Carissime lettrici e carissimi lettori,
volevo iniziare questo editoriale in un altro modo, con un’altra notizia. Sempre brutta, purtroppo, pessima per reputare civile il mondo in cui viviamo.
Ma la vita perduta di un ragazzino di quasi quindici anni, suicidatosi una manciata di giorni prima dell’inizio del nuovo anno scolastico con la paura nel cuore di dover subire ancora bullismo, vale un inizio. Tristissimo. Vale il grido di dolore doveroso di una società che evidentemente ha fallito non riuscendo a preservare e proteggere un adolescente. In più non dobbiamo scordare che proprio questa rivista, Vitamine vaganti, è nata nell’ottica della denuncia, della rieducazione scolastica dei ragazzi contro il bullismo, le ingiustizie, le differenze che si devono abolire. Proprio partendo da quell’istituzione che accoglie, praticamente per prima, dopo la famiglia, ragazzi e ragazze per insegnare loro a guardare il mondo.
È nata così, allora, una rivista “parallela” con il numero colorato di blu, al posto dell’usuale contorno rosso. Una rivista dedicata alle scuole, agli e alle insegnanti e soprattutto ai ragazzi e alle ragazze che dovevano ricevere in quella sede, deputata all’educazione, lezioni di parità e di rispetto.
Si è iniziato dal numero 53, legato alla cinquantatreesima settimana della rivista e a compimento del primo compleanno della stessa. Si annunciava di parlare di bullismo e di cyberbullismo, di ludopatia, di dipendenze sentite in senso lato, a cui i giovani rischiano di sottomettersi. Il primo numero è stato pubblicato il 14 marzo 2020 e così è stato presentato nell’Editoriale di allora: «Dopo appena un anno diamo vita a una seconda creatura, a un’altra figlia: una rivista, un inserto in piena regola, con un nome bello, con un indice di positività per i ragazzi e le ragazze a cui soprattutto è rivolto. Nasce Vitamineperleggere. Avrà una cadenza mensile e durerà per quindici puntate. Ve ne accorgerete, perché, come oggi, Vitaminevaganti.com si vestirà di blu a indicare la presenza in quel numero dei dodici articoli: undici più un breve editoriale di presentazione del numero corrente, che solo oggi non c’è perché sarò io ad avere l’onore di presentarvela. Vitamineperleggere è stata generata dalla partecipazione a un bando della Regione Lazio per l’editoria. Nel bando, dal quale siamo uscite/i vincitori, erano indicate le linee guida su cui si doveva basare la pubblicazione: “Vitamineperleggere è la sezione operativa di Vitamine vaganti, nata nell’ambito di Vitamine digitali — progetto realizzato con il finanziamento della Regione Lazio — Direzione Regionale per lo Sviluppo Economico, Attività Produttive, Lazio Creativo». Questa citata è la spiegazione che troverete appena aperta la tendina intitolata con il nome del nuovo inserto e che così continua: «Dodici articoli che riguarderanno la formazione sul campo, nelle scuole, da parte delle nostre formatrici, coinvolgendo anche gli studenti e le studentesse a scrivere in prima persona, divenendo parte attiva e centrale dell’apprendimento, capaci di sviluppare autonomia e responsabilità. Vitamineperleggere approfondirà le tematiche legate all’informazione e alla sua manipolazione per mezzo delle fake news o alla sua distorsione attraverso le cattive lenti del razzismo, del sessismo, dell’omotransfobia e dei tanti pregiudizi e stereotipi che ci impediscono di aprici al mondo, ed essere anche nel nostro piccolo come Le Giuste di cui una serie approfondirà la vita».
Dunque, ritornando alla cronaca dell’oggi, la morte voluta e, purtroppo, annunciata (con tanta forza anche dalla famiglia, tutti/e lasciati soli!) non poteva non toccarmi, come direttrice cosiddetta “direttrice responsabile” (ma la rivista dedicata alla scuola ne aveva anche una figura di rappresentanza, come dire, parallela), e toccarci tutte e tutti.
