Carissime lettrici e carissimi lettori,
non sono state due chiacchiere al bar. Non sono goliardie tra ragazzi per passare il tempo o per cacciare la calura estiva. Sarebbero, comunque, ugualmente accadimenti orribili e offensivi. No: è stata, senza nessuna giustificazione, una serie di insulti sessisti. Questo è quello che è accaduto. Nulla di diverso e nessuno colpo di genio!
Sono stati insulti orribili verso le donne e uno sproloquio gratuito quello esibito dal sottosegretario alla cultura di questo Governo, Vittorio Sgarbi, durante la serata, quella del 21 giugno, dell’inaugurazione della stagione estiva al Maxxi di Roma, il prestigioso museo nazionale delle arti del XXI secolo. Il professor Sgarbi, rappresentante dello Stato e del Ministero della cultura, al quale anche il Museo appartiene, era stato invitato, insieme a Morgan (al secolo Marco Castoldi) dal neopresidente eletto Alessandro Giuli. Non si tratta di non aver colto l’ironia o, peggio, di non aver compreso l’atto di genio dei due protagonisti di questo triste show che per noi, e non solo per noi, è stato una brutta rappresentazione da triviale avanspettacolo di altri tempi. Non si tratta del ritardo con cui, secondo il sottosegretario, è stata data la notizia e nemmeno che il pubblico abbia riso e applaudito. Purtroppo, succede, succede ancora. Dell’oltraggio verso le donne, passate alla conta, alla stregua di oggetti del piacere, anzi dei piaceri sessuali dei maschi, si sono accorte le dipendenti del Maxxi, che in buona parte sono donne e hanno deciso di mettere nero su bianco e scrivere a Giuli che, prima di chiedere scusa dell’accaduto in pubblico, durante un’intervista televisiva, le avrebbe convocate, una ad una (le donne impiegate al Maxxi sono circa una quarantina) nel suo ufficio, tentando una messa a tacere dell’avvenimento.
Ritornando alla sera del 21 giugno, il sottosegretario ha saputo esibirsi, in poche frasi, in un concentrato di volgarità e sessismo, e non sono state le uniche della serata. Il critico d’arte ha raccontato, sempre a modo suo, aneddoti della sua vita sessuale, tirando in ballo, per iniziare, il filosofo Michael Houellebecq (classe 1956, con il cognome preso da quello della nonna, mentre lui si chiamava Michel Thomas), il quale è ben noto non solo per la sua spinta islamofobia (che lui ha spiegato come paura dell’Islam, religione, senza mezzi termini, da Houellebecq reputata stupida), ma anche per essere estremamente misogino!
Non pago, Sgarbi ha continuato con la conta delle donne. Non le donne grandi, importanti o illustri e in dialogo con uomini altrettanto illustri. No: numeri di donne, in questo aspetto sessista di conquista. Insomma: donne pesate, quantificate, fatte proprie, conquistate, prede di maschi predatori in un rapporto che non permette scelta reciproca ma oggettivazione del femminile, visto come vittima immolata al piacere del maschio. Sgarbi incomincia così ad elencare le conquiste (a numero) fatte da personaggi entrati nella Storia. Da John Fitzgerald Kennedy a Fidel Castro (a cui Sgarbi offre la palma del numero maggiore di donne passate nel suo letto!) fino a Berlusconi. Una conta che appare in tutta la sua volgare oscenità (visto che si parla, secondo il professor Sgarbi, di teatro). La donna come oggetto, presa, pesata, un tanto al chilo, come merce attraverso cui viene esaltato il proprio machismo assurdo. Le donne, le persone di genere femminile presenti nel museo polifunzionale (e chiunque ha sentito tutto il peso dell’accaduto) si sono sentite offese e ne hanno tutte le motivazioni. Se il pubblico di quella triste sera al Maxxi di via Guido Reni, a Roma, sotto la nuova guida di Alessandro Giuli, non ha protestato, al contrario, ha applaudito e (ahinoi!) ha riso, non conta e non giustifica nulla. Semmai triste, e molto, è stato l’imbarazzante silenzio del neopresidente, presente sul palco tra i suoi due ospiti, Morgan e Sgarbi. Che la precedente direttrice, Giovanna Melandri, sia stata così aspramente contestata anche (o esclusivamente?) perché donna e non per la sua provenienza politica? Un’idea.
E pensare che proprio il Maxxi, come edificio, nasce sotto un segno femminile. Lo ha progettato, infatti, Zaha Hadid (1950-2016), una grande architetta di origini irachene e naturalizzata britannica. Hadid proprio per la progettazione dell’edificio che ospita il museo polifunzionale del Maxxi ha vinto un concorso internazionale e un premio.
