Editoriale. Non siamo solo terrestri

Carissime lettrici e carissimi lettori,
Basta! Basta con la violenza fisica, esasperata fino alla morte. Basta con la sottomissione psicologica. Basta con il divario economico. Basta con le disuguaglianze sociali. Basta con i pregiudizi e gli stigmi. Basta con la medicina che cura a senso unico. Basta con gli studi “differenziati”. Basta con i diritti civili negati o cancellati. Basta con il patriarcato, con il pensiero maschilista. Basta con le differenze di genere.
Oggi non è una festa, perché si ricorda praticamente un eccidio. Deve essere un’ulteriore occasione per riflettere, per fare il punto sulle conquiste ottenute e sui nuovi traguardi da raggiungere. Con noi donne capaci di conquistare lo spazio egualitario, di imporci senza sopraffare, di essere capaci di inventare, di creare, di partecipare alla Storia, togliendo una supremazia, annullando il concetto di una quanto mai fittizia superiorità maschile. Vivendo e combattendo per i propri fini non al maschile, ma come donne.
Allora sì, viva le donne. Auguri a noi per quello che siamo state nei secoli, che siamo e saremo. Secoli come quelli a venire con i muri da superare. Abbiamo conquistato il voto politico che ci ha reso parte attiva della vita sociale. Ci hanno aiutate le suffragette, le suffragiste inglesi, che affiancate, in verità, anche dagli uomini, cominciarono a lottare perché le donne avessero gli stessi diritti politici degli uomini, precedute, da quella Olympe De Gouges che nel 1791 scrisse, in pieno periodo rivoluzionario e poi giacobino (decretarono la sua morte nel periodo del Terrore) la sua Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine fondamentale partenza per i diritti civili delle donne.
Abbiamo conquistato il fondamentale diritto al divorzio che ci ha liberate, insieme ai nostri compagni ormai non più amati, da legami indissolubili e diventati pesanti e pregiudizievoli catene sociali, soprattutto per noi donne che già avevamo nell’istituzione matrimoniale un ruolo subalterno e sottomesso. Il divorzio, nonostante l’opposizione di un grande partito politico e della chiesa, è arrivato attraverso un referendum a metà maggio del 1974, quando in Italia ancora vigeva la barbara usanza stabilita del “matrimonio riparatore” rifiutato per la prima volta da una giovanissima ragazza di Alcamo in Sicilia, Franca Viola. Un’usanza (spezzata solo nel 1981!) che portava all’annullamento della pena per violenza sessuale se ci fosse stato un matrimonio appunto “riparatore”.
Con la cosiddetta Legge 194 abbiamo ottenuto la libertà di gestire la maternità e il nostro corpo. Anche questa legge, che riguarda la libera scelta delle donne di abortire, è nata da un referendum, del marzo del 1981. Oggi però la validità e il contenuto di questa legge sono messe continuamente in pericolo. La libertà riguardo all’aborto, in effetti, oggi è in serio pericolo in tutti gli Stati sovranisti, europei e non europei. Inoltre, troppo spesso ancora, le sentenze nei processi per stupro sono ingiuste, con pene molte volte lievi o calmierate. Mentre le donne che denunciano in tribunale vengono tempestate di domande, più che inutili, dannose, molto dannose e inutilmente intime per la loro posizione di vittime. Gli avvocati, e qualche volta anche le avvocate (!), chiedono se la donna che ha subito uno stupro indossava quel giorno i jeans, se ha parlato, ha reagito o… aveva una biancheria di colori che potevano eccitare, come il rosso. Incredibile, ma vero. E che dire della richiesta sul consenso? Il “no” è stato davvero un “no” chiaro e determinato? Poteva essere inteso come un “sì”? Davvero scandaloso, ma succede. Come è successo davvero che giudici e legali hanno tentato di dissuadere a chiedere e ottenere il processo a porte aperte a Gisèle Pelicot, la donna messa praticamente in vendita dal marito, violentata da un consistente numero di uomini durante anni, dopo essere drogata, nelle “tranquille “ sere nella sua casa della provincia francese.
Una conquista è, invece, quella ottenuta da una caparbia ragazza di origine campana appena laureata in Scienze politiche, all’università di Roma e con la volontà di intraprendere la carriera prefettizia. A Rosanna Oliva De Conciliis, oggi energica novantenne, fu negato l’accesso al concorso proprio perché donna. Ma la sua vittoria, nel 1960, al ricorso da lei presentato presso la Corte costituzionale ha aperto a tutte le donne la strada della partecipazione ai principali concorsi nella pubblica amministrazione prima accessibili solo ai maschi.