Questo ragazzino ci appartiene, e ci appartiene anche il peso della sua prematurissima scelta finale. La società non può far finta di nulla. Lo sa perché ne è avvertita. Non credo alle “sorprese” di questo terribile genere. I genitori da anni avevano avvertito, denunciato. Ma seppure non ci dovessero essere le denunce, il dolore che porta un ragazzino o una ragazzina che decide di finire ammazzato/a perché sopraffatto/a dal mondo, da un dolore che non riesce a gestire, forse proprio per la sua giovane età, è impossibile che non sia visibile a tutti, evidente a una semplice riflessione, tangibile. Io credo che sia molto evidente ai cosiddetti adulti, dai genitori agli/alle insegnanti, obbligati/e a prendersi cura di loro (cura è un termine importante, da non sottovalutare, difficile da mettere in atto, lo sappiamo bene soprattutto noi donne, a cui il “mestiere” della cura è delegato, costretto, senza retribuzione e riconoscimenti, nel silenzio delle mura domestiche). Se questa vita finisce, tolta a causa di una violenza perpetrata, tra l’altro, da giovanissimi e giovanissime della stessa età delle loro vittime, la colpa ricade su chi educa e non è stato/a attento/a, non solo contro loro coetanei e coetanee. Questa subita dal giovanissimo Paolo (che veniva chiamato al femminile per la sua gentilezza e contro cui un compagnetto delle medie ha brandito un giorno un coltello portato in classe “per ucciderlo” e, terribile cosa, aizzato dicono da un’insegnante) è un’assuefazione alla violenza che rischia di generarne altra e tristemente ritorna verso sé stessi. Una violenza non placata e ignorata dagli adulti che, proprio nella scuola, voltano troppo spesso lo sguardo altrove, per non dire altro. Questo a chi legge la rivista, spesso insegnanti, dovrebbe far riflettere tanto.
Il fratello di Paolo ha scritto una lettera, diretta alla Presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione Valditara, facendo accuse precise: «Mio fratello si è ucciso per colpa dei bulli che lo perseguitavano. Questa tragedia non rappresenta un caso isolato. Numerosi altri ragazzi hanno trovato la morte per le stesse ragioni. Ogni episodio rimasto senza risposte adeguate è un fallimento che pesa non solo sulle famiglie colpite, ma sull’intera società». E ha aggiunto: «Chiedo che la morte di mio fratello e delle altre vittime non venga relegata nell’ombra e che vengano adottati con urgenza provvedimenti concreti e incisivi per contrastare il fenomeno del bullismo nelle scuole italiane. É indispensabile promuovere una cultura della prevenzione, della responsabilità e del rispetto». Anche il padre del giovane Paolo racconta un percorso costellato da episodi di esclusione e prevaricazione già alle elementari, con segnalazioni e denunce presentate senza che fossero ottenuti risultati concreti.
Tanta violenza che risponde a quella del mondo, senza giustificazione alcuna. Violenza subita da giovanissimi/e ed eseguita da altri e altre minorenni. Come la dodicenne abusata a Sulmona, da quando aveva dieci anni, da parte di due cugini ora di 18 e 14 anni, una ragazzina minacciata ed esposta al revenge porn sui social, con la sfortuna di essersi invaghita del più giovane dei due e che, finalmente, si è aperta confidando alla mamma le sue sofferenze. Violenza tra minori e su un minore quella che è accaduta a Roma nel parco detto delle Magnolie, al quartiere della Serpentara. Un ragazzino nel giorno del suo compleanno, malmenato a calci, pugni e con sbarre di ferro fino a mandarlo in ospedale. Oppure l’altra brutta storia riguardante un’undicenne stuprata (stavolta è stato un 45enne ad agire) a Mestre all’uscita di una palestra. Poi può finire come a Torino dove un marito si è sentito consolato da un «è comprensibile» scritto in sentenza da un giudice dopo che l’imputato aveva mandato in ospedale la compagna massacrata di botte perché che gli aveva detto di volerlo lasciare. Ma queste sono cose tra adulti… che però, c’è da dirlo, nascono da una maleducazione ricevuta in passato alla parità e al rispetto.
