Editoriale. «Di antichi fasti la piazza vestita»

Carissime lettrici e carissimi lettori, 
comincia un mese, un altro della calura estiva che promette di darci tregua con Caronte, il feroce traghettatore di anime perse, che dovrebbe dar spazio a Circe, la maga seduttrice. Iniziano anche i ricordi. Quelli, per esempio, che ci portano indietro, all’attentato di quarantatré anni fa alla stazione di Bologna, il 2 agosto del 1980, in piena mattina (l’orologio ancora segna le 10,25), che costò la vita a 85 persone, con oltre 200 feriti, e spezzò il cuore di una città intera, oltre che quello di tutta l’Italia. Oppure la mente va ancora più indietro, a un’altra bomba, che per una manciata di secondi, grazie al provvido anticipo dell’uscita del treno dalla galleria vicino Bologna, a San Benedetto Val di Sambro, non fece risultare la strage più grave e grande. Quella bomba, nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, messa sul quinto vagone dell’Espresso numero 1486 Italicus, uccise 12 persone e ne ferì quasi quaranta. Ma il numero delle vittime poteva essere molto più grande. 
Sono ricordi. La città, vittima di queste stragi, praticamente ancora non chiare, dice che Bologna non dimentica e lo hanno scritto sullo striscione di apertura della manifestazione di mercoledì scorso. C’erano in tanti della politica. Non c’era la presidente del Consiglio. Parole chiarissime sono arrivate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato». C’era Patrik Zaki, il neolaureato all’Alma Mater di Bologna, amatissimo da questa sua nuova città che lo ha difeso a oltranza e ha fortemente voluto la sua libertà dalla prigionia delle carceri egiziane, lui che ha avuto la dignità e la coerenza di rifiutare aerei (e quindi cerimonie) di Stato per il suo ritorno in Italia. C’era idealmente anche il giornalista d’inchiesta Andrea Purgatori (morto il 19 luglio scorso) per il quale i familiari delle vittime di un’altra strage, quella di Ustica (l’aereo era partito dall’aeroporto G.Marconi di Bologna), hanno chiesto al sindaco della città emiliana di dedicare il piazzale davanti al museo dove sono stati raccolti i pezzi dell’aereo. Una strage per la quale Purgatori aveva lavorato per far emergere verità che volevano essere messe a tacere. 

Ma le storie brutte non sono solo quelle di ieri. La gravità di quegli avvenimenti sta nel fatto che ancora oggi non sono stati chiariti del tutto, non si è ancora svelato il perché della causa di tanto dolore e di questo oltraggio. E che oggi, dal Governo, con la sola voce isolata del Capo dello Stato, si parli di terrorismo e non si nominino matrici fasciste. 

Anche oggi, sfogliando la cronaca troviamo notizie che ci portano indietro, nei diritti acquisiti. Come la storia, per noi orribile, che sta accadendo all’ospedale Sant’Anna di Torino.  
Racconto meglio: qui è stata allestita una camera cosiddetta dell’ascolto dove si cercano di convincere le donne che hanno deciso, io dico sempre dolorosamente, di abortire, a non farlo. Una convenzione tra Città della Salute, Regione e Federazione Movimento per la Vita per «contribuire – si legge – a far superare le cause che potrebbero indurre all’interruzione di gravidanza». Ma si è detto che questa stanza sia nata un po’ alla chetichella, neppure il personale ne ha saputo un granché se non le famose chiacchiere fatte tra i corridoi dell’ospedale. Probabilmente per la certezza che la novità sarebbe stata percepita come uno dei tanti tentativi di affossare la legge 194: «più che stanza per l’ascolto è una stanza contro l’aborto», è stata, infatti, la prima reazione. Fra qualche mese — annunciano i media che parlano della notizia — accanto a manifesti di sostegno all’allattamento, di supporto alla gravidanza, compariranno anche i volantini per il nuovo servizio gestito dai volontari dei Movimenti pro-vita.  