La vita di Zaha Hadid è breve, ma piena di successi. Ha ricevuto il Premio Pritzker nel 2004 ed è la prima donna a ottenerlo. Poi arriva per lei il Premio Stirling (che vince anche per la sua opera per il Maxxi), nel 2010 e nel 2011. È stata una delle capofila e massime esponenti della corrente decostruttivista. Nel 2010 il Time la include nell’elenco delle 100 personalità più influenti del mondo. Il suo studio (Zaha Hadid Architects), con i suoi 246 architetti/e dipendenti, nel 2013 si è collocato al 45 ° posto nell’elenco dei più importanti studi di architettura del mondo secondo BD Insurance Bureau.
Nota con le sue opere in tutto il mondo. Suoi sono i progetti ponti, aeroporti, stazioni ferroviarie, centri culturali in ogni area del pianeta. Più volte ha lavorato in Italia lasciandoci gioielli indimenticabili di Architettura: dalla Stazione marittima di Salerno, alla Stazione ferroviaria di Afragola, per l’alta velocità, a Palazzo Hadid e al Citylife shopping district a Milano. Ma l’architetta Hadid è stata anche una prestigiosa disegnatrice di interni, nonché creatrice di moda disegnando una serie di scarpe per una nota marca sportiva.
Continuiamo a parlare di donne. Donne prestigiose, creatrici di pensieri e di Storia, che è un sostantivo femminile e non appartiene solo alla parte maschile dell’universo.
Lei, la vincitrice del premio letterario tra i più prestigiosi in Italia, giovedì sera a Roma, non c’era. Ada D’Adamo non poteva esserci perché se ne è andata per sempre, a soli 55 anni, qualche giorno dopo essere entrata, con la sua opera, tragica e delicata, nella dozzina di romanzi portati, poi, alla cinquina finale, femminile, di giovedì.
Parliamo delle finaliste del Premio Strega, consegnato giovedì notte a Roma. Quattro donne e un solo uomo, Andrea Canobbio, arrivato nella cinquina con il suo La traversata notturna (La Nave di Teseo). Una cinquina quasi tutta al femminile che è stata anche essa stessa una prima volta nella storia del Premio.
Già alla fine di marzo di quest’anno la giuria del Premio (purtroppo composta da sole tre donne (Melania G. Mazzucco, la presidente, Dacia Maraini e Valeria Della Valle, su 10 maschi), aveva privilegiato le scrittrici: degli 80 romanzi in gara ne erano stati scelti 8 a firma di donne rispetto ai dodici complessivi. Poi la bella notizia: i nomi di 4 finaliste scritte sulla famosa lavagna del Ninfeo del Museo etrusco di Valle Giulia. E la vittoria, quasi annunciata, tutta al femminile!
Le finaliste, insieme ad Andrea Canobbio, per questa LXXVII edizione del Premio Strega sono state: Romana Petri, con Rubare la gente, Maria Grazia Calandrone, che arriva con Dove mi hai portata, Rosella Pastorino autrice di Mi limitavo ad amare te, vincitrice del premio Strega giovani. E poi Ada D’Adamo, morta prematuramente, come abbiamo detto, ma per volontà della giuria mantenuta in gara, che ha partecipato con il suo Come d’aria (Elliot), storia/dialogo tra due donne entrambe toccate dalla malattia. D’Adamo, scrittrice e danzatrice (la danza è protagonista del libro) ha conquistato tutti e tutte, con il suo carnale e politicissimo romanzo d’esordio, raggiungendo i 185 voti. Un premio meritato, come da più parti si è detto, ritirato dal marito Alfredo Favi che è salito sul palco di Valle Giulia con Elena Stancanelli, che ha proposto al premio D’Adamo, e la rappresentante della casa editrice (piccola, altra punta di diamante di questa edizione). Ancora segni di donne. Ecco un sunto del libro con quel titolo che gioca con il nome della figlia dell’autrice e il suo amore per il volo sulle punte, nella danza: «Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono».
Ma il Premio Strega è dedicato comunque alle donne. Il famoso liquore beneventano è dedicato a una donna già dal nome, dolcissimo e di colore giallo vivo, tra i miti e le leggende che l’hanno nominato, con la sua triade di presenze. Di solito viene bevuto a sorsi, direttamente dalla bottiglia, (quest’anno ad eccezione si è portato un bicchiere!) da chi vince.
Un premio di per sé al femminile, anche perché è stata una donna a inventarlo, Maria Bellonci (1902-1986). Bellonci con la sua immensa cultura e la sua vitalità ha dato vita, nel suo salotto casalingo romano, al gruppo dei cosiddetti amici della domenica, intellettuali, tra cui Alberto Moravia, che contribuirono a fondare, incontro dopo incontro, il Premio nato nel 1947.
