Il secondo dei tre incontri sul tema Donne e ambiente – di cui il primo si è tenuto online il 16 marzo scorso, trattando l’argomento delle prospettive ecofemministe – riguarderà l’importante argomento di Donne e pace.
Il ciclo rientra nell’ambito di Cambiamo discorso-Contributi per il contrasto agli stereotipi di genere, organizzato dall’associazione Reti culturali a partire dal 2020 e proseguito in questi anni sino ad ora.

L’esperta, che interverrà nel webinar del 27 aprile prossimo, è l’artista multidisciplinare e maker culturale Roberta Biagiarelli, che è anche intervenuta con intensi video nel progetto Senso di Marcia, di Toponomastica femminile, nell’ambito della XIX Settimana d’azione contro il razzismo, indetta dall’Unar (Ufficio nazionale antidisciminazioni razziali).
Introdotta da Donatella Pagliacci, parlerà, come si legge nella presentazione di Reti culturali, del suo monologo Figlie dell’epoca, donne di pace in tempo di guerra, frutto di un grande lavoro di ricerca e di indagine centrato su un fatto pressoché sconosciuto della storia del primo conflitto mondiale: il Congresso internazionale delle Donne tenutosi all’Aja, il 28 aprile 1915. Attraverso i confini di un continente in guerra, 1136 pacifiste provenienti da tutta Europa e dall’America si riunirono per cercare insieme la strada per una pace possibile. Un racconto di genere e di pace, per mettere al centro con sapienza e tenacia l’urgente cambio di passo e di sguardo, la necessità del protagonismo politico delle donne. Un ponte tra le donne di ieri e quelle di oggi, che mette a confronto le esperienze attuali con quelle delle donne che si opposero al primo conflitto mondiale, donne con biografie esemplari, poco note al grande pubblico, come ad esempio: Jane Addams, pacifista, femminista e premio Nobel per la Pace nel 1931; Rosa Genoni, stilista milanese e unica italiana presente all’Aja; Margherita Parodi Kaiser, la sola crocerossina medaglia di bronzo al valore sepolta fra i 100.000 soldati nel Sacrario di Redipuglia.

Prima di assistere al webinar e venire a conoscenza in modo specifico e approfondito di queste vicende e figure femminili, incontriamo Roberta.
Tu sei anche attrice e interprete di numerosi e qualificati spettacoli di interesse nazionale e internazionale, ci parli di questa tua poliedrica esperienza?
Questa “esperienza”, che poi è il mio lavoro-vita, senza distinzione alcuna, è il senso di quel che faccio e che permea le mie giornate. La passione per il teatro mi ha accompagnata fin dall’adolescenza e crescendo sono riuscita a farla diventare il mio lavoro, la mia professione da oltre 35 anni. Nello specifico il lavoro sui progetti di memoria attiva e abitata ha preso avvio in modo più energico dal 1998, quando ho conosciuto la tremenda vicenda del genocidio di Srebrenica (luglio 1995) e da quel momento è scattata in me una molla artistica e personale che mi ha portata a studiare e raccontare teatralmente luoghi speciali: Srebrenica, Chernobyl, Falluja, Sarajevo o vicende storiche poco indagate e conosciute, ma fondanti per l’umanità. Come, ad esempio, il Congresso internazionale delle donne, autoconvocato all’Aja dal 28 aprile al 1° maggio 1915. Le mie modalità di lavoro non si ripetono mai, di certo tutte prendono avvio da una scintilla e da un’urgenza che scaturisce attorno a un “soggetto”; lo studio – a volte ci metto anni – scrivo il testo, che porterò in scena, cerco la capacità economica per produrlo, mi arrovello, cerco gli alleati o le alleate con cui procedere nel delicato passaggio della creazione scenica e lo porto in scena: alla fine, quando recito, come dico non tanto per dire: mi riposo!

Qual è stata la tua formazione?
Ho avuto una formazione piuttosto trasversale, mi sono appassionata al mondo del teatro nei banchi di scuola frequentando un Istituto di ragioneria; per mia fortuna lì ho avuto come docente una splendida docente di italiano che mi ha fatto conoscere il teatro. Ho mosso i miei primi passi nel mondo teatrale professionale con una compagnia attiva a Fano negli anni ’80/’90, dopodiché ho capito che se avessi voluto trasformare la mia fascinazione in un mestiere sarebbe stato necessario emigrare e andare “a bottega” presso una grande compagnia teatrale. Così è stato, sono approdata al Laboratorio Teatro Settimo di Torino e con loro sono cresciuta e ho lavorato dal 1988 al 2001 facendo spettacoli e tournée in tutto il mondo. Erano tempi in cui il teatro manteneva ancora un ruolo e una funzione sociale. Nel 2001 ho fondato la mia compagnia teatrale professionale indipendente Babelia & c.-progetti culturali, dedicandomi con maggiore slancio alla ricerca e all’indagine di temi storici, sociali, di pari opportunità e focus sull’Europa. I progetti che ne scaturiscono sono molteplici: spettacoli teatrali, ma anche documentari, libri, incontri di formazione seminariali, convegni e percorsi sulla Memoria del ’900.
Consiglieresti questa strada alle ragazze di oggi? Quali consigli per loro?
Non mi sento di dare alcun consiglio nello specifico, i consigli spesso sono pieni di retorica e io ne sto alla larga. Credo che la cosa migliore sia ascoltarsi intimamente e dedicarsi a un lavoro che ci tenga vive e appassionate, senza attendere tristemente il tempo della pensione per convogliare le energie nelle proprie passioni. Questo lo trovo profondamente ingiusto verso sé stesse e sbagliato. Il mondo del lavoro si è fatto estremamente complicato e se poi si parla di un lavoro artistico, indipendente e che tratta di temi storici… è come parlare di astrofisica! Si fa fatica a vederne l’utilità immediata e si sbaglia. Essere consapevoli che siamo un piccolo pallino blu (la Terra circondata dall’atmosfera) in mezzo a una infinità di galassie in espansione ci aiuterebbe a vivere con più equilibrio.
Inoltre sono anche convinta, e credo sia opportuno parlarne con le ragazze, che la prima cosa da fare per non omologarsi alla violenza attuale sia allenarsi con molta attenzione a decodificare i linguaggi e le notizie di cui le nostre giornate sono permeate. Non assuefarci mai, sviluppare il proprio senso vitale di ribellione civile e necessaria. Lavorare sulla memoria attiva: solo conoscendo il nostro passato potremo ‘immunizzarci’ dal presente e sviluppare gli anticorpi adeguati per guardare al futuro. Il mio punto di vista sulla Storia e sul mondo e che condivido con il pubblico, sono i miei spettacoli, che sono sempre frutto di immersioni, di esperienze dirette, i miei libri e le altre espressioni creative che genero. Sono anche certa che sia impraticabile una ‘modalità di vita che si opponga alla violenza’, ma che il problema vada smontato e ‘digerito’ a piccoli pezzi per poterlo seriamente contrastare fuori dalla retorica.

