique, pubblicata nel 1686 dall’olandese Olfert Dapper, e dalle testimonianze via via rese note: le società già strutturate e ben adattate a diversi ecosistemi furono colpite fortemente dalle azioni coloniali, contribuendo a una modificazione dei sistemi agricoli e delle abitudini alimentari, con l’introduzione di nuove piante provenienti dall’America. Molte delle piante vegetali americane trovarono condizioni di adattamento favorevole, cereali come il mais hanno trovato subito la loro nicchia, altre impiegarono decenni e in certi casi secoli per attraversare tutto il Continente.
Le nuove piante sono state accettate tanto rapidamente quanto più presentavano similitudini in base alla loro preparazione e al loro consumo, con specie indigene: la manioca è una radice dalle origini molto antiche ricca di carboidrati; l’arachide, una pianta leguminosa imparentata con i fagioli che fornisce all’organismo elementi nutritivi utili al suo buon funzionamento; il dolico, un fagiolo di colore giallo crema con un occhietto nella parte mediana, ricco di proteine, vitamine e sali minerali, erano un completamento ai loro sistemi esistenti.

I cereali costituivano la base alimentare di tutte le popolazioni della savana dimostrate dalle macine ritrovate: il sorgo di origine africana, ricco di fibre e privo di glutine, del quale si trovano diverse qualità nell’Africa occidentale; il miglio ricco di vitamine, sali minerali, anche questo privo di glutine; il fonio, che si coltiva ancora oggi nelle zone rurali del Senegal e in altre aree del continente, assicurava l’alimentazione nei periodi di interruzione dei raccolti.
L’antichità della sua coltura e la sua importanza sono testimoniati dalla narrazione mitologica che vede nel suo piccolissimo chicco l’origine della «Creazione del mondo, il creatore di tutte le cose è Amma Dogon», in Miti e leggende dell’Africa nera, di Gilberto Mazzoleni; l’eleusine, presente nelle regioni intertropicali povere dal Ciad al Sudafrica, le sue varietà a chicco bianco sono utilizzate sotto forma di farina, quelle a chicchi colorati vengono impiegate nella fabbricazione della birra; questi chicchi possono essere conservati per molti anni e costituiscono una buona integrazione nei periodi di carestia. Dato che non avevano un sistema di conservazione, la pestatura dei chicchi avveniva giornalmente nel mortaio o alla molitura a seconda del tipo di farina che si volesse ottenere grossolana o fine, utilizzate come pappe perché nessuno di essi si prestava alla panificazione.

Africani e africane obbedivano alla regola del pasto unico, come in molte società agricole tradizionali, assunto la sera in comune; per il resto della giornata si accontentavano di mangiucchiare semi, frutti o radici. Per arricchire il pasto quotidiano e assicurare l’equilibrio dietetico aggiungevano le verdure. Tra i frutti, dal Nord al Sud dell’Africa ne sono consumati di diversi tipi: le arance, i limoni, gli anones dal buon sapore e tondi come una pigna, gli arosses, le melagrane, i gegos prugne dal colore verde giallastro molto aspre. A questi alberi, si devono aggiungere le palme da datteri, cocco, olio.
In Africa vi erano dei palmeti naturali molto grandi che sono stati rimpiazzati da una coltura meno spontanea, legati alla produzione di olio di palma, che a partire dal XX secolo ha aperto degli sbocchi industriali; oggi si può dire che la coltivazione della palma da olio sta creando molti problemi, addirittura è una vera minaccia per i primati.
In Africa vi erano dei palmeti naturali molto grandi che sono stati rimpiazzati da una coltura meno spontanea, legati alla produzione di olio di palma, che a partire dal XX secolo ha aperto degli sbocchi industriali; oggi si può dire che la coltivazione della palma da olio sta creando molti problemi, addirittura è una vera minaccia per i primati. La longevità delle diverse specie di palma e la loro facilità di moltiplicarsi spiega la costante presenza in tutte le regioni subtropicali ed equatoriali. La carne, invece, non era un alimento presente tra le popolazioni agricole, l’apporto dipendeva dalle risorse della caccia o della pesca. La difficoltà di conservazione non permetteva un ordinario consumo di carne e pesce, ma se era disponibile era riservata alle persone d’alto rango.
Una storia lunga milioni di anni, da quando i nostri e le nostre antenate sono partite dall’Africa raggiungendo tutte le terre emerse; l’evoluzione è un insieme di migrazioni, di adattamenti, estinzioni, tecnologia e cultura: senza tutto questo non saremmo la specie dominante sulla Terra. Se l’era geologica in cui viviamo oggi finisse domani con una catastrofe nucleare, la nostra specie con molta probabilità si estinguerebbe. Come disse Einstein: «L’uomo ha scoperto la bomba atomica, però nessun topo costruirebbe una trappola per topi».
In copertina: granai in argilla in un villaggio lungo il fiume Niger.
Immagini tratte da AA.VV., Atlante dell’alimentazione e della gastronomia, I vol. “Risorse, scambi, consumi”, ed. UTET, Torino 2004.
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Articolo di Giovanna Martorana

Vive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo.