Cambiamo discorso. Fotografia: e le donne?

Dopo la presentazione del ciclo di incontri Cambiamo discorso. Contributi per il contrasto agli stereotipi di genere, che abbiamo potuto leggere nell’intervista a Marina Turchetti, presidente dell’associazione organizzatrice Reti Culturali, parliamo oggi con Simona Guerra, storica della fotografia, relatrice del prossimo incontro che si terrà online giovedì 17 febbraio: Fotografia nelle Marche: e le donne?

Poniamo, quindi, alcune domande a Simona Guerra, di cui è appena uscito il libro Fotografare, letteralmente. La scrittura al servizio della fotografia, Progetto Piktart (art@pikta.it).

Ci puoi raccontare il percorso culturale che ti ha portata a dedicarti alla fotografia?
Provengo da una famiglia dove ci sono diverse figure che operano e hanno operato nell’ambito fotografico e nell’ambito artistico, quindi è un’atmosfera che ho respirato fin da piccola in casa; fra queste figure, una molto importante è quella di Mario Giacomelli, fotografo di fama internazionale, che, tra l’altro, ha sperimentato l’intreccio, per me fondamentale, tra immagini e parole.
Più tardi mi sono orientata con gli studi sempre verso l’ambito artistico: l’Istituto d’Arte prima, l’Università di Bologna dopo, dove ho studiato fotografia con Italo Zannier. Però, come dico sempre, il lavoro più importante è stato sul campo, con esperienze lavorative molto formanti: prima fra tutte quella presso l’archivio Fratelli Alinari di Firenze. Qui ho avuto il primo vero contatto con la fotografia storica.

La locandina ti presenta come “storica della fotografia”: è importante conoscere l’evoluzione di questa che consideri un’arte, anche per poterla praticare?
Non sono io a considerarla un’arte… su questo c’è sempre stato molto dibattito. È stata vista spesso come una “sorella minore” di arti più riconosciute come la pittura, la scultura… senz’altro è una “sorella più giovane” che assurge ad essere arte quando, come tutte le altre espressioni, non è soltanto un “fare immagini” ma manifestare con le immagini il proprio mondo interiore, le proprie emozioni, il proprio modo di vedere la vita.
L’evoluzione della fotografia, come qualsiasi capitolo di storia di altra disciplina, è fondamentale per conoscere il presente.
Spesso oggi ci imbattiamo in forme espressive che sono copia e ricopia di quello che è stato fatto magari cento anni fa. Questi fotografi, non conoscendo la storia, credono forse di aver “scoperto l’America” ma invece non hanno scoperto niente di nuovo, per fare un esempio pratico. E comunque punterei sull’idea che il concetto di Storia è in generale fondamentale per qualsiasi processo evolutivo culturale e sociale.

Quello che abbiamo citato prima non è certo il tuo primo libro: perché per te ha un rapporto privilegiato la fotografia con la scrittura?

Ho scritto altri libri, sì; in alcuni di questi mi sono servita della relazione scritto/immagine. La fotografia l’ho studiata ed è il mio lavoro quotidiano; la scrittura è qualcosa di espressivo; uno spazio mio, più intimo e libero.
Io non sono una fotografa, questo è importante dirlo; io studio la fotografia, catalogo, ordino, espongo la fotografia, ma non fotografo e la scrittura, invece, è il mio modo per esprimermi, quindi i miei romanzi, i miei racconti, i miei saggi sono per me la mia espressione creativa.
Legare insieme questi due aspetti è stato inevitabile. Infatti fra le varie cose di cui mi occupo c’è anche la Fotografia consapevole: termine che ho “coniato” − diciamo così − che vuol descrivere un particolare approccio alla fotografia che dà spazio al lato più inconscio ed emotivo della fotografia, supportato da quello logico e lineare della scrittura.
Hanno un rapporto privilegiato perché entrambe riescono a colmare una parte espressiva che l’altra per natura non riesce a cogliere, quindi la loro interazione crea qualcosa di nuovo che a me piace, che mi affascina.

A parte l’essere “nipote d’artista” (del grande Mario Giacomelli che amava dire: «Penso che la macchina abbia la stessa anima che ho io … Valiamo perché ci rendiamo utili»), quali fotografi/fotografe riconosci come maestri/maestre e di quali ti sei occupata nei tuoi studi?
Sono tante le belle persone che ho incontrato. Ricorderei sicuramente, fra tanti e tante, Cesare Colombo. È stato un importante fotografo, ma è stato anche saggista, curatore; una figura poliedrica. Tra le altre cose si è occupato di catalogazione e io ho avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui la prima volta negli archivi Alinari; dopo è nata una grande amicizia e su di lui ho scritto una biografia molto coinvolgente per me, dal titolo La camera del tempo, che è uscita per i tipi di Contrasto nel 2014.
Tra le fotografe, invece, di cui parlerò nel prossimo incontro online, posso citare Francesca Tilio, Benedetta Montini e Rita Santanatoglia.

