Il fascismo non muore mai. Perché?

Nel 1995 Umberto Eco scriveva: «[…] anche se sono preoccupato dai vari movimenti filonazisti attivi qua e là in Europa, Russia compresa, non penso che il nazismo, nella sua forma originale, stia per ricomparire come movimento che coinvolga una nazione intera. Tuttavia, anche se i regimi politici possono venire rovesciati, e le ideologie criticate e delegittimate, dietro un regime e la sua ideologia c’è sempre un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali, una nebulosa di istinti oscuri e di insondabili pulsioni» (U. Eco in Il fascismo eterno). Capire che il fascismo non è morto è una questione di cultura. Non è morto, in modo particolare, il retaggio fascista su cui si basano corruzione, familismo, prevaricazione della legalità, feticismo legato a simboli e retorica nera (nel nostro paese c’è chi si reca in pellegrinaggio a Predappio, presso la cripta che contiene il corpo di Mussolini) che sono ancora vivissimi nella nostra italica terra. 

Il “librone” Sempre lui della bravissima Sara Lucaroni, pubblicato nella primavera di questo anno, è uno di quei libri che ritengo necessari da leggere nella nostra breve e sfuggente vita, perché contribuisce a costruire le basi imprescindibili della nostra conoscenza civica, fondamentale per fare di noi cittadini e cittadine consapevoli nel mondo complesso che attraversiamo. È davvero un libro serio, ben organizzato in tutte le informazioni, riflessioni, dati e testimonianze che fornisce sui motivi per cui Mussolini non muore mai (come recita il sottotitolo), che tiene insieme voci dal passato e dal presente. Apprezzabilissima la ricognizione basata su studi consolidati non solo del passato, ma anche su una bibliografia molto recente, che Lucaroni tiene insieme e offre a lettori e lettrici in modo sapiente e resistente, senza sfilacciare la tensione narrativa e l’innesco di continue riflessioni. 
Il libro, dunque, ha il pregio di far dialogare tra loro documenti storici, cronache attuali e personaggi di diversa estrazione e opinione, fornendo a chi legge un quadro critico ampio e aggiornato della «pervasività di un mito cucito addosso agli italiani perché in fondo a loro assomiglia, quello di Mussolini». Ci sono capitoli che approfondiscono le radici storiche e culturali del fascismo in termini di propaganda, ascesa al potere, gestione dello Stato, uso della violenza, leggi razziali e adesione alla guerra; altri capitoli accostano il passato al presente riprendendo aspetti di inchieste e libri sugli ambienti del neofascismo e sui legami (strettissimi) tra formazioni di destra eversiva e partiti politici del centro-destra italiano. Leggiamo interventi di Montanari, Galimberti, Fiano, Cardini, Bidussa, Mughini, Guerri, Canfora, Janeczek, Jones, Mancuso, Saraceno, Ferrari, tutti tessuti insieme dall’autrice con maestria, seguendo il filo conduttore di una narrazione che intende fare luce sul perché il mito di Mussolini non muore mai senza abbandonarsi alla tentazione del tifo da stadio, ma una narrazione supportata da dati e fatti incontrovertibili.
Interessante il capitolo 2 intitolato Sempre loro, in cui si affronta la questione della responsabilità morale degli italiani sull’ascesa del totalitarismo nostrano, i caratteri tipici dell’italianità di allora, e ci si chiede se siamo stati vittime e complici, dando spazio ad analisi critiche e risposte diverse.
Nel capitolo 4 intitolato Caccia a ottobre rosso si riflette sulle responsabilità della sinistra e sul senso dell’amnistia di Togliatti e della «concordia nazionale» all’indomani della guerra e delle atrocità nazifasciste. Lucaroni non fa sconti, né a destra né tantomeno a sinistra.

