Carissime lettrici e carissimi lettori,
cambia il calendario, il cielo suggerisce nuove influenze, le festività si concludono con una vecchia signora che da secoli cavalca una scopa e ci richiama alle streghe, sempre invise alle società patriarcali. I problemi rimangono. Rivelatisi chiaramente restii a dileguarsi nel giro di un’unica notte, come fossero fumo portato via dal vento. E più che fumo sono incendio, che mina la nostra serenità.
Non si poteva non cominciare dalle donne. Dalla serie di sofferenze, disparità, ingiustizie, fino alla crudeltà, che ancora molte, troppe di noi subiscono. Sono bastati quattro giorni di questo anno ancora in fasce, se ci è dato usare una metafora, perché accadesse di nuovo: una donna, un’altra giovane donna, muore ammazzata dal marito, che aveva sposato appena pochi mesi fa, a maggio. Vittima del femminicidio (che non è elencato in questo modo tra i reati) è la trentenne Eliza Stefania Feru, di origini rumene, morta ammazzata sul divano di casa, in una frazione di Gualdo Tadino, vicino Perugia. A colpirla, sparandole, forse nel sonno, con la pistola di ordinanza, è il marito, Daniele Bordicchia, una guardia giurata di nove anni più grande di lei. Di nuovo, per tanti e tante, è stato commentato su molti media come il solito “bravo ragazzo” che ha perso la testa per la donna “che amava troppo”. Dopo averla uccisa è andato in un’altra stanza, ha rivolto l’arma verso se stesso e si è suicidato.
Sono passate, poi, solo poco più di ventiquattro ore. Il giorno dell’epifania (dal greco antico, epiphano, che letteralmente indica l’apparizione, la rivelazione o la manifestazione!) in un grande parcheggio di un supermercato di Seriate, in provincia di Bergamo, un’altra donna, trentanovenne, viene più volte colpita con un coltello da cucina dalla furia del marito, poi da lei stessa accusato. Per fortuna la signora, trasportata comunque in codice rosso all’ospedale Giovanni XXIII, a Bergamo, si è salvata grazie all’intervento di un cliente (un militare fuori servizio) che, pur rimanendo anche lui ferito, è riuscito a portare la donna all’interno del supermercato dove le hanno dato i primi soccorsi. L’accoltellatore era il marito della vittima ed era già stato denunciato per “maltrattamenti in famiglia” e sottoposto alla misura cautelare di “non avvicinamento alla moglie” dall’ottobre scorso.
Si ricomincia, dunque, con le violenze e le liti che si esasperano, fino ad uccidere e spargere sangue femminile. Di nuovo, puntualmente, ricomincia sui media la retorica intorno a questi orribili gesti, nel modo in cui vengono commentati. Un giornale ha titolato così riguardo al femminicidio di Gualdo Tadino: «Abbiamo già romanticizzato il primo delitto dell’anno». Poi l’articolo continua: «Urge parlare, subito, della responsabilità dei media e di cattivo giornalismo. Da lettori e da lettrici, non dobbiamo più accettare articoli come quelli che abbiamo letto in questi giorni. Segnaliamoli, pretendiamo dai giornalisti, dalle giornaliste e dalle redazioni competenza, serietà e responsabilità. È un nostro diritto di cittadine e cittadini. È il nostro dovere di giornaliste e giornalisti! Dare spazio alla narrazione del ragazzo fragile, che stravedeva per la moglie, è un gesto irresponsabile da parte della stampa, che tra l’altro ha violato, in questa come in altre occasioni, vari punti del Manifesto di Venezia, la deontologia cui sono tenute e tenuti ad attenersi giornaliste e giornalisti nel raccontare la violenza di genere… Ogni femminicidio è un fallimento collettivo – continua l’articolo – della società, delle istituzioni e della cultura che ne crea e ne giustifica il contesto. La responsabilità dei media è enorme: i giornali non possono più permettersi di raccontare queste storie con un linguaggio che giustifichi la violenza o non ne riconosca la matrice.» (Ilaria Maria Dondi, Roba da donne).
Il secondo di quest’anno è stato, fortunatamente un “tentato” femminicidio, di un uomo “allontanato” con una condanna (che aveva appena finito di scontare) dalla moglie per le violenze che lei aveva subito. Un uomo frustrato, rabbioso, che si è sentito indispettito di non avere più potere su quella donna che giudicava “sua” come possesso e mai per amore. Per questo decide di scegliere ancora una volta la violenza e di punirla, pubblicamente, in un parcheggio di un grande supermercato. Un atto di violenza rimane tale, non ci sono giustificazioni e la vittima non può esserlo due volte: della violenza fisica e del giudizio altrui. Come per i processi, spesso purtroppo evitati dalle donne, che dopo una denuncia si sentono di nuovo accusate nelle aule dei tribunali con domande, persino con allusioni.
