Carissime lettrici e carissimi lettori,
ci siamo. Buon anno a tutte e a tutti! È giovane, ma crescerà. Mentre io sto scrivendo sono ancora (almeno in buona parte) al di qua del guado. Quando, come ora state facendo, comincerete a leggere, saremo sicuramente entrati/e nell’anno ormai avviato, seppure da una manciata di giorni. Giovanissimo, tanto da permetterci di guardarci indietro e capire cosa abbiamo lasciato alle spalle, metaforicamente traghettandoci attraverso la notte dedicata al santo Silvestro. Certo, detta così sa un po’ d’inferno, rimanda a Caronte, ma anche il 2024 appena trascorso il suo pezzettino d’inferno lo ha dato all’umanità che ne è stata artefice. C’è chi la colpa di tutto l’ha addossata al fatto che era un anno bisestile, che avesse quel giorno in più attaccato al più corto dei mesi, cosa foriera di “stranezza” e di “eccezionalità”, presagio di eventi non buoni.
A cominciare dalla presenza, per tutto l’anno, di due guerre. Quella russo-ucraina e l’altra in un Medio Oriente sempre tormentato, di Israele contro Hamas. In effetti quest’ultima si è trasformata in un’aggressione al territorio di Gaza e ai suoi e alle sue abitanti, soprattutto ha penalizzato tanti bambini e bambine, che sono morti/e sotto le bombe, negli ospedali, gravemente feriti e ferite, nel cuore e nel corpo, che sono rimasti orfani e orfane, senza possibilità di fare quello che, nella giustizia che dovrebbe essere di questo mondo, è dato ai ragazzini e ragazzine: studiare e giocare! Loro soprattutto stanno subendo quel dolore ingiusto di tutte le guerre, che sono sempre sopraffazioni.
Questi due conflitti, uno dentro e l’altro vicino all’Europa, in effetti il 2024 li ha ereditati dal passato, ma possiamo ben dire che li ha saputi “egregiamente” continuare.
Cosa ci lasciamo alle spalle? L’anno concluso a mezzanotte del 31 dicembre appena passato è stato l’anno dominato dal pensiero dei risultati delle elezioni americane, dalla riflessione su chi potesse diventare (anzi, ri-diventare) il nuovo inquilino della Casa Bianca e contribuire, come purtroppo è di fatto, a decidere le sorti del mondo. Dopo la faticosa marcia indietro di Biden, la frettolosa e infelice messa in campo di Kamala Harris ha vinto Donald Trump, un presidente che sicuramente ha ripetutamente dimostrato una assoluta posizione di non rispetto verso le donne, cominciando dalle sue avversarie politiche. Un Presidente che, alla vittoria del Capo dello Stato ora uscente, non ha saputo, e direi voluto, accettare la sconfitta avallando (o progettando?) una sorta di “colpo di Stato”, andato fortunatamente a vuoto.
L’anno passato è stato anche l’anno del “tentativo” di sbarco dell’Italia in terra albanese. Una serie di costruzioni che dovrebbero costare al nostro paese quanto alla Francia sia venuta a costare la ricostruzione della cattedrale di Notre Dame in Francia (ne parleremo appena sotto) dopo i fortissimi danni subiti con l’incendio dell’aprile del 2019.
A Tirana, forse, l’Italia voleva seguire l’idea, poi comunque non realizzata, avuta dalla Gran Bretagna sul “trasferimento” dei migranti richiedenti asilo in Rwanda. I due centri costruiti dal governo italiano in Albania sono a Shëngjin, e a Gjadër. Erano pronti dall’ottobre scorso e, nell’arco di cinque anni l’Italia dovrebbe impegnare una spesa di 600 miliardi di euro. Ma anche al Governo di Roma è andata male e per ora, seppure Palazzo Chigi e il ministero degli Esteri non abbandonino la ripresa del progetto, tutto è fermo. La magistratura ha reputato non sicuri i Paesi di provenienza decisi dal Governo italiano. L’accoglienza iniziale prevista doveva essere di circa quattrocento persone: tutti maschi, sani, provenienti da paesi reputati sicuri. L’ambizione era (e il nostro presidente del consiglio ci assicura che sarà così) di esaminare ben 36 mila domande di asilo l’anno. Di fatto, però, oggi è tutto fermo. I pochi naufraghi arrivati qualche mese fa in Albania (appena 11) sono tornati indietro e la magistratura ha definito incostituzionale la lista di Paesi possibili di provenienza.
Questo anno passato è stato anche l’anno della riforma del codice della strada con tutto il seguito di negatività che tale riforma ha comportato: per i tagli economici e per la mancanza di un programma di educazione stradale e prevenzione oltre a una trascuranza grave sui limiti di velocità.