Mancuso (una delle tante voci del libro) sottolinea come una delle “colpe” dell’antifascismo è «non aver condannato i crimini del comunismo, per cui sembra quasi che per essere antifascisti si debba essere comunisti, nella mentalità di molti». Viene citato il discorso di Luciano Violante alla Camera nel 1996, e Violante non era di destra: «Mi chiedo se l’Italia di oggi non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri. […] Bisogna sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e della libertà. […] il deputato Mirko Tremaglia, sedicenne ragazzo di Salò, si alza per andare a complimentarsi». Violante è tornato proprio in questi giorni alla ribalta perché a sua volta citato dal neopresidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa: scherzi del destino o fili conduttori di un sistema dagli elementi ben collegati tra loro, tra passato che fu e presente che si svolge sotto i nostri occhi? 

Personalmente ho molto amato il capitolo 7, Tutte le donne del Presidente, dedicato alle donne che ruotavano intorno al Duce, a tutte le italiane che del fascismo avevano subito sia il male che una sorta di fascino, a tutte le restrizioni, le violenze, i soprusi psicologici e culturali subiti durante il Ventennio. Gli studi recenti hanno messo in luce aspetti controversi sull’adesione femminile al fascismo, che Lucaroni illustra con chiarezza fornendo diverse notizie che arricchiscono le proprie conoscenze: l’immagine della donna “angelo del focolare”, che fa figli per la patria, che è sottomessa e rigogliosa, in realtà non ebbe il successo che il regime ha voluto esaltare. Già nel primigenio programma di San Sepolcro del 1919, le donne allora presenti inserirono la richiesta di suffragio femminile per le donne al di sopra dei ventun anni. La richiesta non ebbe seguito concreto con la salita al potere dei fascisti, ma la discussione rimase viva tra le donne del partito. Ricorda la sociologa Saraceno: «aderivano all’ideologia fascista, ma nella loro vita privata, su scelte famigliari e di fecondità, molte donne, soprattutto quelle più istruite, quelle più urbanizzate, hanno continuato a mantenere le loro scelte», e tra loro diverse sfidarono il regime, come le calciatrici di Milano che nel 1932 fondarono la prima squadra di calcio femminile italiana, su cui il regime interverrà bloccando le loro partite.
La parte più toccante del capitolo è quella dedicata a tutte le donne fragili o credute tali, ovvero le donne internate «perché sé stesse»: madri “snaturate”, prostitute malate, ragazze “libertine”, bambine violentate che avevano abortito e poi erano state abbandonate a sé stesse. Bisognerà attendere la legge Basaglia per restituire un po’ di giustizia a queste donne abusate nel corpo e nello spirito, come insegna la storia del bellissimo film del 2003 La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana o la stessa biografia di Letizia Battaglia, soggetto di una straordinaria serie tv Rai recentissima, andata in onda a maggio in occasione del 23 maggio, memoria della strage di Capaci. 

Sara Lucaroni è una giornalista professionista che collabora con L’Avvenire e L’Espresso, ha firmando interessanti e attuali reportage e inchieste, che le sono valse anche dei premi al Festival “Giornalisti del Mediterraneo – sezione Terrorismo Internazionale” (con l’inchiesta Rapite dall’Isis, vendute on line) e “sezione Mediterraneo e diritti negati” (con l’inchiestaMigranti d’organi), rispettivamente nel 2017 e 2018. Anche il libro precedente a Sempre luiriceve diversi premi: è un’inchiesta dal titolo Il buio sotto la divisa. Morti misteriose tra i servitori dello Stato, sulle morti suicide degli uomini in divisa. 

Consiglio vivamente la lettura approfondita, privata o pubblica, di questo libro denso di informazioni e voci, di cui ho cercato di dare solo un panoramico assaggio: va letto soprattutto in questo rovente momento per il nostro paese, nel quale siamo sempre più chiamate e chiamati a risvegliare la nostra coscienza partigiana per tornare a esercitare con serietà e spirito di condivisione la «bellissima avventura quotidiana della democrazia». Perché partigiane/i non è una parola divisiva: «è quella roba lì essere partigiani, stare dalla parte di chi vuole cambiare il mondo» (Tomaso Montanari).

In copertina: l’autrice.

Sara Lucaroni
Sempre lui. Perché Mussolini non muore mai
Libreria Pienogiorno
Milano 2022
pp. 379

***

Articolo di Valeria Pilone

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Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.

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