Editoriale. Le matite e i manganelli

Carissime lettrici e carissimi lettori,
noi non ne dubitavamo. Ma dando ragione al famoso adagio latino possiamo sicuramente dire che le cose, quando vengono ripetute, portano vantaggio. I manganelli, e per rimando la violenza, fanno male. In tutti i sensi possibili: fisici, sui corpi, e metaforici, sulle menti e sulla tenuta della libertà. Le matite, al contrario, producono fantasia, creano arte, costruiscono atti di libertà.
Purtroppo, non siamo un quotidiano e i fatti, accaduti venerdì scorso (il 23 febbraio) non sono rientrati nell’editoriale della scorsa settimana. Però è rimasto per noi, in sospeso, ma intatto per tutti questi giorni, il peso della gravità assoluta di ciò che è accaduto. Come per tutte le notizie importanti, si è incrementato dei commenti e delle osservazioni sui fatti: ragazzine e ragazzini manganellati dalla polizia a Pisa, e poi a Firenze, per aver preso parte ai cortei (quello di Pisa non autorizzato) di solidarietà verso la Palestina. La violenza della carica della Polizia, soprattutto a Pisa, ha spiazzato tutti e tutte. Le immagini dell’accaduto, riprese e postate immediatamente sui social, ci hanno rimandato a tempi che credevamo passati per sempre.
La prima voce, autorevolissima, di dissenso è arrivata dal Quirinale, il colle più “alto” della nostra politica che deve rimanere della stessa importanza, senza nessun cambiamento né degrado di carica, sia morale che politica, come si sta rischiando di trasformare. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo gli incidenti di Pisa e Firenze, ha sentito il dovere di telefonare al Ministro degli Interni Matteo Piantedosi ed esprimere con fermezza, e direi durezza, il suo pensiero: «l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli — ha detto a Piantedosi il Presidente Mattarella — ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando al contempo la libertà di manifestare pubblicamente le opinioni». L’inquilino del Quirinale, il cui ruolo, lo ripetiamo, ultimamente si sta mettendo in discussione con troppa leggerezza, ha così esplicitato la sua indicazione di intervento, di fatto ha richiamato i valori della Costituzione e il concetto di libertà di espressione in essa incluso.

Il corteo di Pisa di venerdì scorso, al quale ne è seguito uno analogo a Firenze, era formato soprattutto da ragazzini e ragazzine tra i 15 e i diciotto anni, perciò per la maggior parte minorenni. Infatti, dei feriti (diciotto) tra studenti e studentesse, dieci sono stati/e ricoverati/e in pediatria! Cosa che ribadisce la giovanissima età di chi è sceso in piazza, se non bastassero le riprese fatte dai telefonini. Uno scenario che ci ha riportato davvero molto indietro nel tempo.
I ragazzi e le ragazze che hanno deciso di manifestare nella cittadina toscana, una volta nota tra le quattro potenze “marinare”, con Genova, Venezia e Amalfi, non avevano in mano sassi o altri oggetti contundenti. Con loro solo la borsa con i libri di scuola e lì, nell’edificio di una delle loro scuole, hanno riparato per proteggersi da quell’eccesso di repressione improvvisamente e, aggiungerei, inspiegabilmente accaduto. Molti/e di loro sono stati/e aiutati/e dagli e dalle insegnanti spaventati (così hanno scritto loro stessi) da ciò che stava succedendo. Questo è quello che hanno testimoniato i tanti video girati e postati sui social. Le stesse riprese che ci hanno mostrato il sorriso di alcuni agenti e ci hanno fatto immaginare la forza delle manganellate, dall’altezza del braccio di chi le stava dando. Poi il sangue e due ragazzi fatti sdraiare a terra supini e forse ammanettati. La paura sta nel rimando e nel ricordo delle violenze di poliziotti made in Usa: le conseguenze le abbiamo apprese dai telegiornali e noi speriamo che non si duplichino mai qui, come ha ricordato in un articolo, scritto per un quotidiano, Pippo Giordano, ex direttore della Dia (Direzione investigativa antimafia) aggiungendo, nello stesso scritto di condanna di quello che è avvenuto, il suo  impegno ad andare nelle scuole d’Italia a parlare a ragazzi e ragazze di diritti, di legalità, di libertà di espressione.

Gli studenti e le studentesse che sono scesi/e in piazza hanno raccontato l’accaduto a scuola e a casa. Così, lo stesso giorno, di pomeriggio, a Pisa hanno manifestato di nuovo, pacificamente, migliaia di persone: si sono trovati insieme genitori e insegnanti «con un forte sentimento di indignazione e solidarietà», al fianco di figli, figlie, studenti e studentesse spaventati/e, probabilmente, molti e molte di loro alla prima manifestazione. Una “inesperienza” che non giustifica, secondo noi, il discorso di Giorgio Mulè, ora vicepresidente della Camera dei deputati, che invoca un’«educazione a manifestare». Mulè ha parlato di nuovo di cattivi maestri inasprendo, con la sua discutibile proposta, la polemica: «È necessario pensare a dei corsi di manifestazione per i ragazzi – ha detto – tentando una giustificazione, ma finendo con un’accusa — perché quelli che sono andati a manifestare a Pisa o a Firenze sono dei giovani che probabilmente erano alla loro prima manifestazione e magari spinti da cattivi maestri sono andati contro il cordone della polizia provocando una reazione sulla quale possiamo discutere rispetto alla proporzionalità di ciò che è successo con i manganelli». A lui sono succedute altre posizioni di difesa “senza se e senza ma” dell’agire delle forze dell’ordine. Mentre nessun commento è arrivato fino ad ora dalla Premier, quel giorno a Kiev.