Prosegue imperterrita la mattanza contro le donne che continuano a morire per mano dei compagni o ex compagni maschi. Sempre più giovani, sia le vittime che i colpevoli. Sofia aveva solo 20 anni e il suo assassino che non ha voluto ammettere di dover lasciare il suo possesso (perché tale è) ne aveva appena ventitré, un’età in cui si dovrebbe sognare il futuro non interromperlo! 
Su questa triste consuetudine che non smette vorrei riproporvi, integralmente, un intervento di Dacia Maraini scritto per un quotidiano: «Ma perché i femminicidi aumentano? Per me è chiaro: perché aumentano l’autonomia e la libertà delle donne, cosa che per certi uomini spaventati costituisce una ferita talmente profonda che può essere alleviata solo con il sangue. 
Dispiace sotto le feste tornare a parlare di fatti incresciosi, ma la realtà bussa alla porta e non possiamo non cercare di farla parlare e capire. In pochi giorni ci sono stati cinque femminicidi. Non era ancora passata la memoria straziante della ragazza incinta, trucidata a coltellate dal compagno, che veniamo a sapere di altre giovani assassinate con accetta e coltello. Secondo i dati del Viminale ogni mese vengono uccise otto donne «in ambito familiare e affettivo». Ultima vittima una ragazza di 17 anni, il cui corpo martoriato è stato gettato in un cassonetto nel quartiere di Primavalle, a Roma. Sempre secondo i dati del Viminale i femminicidi sono in aumento, mentre gli altri delitti sono in diminuzione. Come mai? Nessuno sa dare una risposta. Proviamo a ragionare: queste donne, di solito giovani, non vengono uccise per ragioni economiche, rivalità mafiose, droga, ma vengono massacrate per mano del marito o del fidanzato con cui hanno convissuto e con cui spesso hanno avuto dei figli. Non sono delinquenti, ma mariti, compagni, padri che spesso si autodenunciano e cercano di suicidarsi dopo il delitto. Tutto ciò fa pensare che questi crimini affondino le radici in una questione di identità oltraggiata. Se un uomo riconosce la propria virilità nel possesso di una donna a lui asservita, al primo accenno di autonomia entra in una crisi e non capisce più niente. Pur sapendo che perderà la libertà e i figli avuti da lei, niente sembra potere fermare la furia di un uomo che vede minacciata la propria identità. Ma perché i femminicidi aumentano? Per me è chiaro: perché aumentano l’autonomia e la libertà delle donne, cosa che per certi uomini spaventati costituisce una ferita talmente profonda che può essere alleviata solo con il sangue. Molti non si accontentano di uccidere, strangolare, accoltellare il corpo che dicono di amare, ma lo fanno a pezzi, lo gettano via chiuso in un sacco dell’immondizia. È evidente che si tratta di una profonda crisi esistenziale. Chi crede di avere un diritto naturale alla supremazia di genere, non tollera di esserne privato. Si tratta di un potere profondo e identitario: il potere sacro di riconoscere il proprio io di genere. Sentimento animalesco, preistorico e razzista. Che andrebbe sancito prima di tutto con l’educazione e la cultura. Ma siamo ancora troppo immersi nel patriarcato per trovare un bandolo razionale alla questione». (Corriere della Sera, 1° agosto 2023). 

A Pescasseroli (dal 10 al 19 agosto) proprio con la direzione di Dacia Maraini ritorna l’incontro con gli e le autrici per Pescasseroli legge con tanti libri, non solo di letteratura, proposti in piazza. Un momento culturale che fa bene. 

Agosto è iniziato. Anticamente era chiamato sextile perché sesto mese dell’anno secondo il calendario dei latini. Gli stessi che poi dedicarono il mese ad Augusto e alle ferie dell’imperatore. Il mese della canicola, del piccolo cane, quando il Sole ha appena oltrepassato le costellazioni del Cane maggiore e del Cane minore, tra il 26 luglio e la fine di agosto, per l’emisfero boreale.  
Un mese che segna le date di tanti avvenimenti, purtroppo non sempre belli, ma di impatto forte e doloroso, anche singolo. Il mese iniziato con la memoria delle stragi di Bologna. Che segna il lancio, il 6 agosto 1945, delle bombe atomiche, le bombe della morte prolungata, su Hiroshima e Nagasaki. Il mese dei carrarmati sovietici (20 agosto 1968) su una Praga che voleva la libertà, la sua rivoluzione, e che, invece, ha dovuto piangere i suoi giovani morti. Poi è il mese in cui ci hanno lasciato due grandi donne: Franca Valeri e Piera Degli Esposti, sempre cara per me. 
A Bologna, alla città che, seppure non mia, ho incomprensibilmente sempre amato, alla Bologna che è stata «capace d’amore, capace di morte». Alla “mia” Bologna, la città di Piera, Lidia, Adriana, Stefania, di Aurora (amatissima cugina di Piera), di Cinzia e di Lisa. La Bologna cantata da Francesco Guccini, del dolore che in quel giorno di inizio agosto le è caduto dentro, nelle sue viscere, squarciandola con il rumore sordo della deflagrazione che non ha ancora colpevoli veri. L’ho scelta per ascoltarla con voi in bilico con la speranza tragica della Locomotiva e del testo de La Primavera di Praga   

In estate il via alla musica! 

Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po’ molli 
Col seno sul piano padano ed il culo sui colli 
Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale 
Bologna la grassa e l’umana già un poco Romagna e in odor di Toscana 

Bologna per me provinciale Parigi minore 
Mercati all’aperto, bistrots, della “rive gauche” l’odore 
Con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l’assenzio cantava 
Ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare. 

