Cambiamo discorso. La presenza delle donne nella Resistenza europea

Una bella notizia è che prosegue anche nel 2023 l’interessante ciclo di webinar Cambiamo discorso, organizzato dall’associazione Reti culturali. I temi affrontati nei numerosi incontri degli anni precedenti (che potete leggere qui) sono veramente vari: dal linguaggio alle migrazioni, dalla violenza di genere all’educazione per contrastarla, dalla fotografia alle arti visive.
Il primo incontro di questo nuovo anno ha come titolo La Resistenza in Europa. La presenza delle donne e si terrà giovedì 26 gennaio alle ore 17.00. Relatrice sarà la saggista e traduttrice Nunzia Augeri, introdotta dalla docente Laura Baldelli – attualmente redattrice della rivista Cumpanis nella sezione Arte e Cultura per cinema, fotografia, teatro – che abbiamo già avuto modo di conoscere in questo articolo.
Nunzia Augeri, che ora ha in corso di pubblicazione una storia della Resistenza in Europa, edita dall’Anpi del Belgio, risponde gentilmente ad alcune nostre domande, volte a conoscerla meglio prima del webinar di giovedì prossimo.

Qual è stata la tua prima formazione umana e culturale?
Tutte e tutti ci formiamo all’inizio fra la famiglia e la scuola. Provengo da una famiglia di media borghesia, portatrice di valori tradizionali che ho messo in discussione fin da piccolissima. Mia madre ricordava come io a 5 anni, alla domanda ovvia «che cosa farai da grande?» risposi «la mondana», con grande scandalo delle zie, ma per me significava semplicemente non restare a cucire intorno a un tavolo, bensì andare a scoprire il vasto mondo. E così ho fatto.
Quanto alla scuola, ho frequentato il liceo classico Carducci, a Milano, detto “liceo rosso” per le inclinazioni politiche di molte/i suoi insegnanti. Ricordo con particolare gratitudine l’insegnante di italiano, Giulia Rodelli, che era passata per la famigerata Villa Triste e per le torture subite non aveva potuto diventare madre: il suo rigore critico che diventava rigore morale ci toccò profondamente. Grazie al suo insegnamento ho scelto l’impegno culturale e politico e l’ho mantenuto – nella misura del possibile – per tutta la vita. Grazie anche all’altro incontro fondamentale, che avvenne quando avevo 18 anni, con il professore di filosofia Luciano Raimondi. A Milano era noto – e a un certo punto in tutta Italia – per aver sfidato Togliatti di cui criticava il moderatismo: espulso nel 1955 dal Partito cui era iscritto dal 1936, aveva fondato il primo gruppo a sinistra del Pci, Azione comunista. Non è stato solo il mio insegnante: abbiamo passato insieme più di trent’anni, abbiamo allevato due figli e contato i paralleli del mondo: come mi auguravo a 5 anni!

Nel tuo percorso, quali incontri sono stati importanti per la tua crescita professionale?
Oltre all’insegnante già citata, l’incontro più importante è stato quello con Lelio Basso, con cui cominciai a collaborare giovanissima, al terzo anno di università. La sua scuola – intellettuale, politica e morale – è stata fondamentale per me come per tutte e tutti coloro che hanno avuto la ventura di poter lavorare e vivere accanto a lui.
Poi nei quasi trent’anni trascorsi all’estero, ci sono stati tanti altri incontri con persone eccezionali, che mi hanno aperto orizzonti nuovi: in particolare l’esperienza nell’America latina degli anni ‘60-‘70 è stata fondamentale per farmi sperimentare direttamente la ferocia della storia nell’epoca del capitalismo: sono stata testimone diretta del massacro di circa 800 persone a Tlatelolco, nell’ottobre del 1968; attraverso amici di vari paesi latinoamericani ho saputo dai diretti protagonisti storie atroci di torture e sofferenze. E quando sono stanca e mi pare che sia tutto inutile, ripenso alla nostra carissima Alaide Foppa, squisita letterata, poeta e critica d’arte, che i miei figli avevano adottato come zia, e che morì a 67 anni, sotto tortura, in Guatemala. Per me resta un esempio di coerenza morale e fermezza rivoluzionaria.