Al 2022, lo hanno conquistato al primo posto undici donne. La prima, nel 1957, è stata Elsa Morante, seguita da Natalia Ginzburg, Anna Maria Ortese, Lalla Romano, Fausta Cialente, Maria Bellonci, Maria Teresa Di Lascia, Dacia Maraini, Margaret Mazzantini, Melania Mazzucco e Helena Janeczek. Gli uomini sono stati, invece, sempre al 2022, ben sessantacinque. «La distribuzione di genere dei finalisti e dei vincitori del Premio – come si è ben osservato — ha suscitato polemiche e analisi della difficoltà di affermazione delle scrittrici».
Ancora storie al femminile, seppure velate di tristezza. Non ce l’ha fatta Victoria Amelina. La scrittrice ucraina di 37 anni è morta il 1° luglio nell’ospedale Mechnikov di Dnipro dopo essere rimasta ferita a Kramatorsk durante un raid russo, lo scorso 27 giugno. Fondatrice di un Festival letterario a Donetsk e dedita alla ricerca sui crimini di guerra russi, la poeta ucraina è deceduta per le ferite riportate nell’attacco, costato la vita a 12 civili fra cui quattro bambini.
Il 27 giugno Amelina si trovava in una pizzeria insieme allo scrittore colombiano Hector Abad, all’ex Alto commissario per la pace della presidenza colombiana, Sergio Jaramillo e alla giornalista colombiana Catalina Gomez. Tutti e tre hanno riportato ferite lievi, mentre la scrittrice era stata ricoverata per fratture multiple del cranio. Victoria Amelina era nata a Leopoli e «aveva esteso i confini del suo lavoro molto oltre la letteratura», ricorda il Pen Club, documentando dopo l’invasione dell’Ucraina «i crimini di guerra russi nei territori occupati». Il suo romanzo Dom’s Dream Kingdom, pubblicato nel 2017, è stato selezionato per l’Unesco city of literature prize e per lo European Union prize for literature. Le sue poesie, prose e saggi sono stati tradotti in inglese, tedesco, polacco e altre lingue. «Nel lavoro di Amelina — secondo quanto riportato da The Guardian — figura anche la scoperta del diario di Volodymyr Vakulenko, un collega scrittore detenuto e ucciso dai soldati russi nella città di Izium all’inizio della guerra. Il diario, sepolto nel giardino di Vakulenko, sotto un albero di ciliegie, fungeva da documentazione in tempo reale delle atrocità russe».
Per questo ho pensato di leggere con voi, in questo sabato di luglio, una poesia di un’altra grande poeta contemporanea di Amelina. Si chiama Natalia Beltchenko, classe 1973. Beltchenko, come le altre sue colleghe, è una poeta di larga fama in Ucraina e in Europa e ha vinto moltissimi premi prestigiosi. L’ho scelta perché, come Amelina, di cui non ho trovato poesie in italiano, è traduttrice e fotografa molto apprezzata. Un omaggio alla loro costanza e, soprattutto, al loro coraggio.
La primavera
E mentre il mondo vomita la guerra
e si ritira nel vuoto,
la primavera ha iniziato a spartire
le sue cicogne e le sue gru con noi.
C’è un potere assoluto in questa migrazione che viene dal nord,
che esclude la paura e l’assenso,
mentre fuori sul ghiaccio primaverile
un male primordiale atterra nelle vostre mani.
Il tempo futuro e il tempo passato
sono rimasti bloccati nel fango della grammatica.
Le cicogne si addormentarono nei loro nidi
non essendo ancora arrivate
solo l’esercito ucraino e i suoi volontari
sono svegli. In questo conto alla rovescia verso una nuova era
un bambino nato in uno scantinato
riceverà le sacre tavole.
(Natalia Beltchenko)
Non possiamo, infine, tralasciare di inviare milioni di auguri immensi a uno studente d’eccezione, Patrick Zaki che si è laureato, con una seduta in videocollegamento dall’Egitto, alla Alma Mater di Bologna, città che lo ha sempre sostenuto e gli è stata vicina nella sua triste vicenda. Lo studente egiziano, arrestato al Cairo a febbraio 2020 e scarcerato solo nel dicembre 2021, dopo quasi 700 giorni di detenzione, ha discusso una tesi su Giornalismo, nuovi media e impegno pubblico. Quello stesso “giornalismo libero” che poco dopo ha ringraziato per non aver spento la luce sulla sua vicenda, unendo tutte le istituzioni della città.
Buona lettura a tutte e a tutti, ovunque siate.
