Dopo aver riferito dell’inizio della nuova sfida (Vv n.173 ), è venuto il momento di entrare nei dettagli: questa volta il nostro gruppo, ridotto a 9 lettrici e un lettore, è stato diviso e ciascun sottogruppo ha letto una coppia di romanzi di scrittrici e scrittori italiani viventi usciti nel 2021; perciò abbiamo tre diverse partite di cui parlare.
Rego Park di Corrado Passi contro Tulipani a colazione di Alessandra Villasco Damiani: la gara qui è finita in parità; il nostro amico Gianmaria Di Silvestro ha amato molto il secondo e scrive: «Una bellissima storia d’amore e di speranza, di riscatto e di seconde occasioni. Una narrativa poetica e sognante che riesce a portarci contemporaneamente in un altro spazio, grazie a quel senso di energia universale che ci sovrasta, e in un altro tempo, precisamente indietro nel passato, ai nostri primi innamoramenti e amori preadolescenziali e adolescenziali e ai sentimenti che provavamo con la capacità di farci rivivere quanto erano importanti per noi quelle storie d’amore. Assolutamente da leggere!».


Invece Angela Scozzafava così si è pronunciata: «Rego Park è un romanzo breve e intenso. Insegna la necessità di arrendersi alla vita, di accettare un compromesso con lei. Ci sono cose, fatti, ciò che Machiavelli chiama “fortuna”, che accadono, che ci sono dati, condizioni in cui siamo situate/i, che non possiamo scegliere, alle quali dobbiamo arrenderci, cercando un accomodamento in loro. È questo il compromesso al quale arriva, faticosamente e dolorosamente, Ellie – guidata da Liam. Due reduci (da esperienze simili per certi versi, ma interiorizzate in modo assai differente) che hanno sopportato molto e che si incontrano per un tratto di strada, sostenendosi. Animata da una rabbiosa determinazione lei, decisa a vivere come prima dell’incidente, ad affermare sé stessa, a sfidare la morte, per sentirsi viva, appunto, trascina Liam in questo suo progetto. Ma sarà lui che si sottrae, si “sfila” dal correre degli eventi, lui, più dolorosamente devoto ai propri ricordi, a “costringerla” a liberarsi dai propri incubi. Uno degli aspetti che mi è piaciuto di più è la descrizione, che attraversa tutto il romanzo, del modo in cui la protagonista – divenuta cieca – si rapporta al mondo esterno e impara a conoscerlo attraverso i sensi: l’autore riesce a farci immedesimare nella situazione e il racconto è affettuoso e partecipe. Molto vivaci anche i personaggi “minori”».
Dress code-Rosso sangue contro La guerra di Nina: qui non c’è stata gara, perchéil secondo ha avuto quattro voti suquattro. Indubbiamente (come scrive Donatella Caione) «si tratta di un romanzo molto duro e doloroso ma necessario, soprattutto in questo periodo in cui stiamo vivendo l’atmosfera della guerra. L’autrice Imma Vitelli è bravissima nel farci percepire il dramma di una città distrutta dai bombardamenti e dalla guerra, nello specifico si tratta di Aleppo, ma anche il tormento di coloro che la vivono, uomini e donne di ogni età. Tema al quale al momento siamo particolarmente sensibili. Decisamente per me è il più bello dei due libri. La scrittura è coinvolgente e ci porta in un mondo che si può conoscere solo se lo si vive o lo si sente raccontare da chi l’ha vissuto in prima persona ed ha la capacità narrativa di trasmettercelo. Una cosa che mi ha colpito è come i punti di vista su alcune situazioni possano cambiare quando le si vive, come è successo all’autrice» che, precisiamo noi, ha lavorato per venti anni come inviata speciale («nata a Matera e rinata a Beirut») per Vanity Fair Italia e ha conosciuto bene certi conflitti e la realtà del Medio Oriente.


Riguardo a Dress code di Marina Di Guardo, francamente le nostre critiche sono state assai negative, in riferimento sia all’intreccio sia alla fabula (o trama che dir si voglia). Intanto non si è mai visto che parenti o persone amiche di una vittima vengano condotte sul luogo del ritrovamento per riconoscerla ufficialmente, con una visione sconvolgente e il rischio di contaminare le prove. Che dire poi dell’ispettore capo che sùbito chiede alla protagonista-testimone Cecilia di dargli del tu e comincia a flirtare con lei; naturalmente è assai bello, come del resto l’amico Fabio, il fidanzato Andrea e tutti i giovani uomini palestrati. A proposito di lessico e stile, le carenze sono evidenti: si va dall’uso insistito di aggettivi come “solare” e “iconico”, a termini desueti (“apparì”) fino a concordanze mancate; per non parlare dell’articolo davanti a cognomi femminili (“la Lazare”) e dell’abuso di vocaboli stranieri (è vero che si riferiscono al mondo della moda, ma insomma…). La storia non è molto originale e risulta poco coinvolgente, perfino con così tante uccisioni e il finale “aperto”: il cane che trova il primo morto, il casolare degradato, lo stilista omosessuale (ti pareva…), il sospetto di riti satanici, la protagonista che indaga per proprio conto, frequentando bar, girando per aperitivi, mangiando in trattorie e ristoranti… queste milanesi in carriera… Io che leggo tantissimi romanzi gialli, italiani e stranieri, e ne conosco tutti i trucchi, avevo sospettato dell’amante/assassino, ma solo per esclusione delle altre ipotesi, soluzione frettolosa che non regge a una analisi psicologica di sviluppo del personaggio.
Per mia colpa di Piergiorgio Pulixi contro Creature immonde da dimensioni oscure diGabriele Piretti: anche qui il risultato ha visto un netto 4 a 0 a favore del primo; l’altro romanzo è stato ritenuto abbastanza originale nella sua trama fra giallo e fantascienza, ma dalla lettura faticosa, troppo condita da espressioni volgari, secondo alcuni pareri; così si pronuncia Fosca Pizzaroni: «sarebbe scritto bene, con citazioni altisonanti, ma di molta sua “oscurità” si è già letto in altri autori dell’high fantasy, da Tolkien a Rowling, gli manca ancora un pizzico in più di originalità e magari molto meno linguaggio scurrile»; «il libro più folle e allucinato che abbia mai letto», afferma Sara Balzerano, che poi giudica Per mia colpa: «Nonostante il tema, nonostante il genere al quale appartiene, questo libro è stato scritto in punta di piedi. Una narrazione sottovoce, che carezza e accompagna e che, alla fine, commuove. Pur non perdendo il fiato sospeso, il romanzo di Pulixi sembra essere una confessione, delicata e bellissima, di quelle che si fanno con uno sconosciuto, perché di lui non si teme il giudizio. La scena finale è quasi liberatoria, e non solo per Caruso.
Dopo questo continuo muoversi tra passato e presente, tra il buio dei rimpianti e l’afrore dei sensi di colpa, arriva finalmente la brezza pulita del mare a sistemare le cose».

Come sempre, chi volesse curiosare, approfondire, saperne di più può andare sul sito: https://torneoletterariodirobinson.blogautore.repubblica.it
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.