La simbologia del caso ci porta a cogliere una necessità e dei rimandi, come le interviste “impossibili”. Il “caso” che ha voluto che tutto accadesse all’inizio del giorno in cui si festeggia la Befana. Una figura femminile che si aggiunge in un secondo momento alla festa cristiana dei tre personaggi (che sembra siano stati non tre regnanti orientali, ma tre astronomi interessati anche ai fenomeni del cielo). «La figura della Befana è giunta invece in un secondo momento e non ha alcun tipo di legame con i riti cristiani o con la religione. Le leggende che ruotano intorno a questa figura sono moltissime, ma senza dubbio la più interessante e suggestiva è quella che vede in questa vecchina la personificazione di Madre Natura. Secondo alcune, infatti, la Befana altri non sarebbe che Madre Natura, avvizzita e invecchiata, dal momento che in questo periodo dell’anno il freddo la porta ad essere poco attraente. I doni in questo caso sarebbero i regali che essa fa alle persone per ricordare a tutti che tornerà, tra qualche mese, più bella e lussureggiante che mai». Un’allegoria che rimanda alla donna capace di rigenerarsi. Una coincidenza, chiaramente, ma che dona la speranza di un abbassamento, se non la doverosa scomparsa, di questa “rabbia” maschile, dei maschi “alfa” che sono imprigionati nell’impulso della possessività, completamente privi di sentimenti d’affetto e di rispetto verso le donne.
Il rispetto verso le donne. Purtroppo, spesso è mancato e ancora non c’è. Per esempio nello sport. Se da una parte Paola Egonu italianissima, e non solo perché ha portato la squadra nostrana sul podio, è stata nominata come “atleta dell’anno”, lo sport professionale femminile ancora stenta ad affermarsi. Ora veniamo a sapere che gli 11 milioni di euro pensati con la “legge Nannicini” per incoraggiare (era il 2020) il passaggio al professionismo degli sport femminili sono stati cancellati dall’attuale legge di bilancio. Chissà che ne pensa il generale dell’Italia al contrario!
Il colore nero, ma nel peggiore dei sensi e degli scenari possibili, perché legato ad un fatto incostituzionale quale è giudicata l’apologia del fascismo, si è imposto in questa prima settimana dell’anno in via Acca Larentia, dove anche questa volta si sono ritrovati/e (noi speriamo poche donne tra i tantissimi machi, tutti o quasi vestiti di nero) in centinaia in quella che doveva essere una commemorazione per la morte, in un attentato, di tre ragazzi tra i 18 e i 20 anni e che, invece, si è trasformata immancabilmente, e direi impunemente, in un truce tripudio di braccia alzate per il saluto romano al triplice richiamo di essere presenti. C’è stato un giornalista (molto poco asettico) che ha “rimproverato” un collega di un talk televisivo per aver mandato il filmato della manifestazione di averne sollecitato il dibattito in studio. «così si fa propaganda e semmai si genera emulazione». Forse, secondo noi, così come suggerisce la “critica” si fa solo cattiva informazione e ci si avvia ad uno stato liberticida
Speriamo succeda raramente, ma fa male sentire che possa capitare una cosa del genere. Un bambino, anzi un neonato di pochi giorni, è morto di freddo in una culla termica a Bari. Le culle termiche sono la versione moderna delle antiche “ruote” dove venivano lasciati neonati e neonate indesiderati o su cui pesava il dolore dei genitori, ma spesso della sola mamma, all’impossibilità di crescerlo/a da sola. Erano gli “esposti” o i “proietti” da cui i tanti cognomi che ancora ci sono in Italia A differenza della “ruota” oggi le cosiddette “culle termiche” hanno congegni moderni, tra cui un allarme che avverte della presenza di un nuovo bambino/a e la conseguente attivazione del calore che rende più confortevoli i momenti del neonato o della neonata nella culla. L’allarme di avviso questa volta non ha suonato, il tepore non ha iniziato ad arrivare e neppure la stanza era riscaldata. Anche questo è successo. Il 2 gennaio dell’anno nuovo.
Continuano anche gli incidenti, le morti cosiddette “bianche”, come vengono chiamate quelle avvenute sul lavoro. In pochi giorni e già il numero riempie le dita di una mano. Come per i femminicidi si crede sempre che possa bastare e invece le cifre alte passano di anno in anno e non si punta sulla prevenzione e sulla sicurezza.