Violenza. Tanta riempie il mondo. Le guerre non bastano. Il nemico non si contrasta, non si batte sul campo, si uccide. E neppure finisce qui, con le pallottole di un fanatico contro un altro invasato che predica e diffonde odio e intolleranza spinta al massimo tra la gioventù universitaria con il beneplacito del Presidente dei dazi. Il fanatico assassino uccide con pallottole firmate con appropriazioni indebite prese da chi è morto davvero per la libertà, il partigiano di Bella ciao! Ma l’invasato targato Maga, che, come acronimo, non è così edificante visto che esalta il suprematismo americano (ma gli americani originali non erano quelli presenti nel continente con lo stesso nome prima dei colonizzatori e non erano neppure “bianchi”?), diventa un martire tout court difeso a spada tratta non perché, come sarebbe giusto dire, è stato “punito” con la morte sempre inaccettabile, ma perché aveva diritto a esprimere le proprie idee! Non è un po’ troppo al riguardo? Intanto sono cominciate le epurazioni. E si parte sempre dai e dalle giornaliste che, per mestiere, si sa, fanno informazione. La censura ha toccato stavolta Karen Attiah, una storica firma degli editoriali sul Washington Post. «Karen Attiah aveva parlato dell’ipocrisia dell’America bianca che accetta la morte dei bambini a scuola senza mai parlare del problema delle armi, limitandosi alla frase di rito pensieri e preghiere, ma poi si indigna quando a morire è un bianco che inviava messaggi violenti». Attiah è stata licenziata perché, oltre ad altro, aveva pubblicato una frase di Kirk che tronfiamente e senza contestazioni «aveva accusato donne nere di rilievo di non avere la capacità cerebrale per essere prese sul serio e intanto rubano il lavoro ai bianchi». Secondo i media americani, il riferimento era stato, tra le altre, all’ex first lady e ora podcaster Michelle Obama e alla giudice della Corte suprema Ketanji Brown Jackson. «Attiah era stata l’ultima opinionista afroamericana — ribadisce l’articolo citato — assunta a tempo pieno nello staff dei columnist». Stessa sorte era toccata qualche settimana fa, tanto per rimanere sul clima attuale del suprematista governo degli Usa. «Il licenziamento di Attiah arriva pochi giorni dopo quello di un analista politico, Matthew Dowd, cacciato dalla rete televisiva Msnbc per aver descritto Kirk — fondatore dell’organizzazione giovanile conservatrice Turning Point Usa — come una figura divisiva che diffondeva messaggi d’odio. Negli ultimi giorni, influencer e leader politici di destra hanno lanciato una campagna contro coloro che hanno criticato Kirk o sono sembrati aver celebrato la sua morte, il che ha portato al licenziamento o alla sospensione di numerosi dipendenti, dopo che le loro aziende o organizzazioni sono venute a conoscenza dei post anti-Kirk. Questa censura del dissenso sembra andare contro la stessa filosofia di Kirk, che riteneva un diritto sacrosanto esprimere la propria opinione, lui che aveva difeso in confronti pubblici la sua posizione suprematista, anti-transgender, contro gli immigrati e i neri. Dopo l’aggressione a martellate a Paul Pelosi, marito della ex speaker della Camera, da parte di un sostenitore trumpiano, Kirk aveva lanciato un appello perché un patriota straordinario pagasse la cauzione per far tornare libero l’aggressore. In quel caso i repubblicani non si erano indignati» (Massimo Basile).
Anche il Governo nostrano ha montato una campagna di odio sul caso Kirk, che fa male e vuole (volontariamente?) ribaltare l’Italia nel clima di tensione degli anni cosiddette di piombo. Il “piombo”, purtroppo, se si evoca alla fine arriva ed è sbagliato che arrivi, nessuno può negare questa evidenza. Nessun/a intellettuale o politico/a può permettersi di farlo e secondo me, nessuno/a lo ha fatto. Il resto è gioco di provocazione. Non si scherza, non si deve scherzare con la vita.
Si scherza troppo con la vita nella guerra. In queste guerre che nel giro di meno di un secolo si accaniscono sul mondo facendo vorticosamente salire il numero dei civili uccisi, morti ammazzati dai conflitti.
La notte tra il 15 e il 16 settembre, appena in questa settimana che sta per finire, la Storia si è rivoltata, si è capovolta. Come un mostro che non desideriamo mai appendere a testa in giù. Quella Storia scritta con la maiuscola che fonda e scrive la vita delle persone. A metà del secolo scorso un uomo, se tale si poteva dire per follia e cattiveria, offriva al mondo una sua irrazionale soluzione finale con la volontà dell’annientamento di un popolo senza colpa. Oggi uno Stato che si definisce composto da uomini e donne appartenenti al popolo del Libro, che va rispettato e compreso nella sua sofferenza, sta, con l’azione del suo Governo, mettendo in atto la “sua” soluzione finale dando gli ultimi colpi di morte a Gaza, iniziando la “sua” assurda soluzione finale, che si diceva dovesse essere irripetibile agli occhi del mondo. A Gaza, il 14 settembre, fatto taciuto da quasi tutta la stampa, è stato abbattuto, insieme ad altri tre grattaceli, l’edificio che ospitava la più grande collezione archeologica della Striscia di Gaza. Sono andati in polvere pezzi interi di memoria, migliaia di reperti accumulati in decine di anni di ricerche e, seppure avvisati (anche qui un richiamo doloroso alla Storia, da Cassino alla biblioteca scomparsa del Ghetto ebraico di Roma), non si è riuscito a mettere in salvo tutto. Il Gruppo archeologico internazionale ha dichiarato, proprio per questa occasione, che la guerra non si può fare distruggendo i libri. Si ritorna al passato: alla notte in cui persone che seguivano una turpe ideologia cominciarono follemente a bruciare libri. Distruggere i libri vuole palesemente dimostrare di voler distruggere la cultura e insieme la memoria dell’umanità.