All’inizio di questo ultimo mese del 2024 la Francia ha riaperto ai e alle fedeli la cattedrale per antonomasia del Paese oltralpe e il monumento gotico più noto al mondo. Notre-Dame, la Nostra Signora di Parigi, aveva visto l’inizio della sua costruzione nel 1163 che era continuata fino al 1334, ma non completandosi del tutto. «La sua edificazione — scrive una guida turistica — ha percorso i secoli ed è stata un chiaro simbolo del crescente prestigio di Parigi durante la storia di quel periodo. Dopo il saccheggio subito durante la Rivoluzione, nel 1831 la pubblicazione del romanzo di Victor Hugo, Notre Dame de Paris, riaccese l’interesse per la cattedrale inducendo il governo a decretarne una totale ristrutturazione, affidata a Jean-Baptiste Lassus ed Eugene Viollet le Duc». È nel tardo pomeriggio del 15 aprile del 2019 che un incendio, forse dovuto a un cortocircuito, devasta il capolavoro di arte gotica tanto da farlo rimanere chiuso completamente al pubblico per due interi anni. «I vigili del fuoco, dopo aver lottato per ore contro la forza devastatrice del fuoco, sono riusciti a salvare la Croce, l’Altare Maggiore e alcuni tesori come la tunica di San Luigi e la corona di spine di Cristo, quella che i soldati romani avrebbero posto sulla testa di Gesù prima della crocifissione». Il 7 dicembre scorso Notre-Dame ha riaperto al culto e la fine dei restauri (seppure non completati) è stata celebrata da una grande cerimonia che ha visto la presenza di moltissimi Capi di Stato (prima uscita pubblica del neopresidente statunitense Trump).
Il 2024 è stato l’anno di due anniversari importanti, ricordati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso del 31 dicembre: Alcide De Gasperi (morto nell’agosto del 1954) e, soprattutto, il centenario dell’uccisione di Giacomo Matteotti, fondamentale oppositore del fascismo. È stato poi l’anno delle Olimpiadi di Parigi con altre due novità importanti: le tante medaglie date alle donne e, cosa fondamentale, la prima “uscita” dagli stadi per l’inaugurazione dei Giochi svolta tutta “per le strade” della città e realizzata come un vero trionfo del femminile. Le donne sono ancora in netta minoranza nell’attribuzione dei premi Nobel. Grazia Deledda, così vituperata da Luigi Pirandello con un atteggiamento davvero patriarcale, è ancora la prima e ultima donna italiana ad aver ricevuto il premio di Stoccolma per la Letteratura, considerato tra i tanti il più versatile per una donna, anche se ci ricordiamo come la grande Elsa Morante si faceva chiamare “scrittore” proprio per il maggiore valore insito nel nome della professione al maschile. Deledda vinse con Canne al vento ed era il 1926! Ma le donne hanno continuato anche a soffrire: vittime, e in numero altissimo (3 alla settimana) anche quest’anno di femminicidi, vittime di un gap di genere che di fatto le sminuisce e impedisce loro di fare carriere complete arrivando fino alla cosiddetta “stanza dei bottoni”. Non sono mai da dimenticare le donne afghane sole e coraggiosamente combattenti, né quelle iraniane vittime di un regime che in tanti e tante hanno creduto liberatorio e invece è solo liberticida. Proprio in Iran ancora una donna e una giornalista italiana, Cecilia Sala, sta pagando un dolore che non ha provocato e in una delle carceri più crudeli del mondo. Poi la triste storia dei migranti che purtroppo, tra troppe sterili e crudeli discussioni, promettono di continuare con troppe vittime, di ogni età.
Guardiamo invece all’anno che sta correndo e porta avanti avvenimenti (speriamo sempre il meno brutti possibili) e anniversari. I nomi importanti da ricordare per la cultura sono tanti. Da Andrea Camilleri, nato il 6 settembre 1925, a Ignazio Silone (125 anni dalla nascita), da Leonardo Sciascia (il 30 novembre saranno passati trentacinque anni dalla morte) al molto lontano nel tempo, ma modernissimo sempre, Giovanni Boccaccio del quale, alla fine dell’anno (il 21 dicembre 1375) si ricordano i 650 anno dalla morte. Una donna da celebrare sarà la scrittrice Jane Austen, l’autrice di Orgoglio e pregiudizio, di lei ricorderemo i 250 anni dalla nascita. «Così — scrive un giornale — il 2025 si preannuncia denso di ricorrenze, anniversari e momenti di commemorazione utili a riscoprire opere letterarie fondamentali e a rinnovare l’interesse per la letteratura e la cultura. Attraverso eventi, pubblicazioni e iniziative speciali, queste occasioni consentiranno di approfondire la conoscenza di figure che hanno lasciato un segno indelebile nel panorama culturale mondiale». Poi il viaggio continua. La fotografia ricorda Robert Doisneau, “il pescatore di immagini” come è stato chiamato, l’autore del famoso scatto della coppia che si bacia per le vie di Parigi, un esponente della fotografia umanista con tutto il fascino del bianco e nero.