Questo succede in un anno che passa il testimone a un altro, mentre il vivere di tutti i giorni ha bisogno non di magiche trasformazioni, ma di soluzioni politiche concrete. Noi da parte nostra ci uniamo al felice ritorno in Italia di una collega che poteva rischiare molto in un Iran che guarda alle donne con gli occhi del fondamentalismo che non appartiene solo a una religione, ma ad ogni regime teocratico o secolare. Ma pensiamo anche ai tanti e tante giornaliste morti in guerra, ben 104 nel solo 2024 di cui più della metà uccisi a Gaza, terra ormai desolata, penso inutilmente.
Divertiamoci però un po’, con leggerezza, prima di essere consolati e consolate dalle poesie che leggeremo insieme. Ho trovato un libro frivolo (chiaramente per chi non ci crede) che però mi ha attratta. È l’oroscopo di quest’anno, segno per segno, per tutta le costellazioni che riempiono i dodici cieli dell’anno. Oroscopo 2025 scritto da Simone Morandi, un romano che si firma con lo pseudonimo Simon & the star, e ci tiene a farci sapere, nella quarta di copertina, di essere nato il 5 febbraio, sotto il segno dell’Acquario. La simpatica “leggerezza” del libro è la passione di Simone per il cinema e le canzoni così da legare un film e una canzone ad ogni cielo. Allora chi è nato/a tra marzo e aprile si aggiudica Combattente (cantata da Mannoia) e il film è addirittura da Oscar: Holdovers-lezione di vita, mentre la parola è “risposta”. “Scongelare” è la parola d’ordine di chi è nato sotto il segno del Cancro e come film gli/le si addice Wish della Disney, mentre “Sesamo” è la formula magica per chi è nato/a in Vergine che si aggiudica come film un Dirty Dancing. Per l’Acquario il risveglio è legato al termine “palindromo”, la canzone è Fateme cantà di Ultimo e il film è, del 2020, Onward-Oltre la magia. I Pescivivranno Il favoloso mondo di Amelie, la parola per loro è “Giusto”. E così via per ogni segno zodiacale.
Per ricordare le donne, anche giovanissime uccise dai loro compagni che pensavano solo di farne oggetto di possesso leggiamo insieme una bella frase che Gino Cecchettin ha dedicato alla figlia Giulia, un respiro di vita! Di Antonia Pozzi che è per me sempre cara, vi propongo questa poesia del 1933: «Tramonto è una poesia che gela letteralmente l’anima, facendo piombare la speranza nell’assoluta disillusione. Ma ciò che reca maggiore pathos alla poesia è l’assoluta accettazione, ovvero la presa di coscienza che quando arriva il buio nel nostro cuore tutto appare immutabile. Fu scritta il 10 gennaio 1933 e fa parte della raccolta di poesie Parole e pubblicata per la prima volta da Mondadori, nel 1939».
In contraltare e prima in ordine di stesura metto la composizione di un’altra poeta che ho cominciato ad amare da poco, ma che ora si è ancorata alla mia mente e al mio cuore. Mariangela Gualtieri la leggiamo in questa poesia che ci porta come un viatico a continuare a camminare nel mondo con saggezza e umiltà. Perdonare e costruire, si può.
Dunque si può
Dunque si può. Dire mi dispiace
dire perdonate e ottenere il perdono,
subito. Essere del tutto ripulito.
Nuovi. Si può. Allora perdona.
Se ho sempre preferito me
la mia persona. Se ho pensato
d’essere migliore d’ogni altro animale.
d’ogni altro organismo vegetale.
Se ho messo me. Se ho messo me
per prima. Il capriccio di me, l’estetica di me. Il sollievo di me.
Perdonate se non ho guardato
con la attenzione tutte le meraviglie quotidiano. I passaggi di luce. Le stagioni.
Certe facce. O musi. Se non ho adorato
la varietà mutevole del mondo,
se non l’ho servita, protetta da me stessa,
non abbastanza cantata, fatta entrare,
appoggiata sul fondo mio a farmi
più intonata e vigile. Perdona
Se ho riso troppo poco. Se poco ho
ringraziato
per le camminate nel bosco, per
quell’ebbrezza
di gambe nell’andare, accordo delle mani
in ogni semplice tariffa. Se non ho
ringraziato
per il dolce dormire e tenerci abbracciati
sulla sponda del buio spaventoso.
Se mai ho ringraziato perché c’erano gli altri
e anzi ne ho patito la presenza e spesso
ho preferito la voce scritta dei morti.
