«I classici servono a capire chi siamo e dove siamo arrivati» (Italo Calvino, Perché leggere i classici).
È proprio così: le parole di Calvino rivelano una grande verità. Leggere un classico significa fare una diagnosi sul nostro stato di salute culturale, un classico è un potente strumento di radiografia per la società in tutte le epoche. Rileggere un noto incipit di romanzo o versi famosi mandati a memoria dai tempi della scuola elementare, è un esercizio che fa riaffiorare alla nostra mente storie senza tempo in noi radicate e nelle quali ci siamo ritrovate per affinità emotiva, per identificazione nel temperamento di un personaggio, per ammirazione verso quelle parole potenti che sanno dare voce a ciò che di più inconscio è sedimentato in noi e che solo le grandi opere, portatrici profetiche di verità e bellezza, fanno emergere con effetto salvifico sulla nostra interiorità. Ma, stando all’assunto calviniano, i classici servono a comprendere anche «dove si è arrivati», a che punto della storia dell’umanità ci troviamo. Dunque, intrinsecamente collegata a questo aspetto è la necessaria rivisitazione del concetto di canone letterario, che – soprattutto in ambito scolastico – resta ancora un tabù da non mettere in discussione, un totem da venerare senza possibilità di cambiamento e ampliamento (se non in rari e illuminati casi).
Come ho già evidenziato in un contributo precedente, non si tratta affatto di svuotare di significato grandi capolavori immortali o di eludere un’imprescindibile conoscenza critica e storicizzata di essi, ma di auspicare un processo di decostruzione dei classici (spesso misogini e imbevuti di maschilismo), attraverso il disvelamento di stereotipi radicati nella nostra storia culturale occidentale e confluiti nella letteratura, che è sempre specchio del tempo che la produce. Mi riferisco, in modo particolare, alla presenza della violenza di genere come strumento per attuare una naturale e scontata sottomissione delle donne al potere maschile, e alla loro condanna all’invisibilità, pur essendo parimenti o più brave degli uomini nella storia. Questa rilettura avrebbe il fine di evidenziare (soprattutto alle giovani generazioni) come tali luoghi comuni non siano tratti distintivi iscritti in modo naturale nel Dna umano, ma frutto di una declinazione patriarcale diffusa e tramandata. Dunque, non un’operazione di cancel culture, che, difatti, non apporta un cambiamento alla radice della società perché non attiva un pensiero critico e argomentativo in grado di comprendere i meccanismi alla base della stereotipizzazione della realtà per poi smontarli, bensì un processo di rilettura e reinterpretazione che ci renda consapevoli dell’evolversi della cornice entro la quale l’essere umano ha interpretato e interpreta sé stesso in relazione al mondo che lo circonda.
Alla luce di quanto finora premesso, due sono le direttrici attraverso le quali operare per un nuovo approccio ai classici: la prima è la ridefinizione del canone letterario in un senso che non escluda gli autori ma includa maggiormente le autrici; la seconda è la rilettura di opere e personaggi in ottica di genere.
Sulla questione del canone, scrive il critico Romano Luperini: «La memoria, sia dell’individuo che della società, è sempre selettiva. Il canone esprime appunto tale memoria. Perciò non è mai statico, ma si presenta in continuo divenire. Come la memoria, è il risultato dinamico di un processo inarrestabile di riassestamento. Ogni comunità è infatti attraversata da un incessante conflitto delle interpretazioni che ne modifica, nel contempo, l’immagine e l’identità presenti e quelle passate. Il rapporto passato-presente non è mai definito una volta per tutte, ma subisce in ogni momento profonde trasformazioni che modificano il bilancio del passato. Da un lato i mutamenti di gusto e di cultura del presente si riverberano all’indietro, alla ricerca di giustificazioni e di sollecitazioni nei secoli scorsi; dall’altro le scoperte della filologia, la ripubblicazione dei testi del passato, la loro rilettura critica si ripercuotono sulla cultura del presente» (Romano Luperini, La questione del canone, la scuola e lo studio del Novecento in Un canone per il terzo millennio. Testi e problemi per lo studio del Novecento tra teoria della letteratura, antropologia e storia). Le argomentazioni del critico letterario relative al concetto di canone confermano che il rapporto tra presente e passato non è «definito una volta per tutte» ma è «in continuo divenire», per questo il canone delle opere e degli autori e autrici non può essere statico, bensì dinamico. Sarà bene, dunque, estendere le indicazioni canoniche includendo le autrici che, di fatto, sono pochissime e relative per lo più all’età contemporanea. Operazioni in tal senso cominciano a essere attuate anche dalle case editrici che pubblicano le antologie scolastiche, ma sono poche, spesso concentrate sui nomi più noti (un po’ come accade nel nostro paese alle poche vie intitolate a donne, quasi sempre le stesse), e comunque con pagine insufficienti a darne un’ampia panoramica conoscitiva.
Nel campo della critica letteraria segnalo la nuova edizione aggiornata di un libro prezioso in tal senso, Per una nuova storia letteraria. Nuova edizione aggiornata e arricchita di Federico Sanguineti, professore ordinario di Filologia dantesca all’Università degli Studi di Salerno, nonché figlio del critico genovese Edoardo Sanguineti, componente del Gruppo ’63, movimento letterario di neoavanguardia. Il saggio (già edito nell’aprile 2022 e ora ampliato in una nuova edizione) «riscatta le autrici tenute nascoste dalla critica patriarcale» (dall’articolo di Fulvio Paloscia, Federico Sanguineti: “Le donne escluse dal canone letterario italiano, un femminicidio culturale”, in “la Repubblica Firenze” dell’11 gennaio 2023), ponendo «con forza e dovizia di esempi, la questione della rimozione delle autrici dal canone della letteratura italiana, proponendo l’assunzione di un nuovo canone. Una storia letteraria nutrita dal pensiero della differenza, dai nomi noti Irigaray e Lussu alle pensatrici straniere non ancora tradotte in Italia, prima fra tutte Dale Spender, autrice del fondamentale saggio Invisible Women, the schooling scandal (Donne invisibili, lo scandalo scolastico), ancora inedito in Italia» (da Per una nuova storia letteraria, nuova edizione aggiornata e arricchita, Federico Sanguineti).
Una rilettura in ottica di genere, invece, è quanto proveremo a fare nelle prossime puntate di questa rubrica, attraverso alcune opere, personaggi e personagge della letteratura italiana e straniera. Un viaggio di epoca in epoca, a partire dal Medioevo fino agli anni 2000, alla riscoperta di significati e letture alternative di testi che hanno accompagnato la nostra formazione culturale sin tra i banchi di scuola.
Perché in fondo, come scrive Calvino, «D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima».
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Articolo di Valeria Pilone

Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.