«Un episodio del genere quando succede una volta è un incidente – ha detto Massimo Giannini, editorialista – Mentre la seconda volta indica una gestione maldestra di ciò che accade. Se succede poi ancora un’altra volta, allora è una vergogna — ribadisce lapidario e chiarisce – . È successo tante volte: a Torino, a Genova, davanti alle sedi Rai, davanti alle scuole, poi davanti all’ambasciata ungherese. Allora diventa non solo una vergogna ma anche una manifestazione di incapacità di gestire il dissenso. Questa incapacità, queste immagini verranno viste in Europa e in tutto il mondo. Così l’Italia finisce per diventare un paese di serie B, perché non si sa gestire neanche una manifestazione di ragazzini e ragazzine». Un’ eccessiva presenza/intervento della polizia che, per il periodo corrente, abbiamo visto già il 25 ottobre 2022, lo stesso giorno dell’insediamento del nuovo Governo, quando l’intervento e le manganellate delle forze dell’ordine si sono riversate sugli e sulle manifestanti nel corteo di protesta tra i viali dell’università romana de “La Sapienza”. Poi c’è stata la fretta di legiferare, di creare, a ben pensarci, nuovi reati, sui limiti, sugli assembramenti, partendo dai rave, dalle riunioni musicali, dall’arte.
«I manganelli fanno male anche a chi li adopera – ha detto Annalisa Cuzzocrea, giornalista, intervistata in una trasmissione televisiva — perché fanno male certamente a chi li riceve ma anche a chi adopera. Perché si spacca una specie di patto di fiducia che invece abbiamo costruito faticosamente, dagli anni del terrorismo in avanti, con le forze dell’ordine e di polizia. Una cosa che davvero non ha senso quando stiamo parlando di manifestazioni ovviamente pacifiche in cui nessuno aggredisce le forze dell’ordine, in cui non ci sono insulti. Tra l’altro – sottolinea Cuzzocrea — diciamo sempre che questi giovani stanno tutto il tempo sui social, che non vivono nella realtà e invece quando finalmente c’è un segno di partecipazione alle cose del mondo, quando portano il proprio corpo in mezzo alla realtà, vengono repressi. Ci sono due livelli: il primo è che usare il manganello contro il dissenso è fascismo. Il manganello si usa, quando c’è un pericolo. Non c’era nessun pericolo in quella piazza, quei ragazzi erano disarmati, non avevano una spranga, avevano solo i loro zaini ed erano a volto scoperto. Non stavano forzando niente, non stavano caricando, come qualcuno ha detto. Quindi l’uso del manganello sul dissenso, semplicemente perché le frasi gli slogan non ti piacciono, è fascismo. Chiunque avalla una cosa del genere sta avallando una pratica fascista, non è che si può girare intorno. Non credo sia un caso che per la prima volta a nostra memoria un Presidente della Repubblica abbia fatto un comunicato così forte! Sono stati aumentati i reati, sia i reati che le pene per i minorenni. Siamo in un paese dove è aumentato enormemente il numero dei ragazzini che vanno in prigione. Questo non perché ci sono più delitti fatti da ragazzini ma perché ci sono più reati, lo dicono i dati del Ministero della giustizia, non lo dicono le associazioni, non lo dico io. Noi sappiamo che i ragazzini che vanno in prigione tornano a delinquere, quelli che invece sono presi in carico dai servizi sociali, come si faceva finora, non tornano a delinquere. Ci sono delle differenze abissali. quindi questa generazione è maltrattata. Io penso che il Presidente della Repubblica volesse dire anche questo nel suo commento e nella sua presa di posizione». Lo stesso Capo dello Stato, che si dimostra sempre garante di libertà per tutti e tutte e che, nel caso delle violenze di giovedì scorso, non ha mancato di esprimere la sua solidarietà alle forze dell’ordine, questa volta colpite.

Una bella vittoria al femminile è quella appena guadagnata da Alessandra Todde, prima presidente donna della regione Sardegna. Classe 1969, nuorese, laureata a Pisa prima in Ingegneria informatica e poi in Scienze dell’informazione. Un curriculum vitae di tutto rispetto e fiore all’occhiello la nomina, nel 2014, di imprenditrice dell’anno da parte della delegazione sarda di Aidda (associazione imprenditrici donne dirigenti d’azienda). Quattro anni dopo, nel 2018, Todde è stata nominata tra le 50 donne italiane considerate nel mondo come le più influenti nel campo tecnologico. Una bella soddisfazione per l’isola antica che non vedeva una donna al comando da 75 anni! Noi ne siamo felici e certamente auguriamo di cuore ad Alessandra Todde un buon lavoro.