Francesca Tilio – Da Pink Project
Benedetta Montini – Da Empathy
Rita Santanatoglia – Da Femme à la mer

Nel tuo sito, ti presenti con il motto “Dare valore alla fotografia”: secondo te, i nostri tempi, rispetto ad altri, riconoscono il valore artistico, esistenziale e vitale della fotografia, oppure no?
Alcuni pensano che dare valore alla fotografia significhi farle acquisire una qualità economica tale da farci molti soldi vendendola. Non è questa la mia intenzione né il mio interesse; può esserlo di riflesso, secondariamente, ma comunque non me ne occupo. Il valore a cui mi riferisco è quello creativo più puro; è quello che mi spinge a indagare nelle pieghe della Storia per cercare lavori di autori/autrici che hanno inseguito sé stesse, nelle proprie fotografie, per delle vite intere. Persone che non hanno avuto la giusta riconoscenza e che oggi più che mai sono utili a capire il nostro presente.
È il valore vitale del gesto fotografico che mi interessa, perché agisce come specchio e ci aiuta a capire il mondo, come crescere interiormente, come crescere artisticamente e quindi anche socialmente. Sono tutti questi gli ambiti del valore della fotografia che a me premono e a cui mi dedico.

Pensando alla scuola, so che moltissimi progetti e laboratori pomeridiani hanno la fotografia al centro, ma non pensi che dovrebbe avere più peso anche nei programmi istituzionali?
La fotografia è uno dei tanti saperi che dovrebbero essere più presenti nei programmi ministeriali, ma a me sembra di assistere a un lento smantellamento del sistema scuola quindi non credo ci saranno grandi possibilità in futuro per la fotografia nella scuola pubblica. È certo che conoscere tutto quello che è il mondo delle immagini – come funzionano, come comunicano a noi e come noi comunichiamo attraverso di loro – è fondamentale. Tanti selfie che vedo sui social ad esempio beh… equivalgono un po’ a come se noi ci mettessimo in mutande davanti a milioni di persone ogni volta. Lo dico perché attraverso delle espressioni facciali, il modo in cui inquadriamo, le luci che scegliamo… riveliamo quello che siamo e anche, molto bene, come vorremmo apparire.
Si tratta di tutti aspetti codificati conosciuti effettivamente da chi è stato educato all’immagine e credo che saperlo noi per primi sia importante, anche per difendersi. Ecco, questo è un aspetto molto importante: difendersi dalle immagini, perché oggi appunto con le immagini si può manipolare una narrazione, con le immagini si possono raccontare cose che non sono così e che invece così vengono presentate come vere. Con le immagini ci viene comunicato in maniera subdola quello che è giusto fare… secondo altri, non secondo noi. Tutto questo lo sanno bene gli esperti di comunicazione d’immagine ma non gli utenti finali.

I prossimi progetti?
Sicuramente continuare a occuparmi della bellezza e cercare di porgerla agli altri/e quanto possibile. Sento di vivere in un mondo che ha poco di bello in questo momento, da molti punti di vista; in primis quello sociale.
L’arte ha sempre curato l’essere umano in queste situazioni e ha sempre lavorato per contrastare ogni sonno della ragione umana. Dunque c’è da rimboccarsi le maniche e agire con forza in nome della bellezza e della rinascita della cultura.
Questo è il mio (ambizioso?) progetto, che poi si concretizza attraverso mostre, libri, seminari ecc.

Lasciamo Simona Guerra, affascinate da una passione che ha saputo diventare un cammino di sapere, di arte e di vita, preparandoci ad ascoltarla nell’incontro di giovedì prossimo e a scoprire le sue considerazioni e riflessioni sulla presenza delle donne nell’arte e nel mestiere della fotografia nelle Marche.
Questo il link per iscriversi all’incontro online e riceveder poi le indicazioni per l’accesso:
https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_1xBTAuj4Tga6-nbBUh6FQQ

In copertina. Simona Guerra durante una presentazione del suo romanzo Bianco e Oscuro (ed. PostCart) presso l’Auditorium Comunale di Bolsena.

***

Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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