Un anno importantissimo questo per i e le fedeli del cristianesimo, che oltre al Giubileo ricorderanno il ventesimo anniversario di Papa Giovanni Paolo II, che è stato a capo della chiesa di Pietro per 26 anni e che si è spento il 2 aprile 2005. Ricorreranno per la letteratura anche i quaranta anni di Italo Calvino e di Orson Welles venuti a mancare rispettivamente il 19 settembre e il 10 ottobre del 1985, e il 50esimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, già ricordato per l’anniversario della nascita. Un anniversario, quello di P.P.Pasolini, ancora pieno di mistero. In un anno iniziato con un atto di terrorismo, il 2025 segnerà anche il decimo anniversario dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, il giornale satirico francese, avvenuto il 7 gennaio 2015. «Questo evento — è stato più volte scritto — ha segnato un punto di svolta nella discussione sul terrorismo, la libertà di espressione e la sicurezza globale». Per la politica: nel 2025 avrebbero computo 100 anni l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, per la politica britannica Margaret Thatcher, soprannominata The iron Lady, la signora di ferro. Avrebbe spento 90 candeline anche Elvis Presley, nato l’8 gennaio 1935.
Una bella poesia di Wisława Szymborska ci porta a riflettere intimisticamente su noi. Su cosa siamo e come siamo diventati così. I versi spesso ci aprono le strade. La poesia «ci insegna a guardare alla vita e a ciò che siamo con consapevolezza e, soprattutto, gratitudine».
Nella moltitudine.
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
c’è un mucchio di costumi: di
ragno, gabbiano, topo campagnolo.
Ognuno calza subito a pennello
e docilmente è indossato
finché non si consuma.
Anch’io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d’un formicaio, banco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.
Un filo d’erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa — ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.
Wisława Szymborska
Un augurio a tutte e a tutti e una buona lettura.
Il primo numero del nuovo anno di Vitamine vaganti si apre con tre figure femminili da scoprire: Germaine Tailleferre, compositrice francese innovativa e poliedrica che, come spesso accade, dovette lottare per scegliere la sua professione ostacolata, oltre che dal padre, anche dagli uomini che sposò; Ende, miniatrice medievale il primo racconto biografico di “Calendaria 2025”, il progetto di Toponomastica femminile dedicato alle donne delle arti minori e, in Matematica stratosferica. Alessandra Celletti.
Dilatiamo lo sguardo sugli avvenimenti internazionali con L’integrazione economica e finanziaria dei Brics+, la seconda parte dell’analisi sulle trasformazioni dell’aggregato geoeconomico che si sta trasformando in soggetto geopolitico a tutti gli effetti.
Viafarini Open Studio. Parte Seconda è la prosecuzione dell’intervista ad artiste e artisti dell’evento milanese alla Fabbrica del Vapore, in cui si presentano e si illustrano anche le loro opere, mentre Al Convegno di Mi Riconosci? è la relazione accurata del convegno internazionale organizzato lo scorso dicembre dall’Associazione Mi Riconosci? con il titolo Tra rappresentanza e rappresentatività, spazio pubblico, monumenti e percorsi di riappropriazione.
La prima delle recensioni di questa settimana è su Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano, dell’ingegnera, blogger e fumettista francese Emma Clit, che ha una bella prefazione di Michela Murgia e in cui «sono affrontati numerosi temi fondamentali del femminismo, resi accessibili grazie alla semplicità e all’efficacia delle vignette dell’autrice, che mira a coinvolgere il pubblico più vasto possibile». Magnifica presenza riguarda un lavoro teatrale tratto da un film di Ozpetek, uno spettacolo «leggero», perché scorre lieve e rasserena gli animi, come afferma l’autrice. Storie di cui abbiamo bisogno parte dalla recensione di The little mermaid, rifacimento live action del film di animazione Disney La Sirenetta per sviluppare una serie di interessanti riflessioni e spunti, segnalando in particolare la storia autenticamente africana presentata nel cartone Kirikù e la strega Karabà.
Si continua a parlare di cinema con Il genere Grottesco. Todo Modo di Elio Petri, un commento sul film dal finale profetico, ispirato all’omonimo libro di Leonardo Sciascia e sullo stile del regista romano le cui opere richiedono sempre un investimento del pensiero.
Per “flash-back” leggerete Neanche se fossi stata Elettra, un altro breve racconto di discriminazione di genere negli anni Sessanta.
Il dicembre di Toponomastica femminile fa una carrellata, come ogni mese, delle iniziative realizzate dalla nostra associazione nei diversi territori.
Durante le festività i momenti di condivisione e convivialità sono importanti, ma in questo periodo si scarta moltissimo cibo. Come quantificare i nostri sprechi? è l’articolo che indaga sui vari modi di calcolare questo fenomeno che è diventato molto grave in ogni parte del mondo.
Auguriamo a tutte e tutti un pranzo appetitoso e leggero dopo gli eccessi delle feste con una ricetta vegana da consigliare: Pasta con lattuga frullata e noci, cercando sempre di stare attente/i a non sprecare.
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