Bella anche la notizia che riguarda un’altra regione italiana, il Friuli-Venezia Giulia, che detiene il primato del territorio con più lettori e lettrici in un Paese reale dove solo il 7 per cento della popolazione acquista almeno un libro nell’arco di un anno intero. Insomma, in Friuli si ha un piccolo miracolo della cultura con dati paragonabili ai lettori e alle lettrici dell’Europa del nord!

Brutte, anzi bruttissime e inquietanti, le storie che girano intorno al generale del Mondo al contrario. Per Roberto Vannacci il mondo si è messo davvero per traverso e capovolto: inquisito per azioni poco chiare in Russia, ora è stato sospeso dal servizio proprio per il suo libro che gli ha dato soldi e successo. La sospensione è per 11 mesi. Motivo? «Carenza del senso di responsabilità e lesione al principio di neutralità/terzietà della Forza armata compromettendo il prestigio e la reputazione dell’Amministrazione di appartenenza e ingenerando possibili effetti emulativi dirompenti e divisivi nell’ambito della compagine militare». Chissà come risponderà il Tribunale amministrativo del Lazio a cui il Generale con i suoi legali ha prontamente fatto ricorso!

Ma noi abbiamo un rifugio sicuro e consolatorio nella poesia. Questa volta vorrei condividere una poesia direi festante, di un uomo, Lulī,

poeta e cantautore iraniano, sempre dalla parte delle donne del suo Paese che tanto hanno sofferto (insieme alle consorelle afghane) per la libertà. Oggi a poche ore dalle elezioni che tutti indicano in Iran come un’ennesima farsa politica.

Una poesia per la gioia, per l’arte, per la pace!

Lasciando il mondo ai Poeti
Lasciando il mondo ai Poeti, ecco il mondo diviene la Poesia, tutto il mondo diviene la Poesia della vita, tutto il mondo diviene la Poesia della vita immediatamente!
Poeti, Poeti, Poeti, mai, mai, mai «guerra» scriveranno!
In modo che non vengano usate parole come «pistola»
Qualunque cosa verrà sarà la Poesia della vita
Un sorriso sul volto della donna ad un uomo che…
Il sorriso di una donna ad una donna che…
di un uomo ad un altro uomo
Lasciare il mondo ai Poeti è come avere la Poesia della vita!
Qualunque cosa sia, è la Poesia
Una poesia al sorriso
al fiore
che si è seduto al posto del proiettile…
Luli.

Buona lettura a tutte e a tutti

Che genere di città è quella in cui abitiamo? Se ne può immaginare una diversa e inclusiva? Si può ripensare lo spazio in cui viviamo anche tenendo conto del genere femminile? È questo il tema dell’articolo con cui apriamo la rassegna di questo numero, Alla ricerca del Gender City manager. Ancora di punto di vista femminile, sui temi più urgenti del nostro tempo, parliamo in Women Seven Italia, il gruppo ufficiale dei ministri e delle ministre delle Pari Opportunità che affianca la prossima riunione del G7.
Continuano le nostre serie. Per “Credito alle donne” una nuova puntata racconterà I Monti di Pietà e i Monti di maritaggio, mentre per “Donne salvadoregne” incontreremo Antonia Navarro Huezo, che aveva un sogno: diventare la prima ingegnera del continente. Due sono le figure femminili di Calendaria 2024: Janis Joplin, Buried alive in the blues e Maddalena Casulana. Una musica intrepida e non convenzionale.

“Altra verso” ci farà conoscere La letteratura di viaggio femminile in Albania, mentre con Senso di ribellione alla cultura patriarcale e attivismo politico torneremo a parlare della cittadina di Sora. Per il nostro Laboratorio “Flash-back”, il racconto di quando eravamo bambine e bambini è intitolato con un richiamo al Manzoni: Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.

L’autrice di Maryna Viazovska, una giovane appassionata e geniale Matematica nel raccontarci un’altra vincitrice delle “Medaglie Fields”, avrà l’occasione di fare un’affermazione molto importante: «La famiglia prima della scuola ha un ruolo importante per evitare che si insinuino pregiudizi, preconcetti nei confronti dell’apprendimento delle discipline scientifiche in particolare della matematica considerata, a torto, difficile, incomprensibile».

Per Juvenilia Piccole alunne e alunni crescono ci racconterà i bellissimi progetti della scuola dell’infanzia e primaria che hanno vinto premi al nostro Concorso “Sulle vie della parità”. Di un esperimento letterario per bambine/i e ragazze/i, centrato sui temi della conoscenza del territorio e dell’ecologia tratta anche il consiglio di lettura di questo numero, suggerito in Le avventure di Cristy.

Chiudiamo con Il febbraio di Toponomastica femminile che presenta le attività della nostra associazione nel mese del Carnevale, cogliendo l’occasione per ricordare Fabrizio De Andrè, che nel mese del Carnevale ci era nato, senza dimenticare la ricetta della settimana, che è anche antispreco: Pasta broccoli e pomodorini, augurando a tutte e tutti Buon appetito.
SM 

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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