Però che Bohème confortevole giocata fra casa e osterie 
Quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie 
Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura 
E i vecchi “imberiaghi” sembravano la letteratura 
Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna 
Cullati fra i portici cosce di mamma Bologna. 

Bologna è una donna emiliana di zigomo forte 
Bologna capace d’amore, capace di morte 
Che sa quel che conta e che vale, che sa dov’è il sugo del sale 
Che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita. 

Bologna è una ricca signora che fu contadina  
Benessere, ville, gioielli 
E salami in vetrina. 
Che sa che l’odor di miseria da mandare giù è cosa seria 
E vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perché sa la paura. 

Lo sprechi il tuo odor di benessere però con lo strano binomio 
Dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio. 
E i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi 
Confusi e legati a migliaia di mondi diversi. 
Oh quante parole ti cantano, cullando i cliché della gente 
Cantando canzoni che è come cantare di niente. 

Bologna è una strana signora, volgare matrona 
Bologna bambina per bene, Bologna “busona” 
Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto 
Rimorso per quel che m’hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato. 

Buon ascolto e buona lettura a tutte e a tutti.

Che cos’è la Hustle economy? Quali danni comporta e come si concilia con la narrazione imperante di questo governo a proposito dei cosiddetti fannulloni o divanisti? Per saperne di più ecco l’articolo, il primo di una nuova serie, che è il giusto controcanto a un potere sempre più scollato dalle cittadine e dai cittadini che dovrebbe rappresentare: Il lavoro frenetico. Continuiamo ad allargare i nostri orizzonti su patriarcato e capitalismo con Filosofia anarca-femminista. Intervista a Chiara Bottici, una lettura della realtà con gli occhiali del femminismo intersezionale. 
Se il compito della nostra rivista è soprattutto dare visibilità alle donne, questa settimana lo facciamo con tre figure femminili interessantissime: Françoise Barré-Sinoussi. Nobel per la Medicina, per Calendaria 2023, Krishna Bharadwaj, economista dissenziente e donna-ponte, una figura di intellettuale e attivista politica indiana, per Credito alle donne e, per la serie Esploratrici con l’articolo A piedi nudi nel deserto con Odette du Puigaudeau, in cui incontriamo una etnologa, pittrice e scrittrice di viaggi che ha «sfidato i confini del mondo, vincendo le proibizioni imposte dalla società patriarcale che mal tollerava le viaggiatrici e la loro libertà». Il labirinto e lo specchio. Parte seconda, per la Rubrica Filosofia, continua a parlarci attraverso Carla Lonzi e Luce Irigaray e molti altri spunti tratti dalla cronaca, di come «il piacere fisico femminile, al pari di un immenso labirinto, sia ancora oggi considerato da molti come qualcosa di complicato, sconosciuto e temuto al punto da usare mille artifici per renderlo secondario se non superfluo». I pregiudizi verso il nostro genere sono cosa nota per chi ci legge; nel campo dell’automobilismo qualcosa, se pur molto lentamente, si muove, con un ritardo inaccettabile, come apprendiamo da Donne e motori ancora gioie e dolori.

I libri consigliati questa settimana sono due: L’albero e la vite di Dola de Jong e Accarezza i capelli, di Florindo di Monaco, recensito dall’autrice di La tricoterapia. Un’idea semplice quanto rivoluzionaria per produrre benessere. Per la serie Cinema, in 1993. Anno d’oro del cinema mondiale saremo guidate/i tra i più bei film italiani e stranieri, vere «pietre miliari entrate nei cuori e nelle menti di chi ama la settima arte». 
Cambiamo argomento e parliamo di una parola bellissima, strettamente collegata alla nostra Costituzione: la Resistenza. Ne scrive, per Storie di resistenze e di resistenti l’autrice di Alekos Panagulis, per cui «la Resistenza si esprime soprattutto attraverso il tentativo di trasformare il gregge in Popolo, in corpo civico che partecipa e non si lascia asservire dal Potere, fedele al principio che «la politica è un dovere». Di geopolitica si parla ancora in Lezioni Ucraine. Il numero di giugno 2023 di Limes. Parte seconda, «una cassetta degli attrezzi per capire, con gli strumenti della storia e della geografia, i più efficaci […], quanto sta accadendo in Ucraina, oltre «la rumorosa comunicazione mainstream». 

Chiudiamo con due articoli sul cibo. Per Storia dell’alimentazione Cucine d’Europa. Francia e Italia è un interessante excursus sui due Paesi che ancora oggi si contendono il primato della buona cucina in Europa, mentre per La cucina vegana l’invito è a degustare un piatto fresco e veloce da preparare nelle calde giornate d’estate: Insalata di bulgur con ribes e mirtilli. 
Buon agosto a tutte e tutti!
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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