La strada è ancora lunga e non facile. Possiamo votare, siamo libere di divorziare e di abortire. I concorsi pubblici sono aperti alla nostra partecipazione e, almeno sulla carta, abbiamo la possibilità di essere assunte in ditte o organizzazioni private. Però subiamo ancora la violenza di genere. Siamo impaurite a denunciare gli abusi, le violenze, persino lo stupro per il timore di essere di nuovo processate, perseguitate da una vittimizzazione secondaria che ci umilia e ci costringe a ripensare a ciò che è successo. Abbiamo un notevole gap economico con i maschi, guadagniamo davvero di meno, cosa che ci rende più fragili e poco indipendenti, in società, ma anche nel rapporto di coppia con il rischio di una sudditanza psicologica.
Eppure, abbiamo collaborato a scrivere la Storia, anche quella delle invenzioni, anche quella della scienza e della filosofia. Nonostante gli impedimenti, gli stigmi, l’imperante dilagare della cultura maschilista e patriarcale, le donne hanno partecipato alla costruzione del mondo. Anche se la Storia si è spesso “scordata” di noi, come suggerisce il titolo di un libro scritto da una psichiatra per far conoscere questa “assenza” soprattutto ai ragazzi e alle ragazze (La Storia scordata, Luana Testa, Albatros, 2024 https://vitaminevaganti.com/2024/11/23/tre-donne-anzi-tante-di-piu/) per educarli a cercarne le presenze femminili importanti.
Nonostante la poca partecipazione, ancora purtroppo molto avvertita, delle donne nelle professioni cosiddette Stem, è stata proprio una donna, Ada Lovelace Byron, la figlia del poeta, a pensare al primo computer. Tra i suoi appunti si rintraccia anche un algoritmo per generare i numeri di Bernoulli che sono in grado di essere elaborati da una macchina. 

Continuiamo a parlare di invenzioni e brevetti, seppure, purtroppo, le iscrizioni e le richieste di iscrizione a partecipare delle donne siamo molto inferiori a quelle dei maschi. Sarà di uso domestico, ma, se non lo sapevate ancora, la lavastoviglie la dobbiamo a una donna: Josephine Cochrane con il primo prototipo mostrato a Chicago nel 1893. Quattro anni più tardi, nel 1897, Cochrane aprirà una fabbrica tutta sua. All’intuito femminile si deve anche il tergicristallo che ci è stato dato dalla fantasia tecnica di un’altra donna americana, Mary Anderson, nel 1903. Il tergicristallo automatico è stato anche progettato da una donna, Charlotte Bridgwood. Un’altra invenzione al femminile che riguarda le automobili è quella di Margaret Wilcox alla quale dobbiamo il riscaldamento dell’abitacolo.
Qualche anno più tardi, nel 1910, per rimediare a certe mancanze estetiche del suo abbigliamento per una festa a cui era stata invitata, Mary Phelps Jacob inventò il reggiseno. A un’altra donna, Hedy Lamar, affascinante diva del cinema, dobbiamo la nascita della prima connessione wireless, mentre Karen Spar, una donna europea, dello Yorkshire, Inghilterra, ha fatto in modo che potessimo usare quelli che conosciamo come motori di ricerca.
L’italiana Luisa Spagnoli la conosciamo soprattutto come stilista, ma poche/i sanno che fu la creatrice, insieme a Francesco Buitoni, della fabbrica di cioccolatini con marchio Perugina. Nel 1922 ebbe una delle più grandi intuizioni: inventò un cioccolatino fatto con il cioccolato e la granella di nocciole avanzate e solitamente buttate. Questi cioccolatini, con il cuore di gianduia furono chiamati Cazzotti, perché somigliavano alla nocchia di una mano. Buitoni (Giovanni) li ribattezzò con il nome con il quale oggi sono famosi: i Baci. Una curiosità che fa di Luisa Spagnoli una donna e imprenditrice all’avanguardia e dalla parte delle donne. Allo scoppio della guerra Spagnoli aprì la fabbrica alle donne e introdusse la nursery e il diritto all’allattamento. Oggi è cosa rara ed è uno dei motivi principali per cui le donne abbandonano il lavoro e rientrano tra le mura domestiche per la cura della famiglia aggravando quel gap economico con il proprio compagno di cui si è parlato sopra.