E in mezzo a tutto questo orrore e bruttura permettetemi di non parlare del concorso di bellezza di miss Italia, seppure contestando l’idea. Sarà per una prossima volta.
Una poesia che lucidamente ci spiega l’odio. È della scrittrice polacca Maria Wisława Anna Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012) «descrive l’odio come un sentimento che, con grande facilità, supera gli ostacoli e si adatta alle circostanze per continuare a esistere e prosperare».
Odio
Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.
Religione o non religione —
purché ci si inginocchi per il via
Patria o no —
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.
Oh, quegli altri sentimenti —
malaticci e fiacchi!
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?
Diciamoci la verità:
sa creare bellezza
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.
È un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro.
— lui solo.
(da Gente sul ponte 1986)
Per Gaza. Ancora una poesia struggente di Haidar al-Ghazali
E il dolore
Non lascia un affamato
Che raccoglie chicchi di riso
Dalla terra
Ricorda come ha raccolto i resti di suo figlio affamato
In una borsa.
(24/03/2024)
Domani, 21 settembre sarà la Giornata internazionale della pace, proclamata nel 1981 dalle Nazioni Unite. Quest’anno il focus sarà sul ruolo che ogni persona può avere per promuovere la pace, il cuore della nostra Costituzione. Ricordando il grande Robert Redford che all’impegno civile per un mondo più giusto ha dedicato la sua professione e la sua vita. La pace sporca. Il numero di agosto di Limes parte seconda affronta proprio il difficile tema della pace, come sempre fornendoci punti di vista diversi, indispensabili per capire la complessità della situazione di incertezza in cui tutte e tutti viviamo.
Sono tante le figure femminili presentate da Vitamine vaganti questa settimana: Maria Signorelli, scenografa, la donna di Calendaria, che unì la passione per il teatro e il balletto alla realizzazione di fantocci e all’Opera dei burattini; Silvana Pampanini ed Eleonora Rossi Drago, due icone di fascino e professionalità nel cinema italiano degli anni Cinquanta; dal Convegno di Toponomastica femminile di Francavilla e Mesagne Donne in capo al mondo. Le esploratrici della fine dell’Ottocento, presenta otto viaggiatrici che «non solo hanno rischiato molto della propria vita andando in luoghi esotici e spesso pericolosi, da sole e senza il consenso delle famiglie, ma hanno condotto una lotta per certi versi ancora più faticosa, quella contro i condizionamenti culturali, le critiche malevole o le manifestazioni di derisione da parte dei loro contemporanei». Sarà poi molto interessante scoprire la figura di Elvira Banotti, oltre la “vicenda Montanelli”, tra le fondatrici del Tribunale 8 marzo, la prima a suggerire con grande anticipo sui tempi l’intersezionalità nel femminismo.
La prossima settimana, il 26 settembre, sarà celebrata in tutta Italia “La Notte dei ricercatori e delle ricercatrici”. La scienza al centro per una notte. Il lascito di Rita Levi-Montalcini sarà l’occasione per ricordare, attraverso il racconto della nipote, una scienziata a cui è stata intitolato un Viale in località Pontrino a Sora. Grande era la curiosità di questa donna, quella stessa curiosità che le e gli insegnanti dovrebbero saper suscitare nelle e negli studenti. Nella sezione “Didattica e formazione” l’autrice dell’articolo La scuola e l’intelligenza artificiale offre una critica costruttiva al ruolo dell’Ia nelle lezioni scolastiche.
La vegetariana è la recensione del romanzo dal titolo omonimo della vincitrice sudcoreana del Premio Nobel per la Letteratura 2024 Han Kang, già incontrata su questa rivista in occasione della sua premiazione. Se qualche nostra lettrice o lettore si trovassero in quel di Nuoro non si dovrebbero lasciar sfuggire una mostra, raccontata in Isole e Idoli in mostra a Nuoro.
In questo numero inauguriamo una nuova serie: “Diritti e rovesci”, con Il diritto in valigia, una guida utile ad assumere maggiore consapevolezza dei nostri diritti quando viaggiamo.
Chiudiamo la rassegna dei contributi di questo numero con Le pastaie pugliesi. La Daunia e una bella ricetta su come preparare i cavatelli e come cucinarli in modo gustoso, augurando a tutte e tutti buon appetito!
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