«Di chi è il corpo di una donna? È suo o se lo contendono padri e mariti, medici, legislatori, giudici e gerarchie ecclesiastiche?». Apriamo la rassegna di questo numero di vitamine vaganti con una serie di riflessioni su La riproduzione umana e il potere che cerca di rispondere a questa fondamentale questione. Anche Il consenso è come una tazza di tè ci parla di corpi femminili e di violenza di genere, soffermandosi sul concetto di consenso. Continuando a parlare di corpi, ma in modo solo apparentemente più “leggero”, Il benessere comincia dalla testa, anzi dai capelli è un approfondimento sui benefici di un gesto i cui effetti spesso siamo portati/e a sottovalutare.
Corpi che viaggiano sono sempre di più quelli delle donne, alla ricerca della libertà e della spiritualità. Una viaggiatrice nella Spagna del nord: arte e storia ci porta a Bilbao, Leon, Gernika- Lumo, nella parte basca di questo Paese.
Continuiamo la rassegna degli articoli di questo numero di luglio con la donna di Calendaria 2023, Linda Brown Buck. Nobel per la Medicina, studiosa della percezione olfattiva, che ci ricorda che nel campo della scienza, ma non solo (n.d.r.) «Le sconfitte sono molto più utili delle vittorie, poiché servono a estendere la propria immaginazione, a pensare al passo successivo, a programmare la prossima strategia da attuare». Per la bella serie La targa che non c’è scopriamo Il salotto di Olga Signorelli, «meta per chiunque, romano o no, cercasse conforto e comprensione ai propri problemi di natura fisica o spirituale o anelasse alla comunione con anime affini», come lo definì una delle figlie di questa medica, traduttrice e biografa di Eleonora Duse. Helene Kröller-Müller. Collezionista per passione è un’altra donna eccezionale, sconosciuta ai più, a cui dobbiamo moltissimo, «una delle prime europee ad acquisire una collezione di opere d’arte degna di nota, e una delle prime a riconoscere il genio di Vincent van Gogh».
Ma la vita delle donne può essere molto dura, soprattutto nei regimi fascisti e autoritari, come quello che caratterizzò l’Italia dal 1922 al 1943. Continua a scriverne per noi l’autrice di Donne antifasciste nel carcere di Perugia. Parte seconda.
Cambiamo argomento e proponiamo un consiglio culturale per chi si trovi in Toscana in questo mese di luglio: la visita a Altan – Cipputi e la Pimpa in mostra a Pistoia, accessibile anche a diversamente abili, persone con Alzheimer e chi se ne prende cura. «Esempi nobilissimi di apertura degli spazi museali alla cittadinanza nella più larga accezione», come ci ricorda l’autrice della recensione. Nel tempo estivo dedicato alla lettura segnaliamo un’altra recensione: Abbiamo tutti le nostre otto montagne, sul libro di Paolo Cognetti Le otto montagne in cui, tra le tante considerazioni, è racchiusa una grande verità, personalmente sperimentata anche da chi scrive, escursionista e abituale frequentatrice della Val d’Ayas, in cui il romanzo di Cognetti è ambientato: «Perché la montagna è così, per chi la abita o la frequenta abitualmente: ti insegna ad apprezzare ogni scorcio sotto una luce diversa, ogni cima, ogni angolo di prato e ogni nuvola. Non importa quante volte tu avrai già osservato quello stesso punto, ma per te sarà sempre come nuovo e intatto.»
Mese fortunato quello di giugno per le intitolazioni femminili, perché Torino ha finalmente dato visibilità anche a una donna a cui siamo molto affezionate. Ne scrive l’autrice dell’articolo Con forza e intelligenza. Intitolata a Torino una via ad Aida Ribero, donna di parole e azioni, di cui ci piace ricordare una bellissima affermazione, che condividiamo: «la politica non è solo nei tempi e nei modi istituzionalmente approvati e socialmente visibili; anzi è così che vengono esclusi i modi che sono propri delle donne».
Continuando con le nostre serie, presentiamo I sistemi e le mode alimentari tra colonialismo e globalizzazione, un’altra interessante puntata di Compendio di storia dell’alimentazione, che ci prepara alla ricetta della settimana, per La cucina Vegana. Indivia scarola saporita, un piatto estivo, facile da preparare e con ingredienti da variare, assolutamente anti spreco.
Chiudiamo con Il giugno di Toponomastica femminile, che ci racconta le tante iniziative e i tanti eventi della nostra associazione, ricordandoci una bellissima leggenda legata alla data del 23 giugno. Buon inizio d’estate a tutte e tutti.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Giusi, che dire? Sei grande, regina del “riassumere”, che in te è dote straordinaria. Brave anche tutte le altre protagoniste di questo capolavoro di giornale.
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Carissima Giulia, per me sei davvero tra le lettrici più attente e, posso dirlo, costanti. Le tue osservazioni sono stimolanti, belle. Fanno bene. E di bene e di bello abbiamo bisogno tutte e tutti. Grazie grazie anche per quelle volte che non ti ho risposto e me ne scuso immensamente. Contenta di averti conosciuta
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