Questa settimana sono andata a teatro, al Quirino, oggi ribattezzato a nome di Vittorio Gassman, a un passo dalla galleria dedicata al collega Alberto Sordi, nel cuore di Roma. In scena Veronica Pivetti ha recitato (ci sarà fino a domani) in modo magistrale un lungo ininterrotto monologo, alternato da canzoni, durato quasi due ore che ha anche una donna come autrice, Giovanna Gra. Il titolo ironicamente la dice lunga: L’inferiorità mentale della donna e disquisisce su un trattato, così intitolato, dell’assistente alla sezione neurologica di Lipsia, Paul Julius Moebius. «Scritto nel 1900, opportunamente definito un evergreen del pensiero reazionario. Donne dotate di crani piccoli, peso del cervello insufficiente… secondo Moebius le signore sono provviste di una totale mancanza di giudizi propri. Per giunta dopo poche gravidanze decadono e, come si dice molto volgarmente, rimbambiscono». Non solo. Le donne che pretendono di pensare sono moleste e «la riflessione non fa che renderle peggiori». A queste dichiarazioni fa eco il medico, antropologo, giurista e criminologo italiano Cesare Lombroso: «le donne mentono e spesso uccidono, lo dicono i proverbi di tutte le regioni. Fortunatamente, i cervelli delle donne sane pesano più di quelli delle donne criminali». Ed ecco un rapido excursus su delitti eccellenti, per esempio quello compiuto da Agrippina, o da Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio… Sylvain Maréchal scrittore, avvocato e sedicente rivoluzionario, con il suo “Progetto di legge per vietare alle donne di leggere” sostiene che «imparare a leggere è per le donne qualcosa di superfluo e nocivo al loro naturale ammaestramento», d’altro canto «la ragione vuole che le donne contino le uova nel cortile e non le stelle nel firmamento». Uno spettacolo che si addice al momento per riderci su e superare, abbattere muri di stigmi ancora esistenti.

Consoliamoci ancora con la poesia. Dei versi pieni di dolcezza della profondamente amata Margherita Gualtieri, una donna immensamente poetica con la quale celebriamo noi, tutte le donne.

Noi tutti non siamo solo
terrestri. Lo si vede da come
fa il nido la ghiandaia
da come il ragno tesse il suo teorema
da come tu sei triste
e non sai perché. Noi
tutti, noi forse ritornati,
portiamo una mancanza
e ogni voce ha dentro una voce
sepolta, un lamentoso calco di suono
che un po’ si duole anche quando
canta. Te lo dico io
che ascolto
il tonfo della pigna e della ghianda
la lezione del vento
e il lamento della tua pena
col suo respiro ammucchiato sul cuscino
un canto incatenato che non esce.

Ascoltare anche ciò che manca.
L’intesa fra tutto ciò che tace.

Mariangela Gualtieri
(da Bestia di gioia, Einaudi)

Buona lettura a tutti e a tutti e buon 8 marzo, sempre tutto l’anno.

Il nuovo numero di Vitamine vaganti si apre con la protagonista di Calendaria della settimana: Marianna Elmo. Una ricamatrice d’eccellenza, figura di spicco della storia del ricamo di Lecce. Continua la carrellata delle più prominenti figure femminili nel campo della medicina in Parità di genere e medicina. Le protagoniste. Le europee. Parte seconda.
Di spazi urbani e del modo in cui influenzano la nostra vita e viceversa si parla in La città che vorremmo, con l’obiettivo di creare «Un mondo che si adatti alle persone, non viceversa». Viene poi celebrata l’apertura de Il Famm, primo museo europeo dedicato alle artiste, «prima istituzione privata in Europa dedicata esclusivamente alle artiste che si sono distinte nei principali movimenti artistici dell’età moderna […]. L’obiettivo è quello di riconoscere e valorizzare il loro contributo al mondo dell’arte e metterne in luce l’indiscutibile talento di tante, promuovendo anche una riflessione sulla loro assenza nella storia dell’arte».
Di grande interesse sono poi gli studi e le riflessioni che vengono proposte: Teresa Dello Diaco, la Saffo salentina, il lavoro di una classe dell’Istituto comprensivo “Carducci-Materdona” di Mesagne che ha avuto modo di approfondire la vita di una poeta e scrittrice della loro terra. Il (triste) Rendiconto di genere 2024, il sunto di questo documento redatto dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps che mostra la difficile e complessa situazione delle donne in Italia. Un approccio differente a sé stesse e alle altre. Vent’anni del Concorso Lingua Madre è l’approfondimento di uno dei concorsi più significativi del Salone del Libro di Torino. Se ben scritti, i regolamenti toponomastici sono importanti strumenti di parità, uno dei contributi al XIII convegno nazionale di Toponomastica femminile tenutosi a Mesagne e Francavilla Fontana, prende spunto dall’esempio virtuoso di Torino per discutere della politica del nominare i luoghi delle città. Infine, I nomi delle donne é un interessante viaggio nel tempo attraverso l’evoluzione dei nomi che venivano e vengono dati alle bambine.
Le donne della luna ripercorre l’affascinante storia delle donne a cui sono o dovrebbero essere dedicati alcuni dei crateri lunari come ringraziamento per il contributo che hanno dato all’astronomia.
Continua la pubblicazione delle testimonianze dei e delle insegnanti di sostegno, questa volta dedicata alla storia del giovane Roberto in Se duecento anni dopo la storia potesse ripetersi. La recensione della settimana è per Il posto di Annie Ernaux, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 2022. Cui si aggiunge un interessante approfondimento della serie di Disney-Marvel Wandavision e delle sue principali tematiche in La realtà dell’illusione.
Infine Cultura del vino. Made in Italy al femminile racconta la storia femminile della produzione del vino.
Non ci resta che augurare a tutte e tutti il nostro consueto Buon appetito!

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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