Perdonate ogni omissione mia, la cecità
che mi ha fatto sentire d’essere buona,
l’ipocrisia
con cui mi sono assolta, la misura
del mio volere bene. E se il cane
Che festeggia al mattino la mia entrata in cucina
se è per mia consolazione inviato
affinché sia alleggerita, come del resto il sole,
le arance sul tavolino, il cioccolato, il vino.
Se tutto questo è disposto e animato
perché io sia migliore, più lieta –
Perdonate le mattine scure
e l’umore nero – la chiusa testa murata
nelle sue tortuose galere, la prigionia
interiore in cui mi relego, muta e scontrosa
dimentica dei doni.
Se non sono del tutto e sempre
innamorata del mondo, della vita,
sedotta e vinta dalla rivelazione
d’esserci d’ogni cosa, e d’altro non troppo ben nascosto – dietro l’evidenza.
Questo più d’ogni altra cosa perdonate.
La mia disattenzione.
(Mariangela Gualtieri)
Tramonto
Fili neri di pioppi
fili neri di nubi
sul cielo rosso
e questa prima erba
libera dalla neve
chiara
che fa pensare alla primavera
e guardare
se ad una svolta
nascano le primule
Ma il ghiaccio inazzurra i sentieri
la nebbia addormenta i fossati
un lento pallore devasta
i colori del cielo
Scende la notte
nessun fiore è nato
è inverno anima
è inverno.
(Antonia Pozzi, 1933)
«Danzo nel vento, piroetto con l’arcobaleno e sono lontana, ormai. Lontana dalla malvagità, dalla follia e dalle insidie del mondo. Adesso le mie lacrime diventano stelle, e accendono il cielo con luci splendenti di speranza. Tutto il firmamento applaude la mia grazia e la mia leggiadria, e finalmente sorrido, e finalmente vivo, per sempre».
(Gino Cecchettin la dedica a sua figlia Giulia)
Buona lettura a tutte e a tutti.
Il numero 305 di Vitamine Vaganti si apre con la protagonista di Calendaria della settimana: La badessa medievale Herrad von Landsberg, autrice della prima enciclopedia, per di più illustrata, redatta da una donna, l’Hortus deliciarum. Ci spostiamo al Palazzo Roncale di Rovigo, dove una mostra celebra la grande poeta e scienziata Cristina Roccati, “la donna che osò studiare fisica”; se ne parla in Rovigo celebra l’illustre concittadina Cristina Roccati. Sempre grazie a una mostra si dirama la storia di una scenografa, costumista e collezionista, raccontata in Cividale del Friuli alla scoperta di Maria Signorelli e delle sue sculture morbide.
In Parità di genere e medicina. Le protagoniste. Le italiane. Parte seconda prosegue la presentazione dei più importanti nomi femminili della medicina nostrana e sempre legato al tema della medicina di genere si tratta in Morfologie impreviste. Si rimane nel mondo della scienza con Memory Street International. Le scienziate dove sono illustrate brevi biografie delle scienziate protagoniste del nostro gioco Memory. In Donne e rock and roll. Un viaggio alla scoperta della migliore musica femminista alternativa. Parte prima si introducono le donne che hanno cambiato la storia della musica rock e le loro incredibili vicende umane, mentre in Salute e stato sociale si illustra il numero 22 di Bibliografia vagante, dovesi parla delle donne che hanno influenzato la scienza medica nel Rinascimento.
Il battesimo dell’Asteroide Anadiego dà l’occasione per parlare del triste evento dei desaparecidos e di una delle sue vittime, Ana Teresa Diego.
«Che cosa hanno in comune le donne di Calendaria con i processi sulle vittime di violenza di genere, domestica e sessuale?». Lo spiega Dalle strade cittadine alle aule dei tribunali: quale parità? un incontro organizzato dall’associazione amica di Toponomastica femminile Arcodonna di Monza che ha coinvolto due personalità della Magistratura esperte in processi per violenza sessuale, domestica e di genere.
Si torna a Francavilla Fontana con La presenza di figure femminili nella memoria storica di Francavilla, una breve carrellata dei nomi femminili presenti nelle strade del comune pugliese.
La recensione della settimana è dedicata al libro Nella tana del lupo con Gabriella Tupini, un’analisi dettagliata del rapporto genitore-figlio che esprime anche una critica incisiva al patriarcato.
«Molte sono le parole che rievocano le piccole o grandi violenze a cui sei stata sottoposta, fin da quando la memoria è capace di illuminare i ricordi.» Si apre così Scuola di cucina, il racconto di un ricordo della preadolescenza sulle ingiuste divisioni tra maschi e femmine già a partire dalla più tenera età.
Chiudiamo questo numero con la gustosa ricetta di Fave e cicoria. Buon appetito!
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