In ambito artistico, ti sei mai sentita discriminata come donna? Forme di disparità esistono ancora? Se sì, quali, secondo te?
Assolutamente sì, la società e il mondo del lavoro italiano vive su modelli maschili stereotipati, fatti e cuciti appositamente su esigenze maschili. Provate a fare un calcolo di quanti Direttori artistici di Teatri in Italia sono uomini e quante donne? Quanti attori monologanti hanno fatto la loro fortuna negli ultimi 25 anni con la nascita del filone “teatro civile” (come se potesse esserci anche un teatro incivile!) e quante poche sono le donne monologanti che a pari bravura non sono riuscite a raggiungere posizioni di prestigioso e adeguata visibilità. Ma qui è un gatto che si morde la coda e un ruolo nefasto l’hanno avuto gli organizzatori/le organizzatrici culturali. Siamo un bel Paese estremamente provinciale. Si “battezza” il Vip di turno e tutti gli corrono dietro spesso senza andarne a verificare la qualità sul lungo termine, anche quando diventa un replicante apatico di sé stesso. In Italia da tempo, direi più o meno con la nascita del Drive in – il peggio della TV spazzatura- che ha plagiato le coscienze di cittadine/i trasformandoli in sudditi consumatori, la cultura è stata degradata a elemento accessorio e non più nutrimento fondativo come il pane di cui tutti i giorni ci nutriamo. Se non si educa alla Cultura il risultato sono le macerie sulle quali ci barcameniamo… Ho anche partecipato con i miei spettacoli a tante edizioni dell’iniziativa Se vuoi la pace prepara la pace, proposta annualmente dall’Università per la Pace di Ancona. La Pace è una parola vuota se non la si riempie di significati con le proprie azioni messe in campo, da soli e/o in alleanza e complicità con associazioni di persone o singoli che volgono lo sguardo nella stessa direzione. I lavori da me presentati hanno il merito di aprire il pubblico a una consapevolezza e a una presa di coscienza dell’inutilità della guerra e di conseguenza promuovo l’edificazione di una cultura di pace che non è mai qualcosa di statico o assodato, ma un obiettivo a cui tendere con costanza e determinazione, operando con senso critico e ascolto delle ragioni degli altri. Davanti a noi c’è una strada lunghissima da percorrere, ciascuna di noi percorra il suo pezzetto con etica, intelligenza, competenza, cuore e buon senso, lasciando briciole di pane come Pollicino a quelle che verranno dopo di noi e che sapranno cogliere, se lo vorranno, l’impresa.

Al webinar interverrà anche Erica Cupelli, vicepresidente del Consiglio direttivo dell’Università per la Pace del Consiglio regionale delle Marche, docente e autrice del Libro Gandhi e il senso dell’economia: una via per il futuro. L’argomento pace è purtroppo attualissimo, soprattutto ora che sentiamo forte il rischio di non poterne più godere nel nostro “piccolo mondo antico”, la vecchia Europa, che credevamo ormai esente dai venti bellici – dopo essere stata al centro di due atroci conflitti mondiali – guardando da lontano le guerre, nei Paesi “del terzo mondo”, ancora “in via di sviluppo” e in forza di una delle più belle Costituzioni, che ripudia la guerra. Ricordiamoci poi che, oltre alle due tremende guerre mondiali, la guerra è tornata ferocemente in Europa dal 1991 al 2001, i lunghi dieci anni delle Guerre Balcaniche al di là del comune mare Adriatico. L’errore è stato considerare quel conflitto come una questione regionale. Facciamo memoria che all’epoca, nel 1992, durante l’aggressione della Bosnia-Erzegovina l’indifferenza della Comunità internazionale fu formidabile! L’apporto delle donne, nella memoria per la pace, è centrale: da sostenere e diffondere!
Questo il link per effettuare la preiscrizione all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_5lHcoLgxT7eQbD5wsl_9XQ
In copertina: Roberta Biagiarelli in scena nel suo monologo Figlie dell’epoca. Foto di Luigi Ottani, ph.luigiottani.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di formazione per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.