Da che cosa pensi dipenda la crisi, abbastanza generalizzata, di una cultura progressista e “di sinistra” nel nostro Occidente?
Il discorso è lungo e complesso: la crisi dipende da una serie di concause che interagiscono e si alimentano l’un l’altra. Siamo in presenza di una crisi che intreccia a livello mondiale elementi finanziari, produttivi, politici, climatici, sanitari e poi anche culturali. A questo punto è necessario porsi il problema nei termini usati da Samir Amin: uscire dalla crisi del capitalismo o uscire dal capitalismo in crisi? Ma per questo è necessaria una ripresa della cultura anticapitalistica, sulla scia dei grandi maestri del passato, giacché per ora siamo in un momento analogo a quello ben individuato negli anni ‘30 da Montale: «Questo solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». A volte pochi versi di una poesia sono più efficaci di un saggio di cento pagine.

Dei molti libri che hai letto e tradotto, quali consiglieresti alle ragazze e ai ragazzi perché acquisiscano consapevolezza di sé, del passato, per costruire meglio il futuro?
In genere direi che per ragazze e ragazzi, ma anche persone adulte, è necessario conoscere la storia, che peraltro – come mi hanno insegnato – comincia dalla geografia. Ai nostri giorni l’asse della storia si sta spostando verso il mondo asiatico, ed è sconcertante constatare come la cittadina e il cittadino medio ignori tutto – storia e geografia – dei paesi dell’Asia. Considero poi assolutamente necessario conoscere varie lingue, almeno francese e inglese, per avere accesso a fonti che permettano di superare il provincialismo della stampa italiana. Per restare nei limiti dei libri che ho tradotto, direi che sono fondamentali i libri di Samir Amin, economista e sociologo di nascita egiziana, di cultura araba e francese, che ha vissuto in Africa ed è capace di uno sguardo veramente globale sui fenomeni del suo tempo, che arriva fino alla metà del decennio scorso. E consiglierei anche il libro di Lepratti e Riolo, Un mondo di mondi (Edizioni Asterios) per una visione non eurocentrica della storia del mondo.

Nel tuo bel libro L’estate delle libertà – Repubbliche Partigiane e Zone Libere (Carocci Editore) parli delle zone che, nell’estate del ‘44, si liberarono autonomamente dell’occupazione nazifascista. Colmi un vuoto perché nei testi più diffusi o sui manuali sono ricordate solo le realtà più grandi ma non le tante piccole esperienze di libertà, presenti in vari territori. Pensi che testi come questo possano essere utili a scuola?
A scuola sarebbe utile anzitutto insegnare la storia; poi insegnarla evitando le posizioni ideologiche e propagandistiche: ho visto libri di storia per i licei che liquidano in mezza pagina – o meno – il ruolo dell’Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale, ma dedicano due pagine ai gulag. E sarebbe anche opportuna anzitutto una visione non eurocentrica della storia del mondo, e poi una prospettiva dal basso, dando posto al ruolo svolto dai popoli, e in questo la Resistenza in tutti i paesi europei in cui si è sviluppata insegna che i popoli hanno saputo bene trovare forme proprie per esprimersi e agire collettivamente: ogni individuo ha apportato il proprio contributo, sia pur minimo, e tutti insieme hanno sconfitto l’idra nazista. Ho cercato di mettere in luce tutto questo nella mia ricerca che dovrebbe uscire la primavera prossima, edita dall’Anpi di Bruxelles, e dedicata appunto all’Europa resistente. 

Dalla Resistenza italiana sei passata allo studio e alla narrazione della Resistenza europea, di cui ci parlerai giovedì prossimo, dando spazio al protagonismo femminile, spesso sottovalutato. Ci puoi dare qualche anticipazione?
Si tratta di una storia molto ampia, nel tempo – dal 1939 al 1945, nello spazio – dalla Norvegia alla Grecia, dall’Unione Sovietica alla Francia, all’interno delle varie società – dalle disinvolte giovinette australiane alle donne velate della Jugoslavia. È una storia in divenire, perché praticamente ogni mese vengono alla luce nuovi fatti, nuovi personaggi femminili che hanno svolto compiti rilevanti: dalla dottora Rosa Papo, che col grado di generale era a capo dei servizi sanitari della resistenza jugoslava, alla giovane Pippa Latour che usava il lavoro a maglia per comunicare informazioni al servizio segreto inglese, alla mia amica Lidia, cui la mamma cambiava a volte il nastro fra i capelli e il diverso colore era un avvertimento per la resistenza milanese. Un mondo estremamente variegato, ma unificato dall’aspirazione a liberarsi da un’occupazione straniera feroce e a costruire un mondo migliore, più libero e umano. 

Ascolteremo con grande interesse giovedì prossimo gli approfondimenti su questa tematica e, per ora, ringraziamo Nunzia Augeri per il tempo che ci ha dedicato.

Questo il link per effettuare la preiscrizione all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_Z970EObiQTe_0L2Amh_ciQ

In copertina: l’autrice.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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