Editoriale. “Vivere è una cosa meravigliosa”. Meritiamocela

Carissime lettrici e carissimi lettori,
questa vittoria ci interessa, ci riguarda, ci tocca dal vivo. Ci riguarda come persone, come donne, come giornaliste e in generale come quella parte di noi che invoca nel concetto di democrazia la libertà di azione, di pensiero, di parola, di affermazione di genere. Apertura verso la pluralità del mondo che ci circonda, incluso il concetto di laicità.
Tutto questo non coincide esattamente con la politica dei venti anni già trascorsi al potere di Recep Tayyip Erdogan che è stato confermato presidente della Turchia, paese centrale della Nato e in procinto di arrivare in Europa. Quello turco, purtroppo, non è l’unico voto che ha prodotto un simile risultato tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. È accaduta la stessa cosa, e praticamente negli stessi giorni, in Spagna dove, coraggiosamente il socialista, dimissionario Pedro Sánchez, dopo essere stato travolto da un vero e proprio Tsunami, (con un’immensa perdita di voti a favore della destra), ha indetto a sorpresa le elezioni anticipate (per il prossimo 23 luglio) per evitare l’alleanza di un partito di destra, comunque moderato, con i Vox, al cui comizio, per intenderci, andò la nostra signora presidente del consiglio proclamando di essere, oltre al suo nome: «una donna, una madre, un’italiana, una cristiana: Dio, patria e famiglia».

Non possiamo, poi, dimenticare quello che è avvenuto in Italia. Qui da noi, dopo le ultime votazioni locali, dalle urne è uscito un risultato simile. Seppure, per l’ennesima volta, ha avuto un ruolo molto importante l’astensionismo, diventato praticamente un partito, fondamentale, dal quale non poter prescindere, nel quadro della politica nostrana. Per tutti incombe il pericolo, anzi è una concreta realtà, delle alleanze che si rivelano ancora più estremiste e conservatrici, sulla scia del modello dei due Paesi europei più sovranisti, conservatori: Polonia e Ungheria.
In Turchia, il presidente appena confermato, ha nel suo patto elettorale una equivoca alleanza con un partito che si è esplicitamente espresso contro le donne, contro il lavoro femminile, a tal punto che — come ci ha fatto notare la giornalista turca Esma Cakir, presidente dell’associazione stampa estera in Italia – Erdogan, immediatamente dopo essere stato proclamato vincitore ha tenuto a ricordare al proprio elettorato e alla nazione intera a cui parlava, che lui e il suo Governo «non sono contro le donne»!

Ma le donne turche hanno paura e ne hanno avuto tanta già prima del confronto elettorale, non dimentiche, tra l’altro, dell’uscita, proprio durante la reggenza di Recep Tayyip Erdogan del loro paese, dalla Convenzione di Istambul che protegge le donne contro la violenza. Le donne turche purtroppo sono arrivate al voto molto divise: da una parte quelle, protettrici del velo religioso, legate all’Islam, al fondamentalismo e al ruolo della donna in casa, fedele e dedita alla famiglia, obbediente e sottomessa, come l’ha voluta il Sultano in questi anni di ascesa politica. Ma altre donne, tante, sono decisamente scese in piazza e hanno mostrato al mondo tutto il loro dissenso. «Le donne rappresentano il 50% dell’elettorato turco – scrive l’inviata di un quotidiano nazionale — Nel governo Erdogan c’è una sola ministra, quella della Famiglia. I media filogovernativi hanno celebrato il record di parlamentari elette alle ultime legislative, due settimane fa, il 20% contro il 17% della precedente legislatura: un numero ancora basso, sostenuto soprattutto dal partito curdo e della sinistra ecologista. In compenso, in Aula sono arrivati gli ultraconservatori islamisti di Huda Par, che l’opposizione chiama gli Hezbollah curdi e dell’Yrp, il partito del nuovo Welfare, alleati con l’Akp del presidente Erdogan. Con l’opposizione ci sono i conservatori di Temel Karamollaoglu. «Questo è il Parlamento più misogino della storia democratica della Turchia» dice Hula Gülbahar, avvocata e attivista di Women for Equality Platform, che si batte per i diritti civili. Agita in aria i programmi elettorali di Huda Par e Yrp, li legge ad alta voce quasi a convincersi che siano veri. Ci sono proposte allarmanti: limiti all’istruzione mista, uomini e donne; criminalizzazione della propaganda perversa e delle perversioni sessuali, così come vengono chiamate le persone Lgbtqi+. Poi la messa al bando dell’adulterio, i limiti agli assegni di mantenimento per le donne in caso di divorzio, i sistemi giuridici divisi per genere su molte questioni, dalla successione all’eredità. Ci sarà da combattere. «Nel 2021, assecondando la sua base conservatrice – continua l’articolo — Erdogan ritirò la Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, ora nel mirino dell’Yrp c’è anche la legge 6284 che il Parlamento aveva adottato nel 2012 per contrastare la violenza domestica. Quando Ozlem Zengin, la capogruppo dell‘Akp, ha provato a difenderla nominandola, a marzo, come la nostra linea rossa, è stata subito silenziata. L’onda nera, Nilden Bayazit l’aveva vista arrivare. Ex politica del Chp, due anni fa ha fondato la ong Ben Secerim insieme a un gruppo di giornaliste, docenti: vuol dire Io Scelgo in turco e lavora per far crescere la rappresentanza femminile nelle istituzioni. Il metodo è innovativo: selezionano le candidate che si impegnano poi a sostenere alle elezioni, sulla base della loro competenza e del loro potenziale elettorale, e le propongono ai partiti. L’hanno fatto anche per queste presidenziali: delle 20 personalità indicate, 9 sono finite in lista e solo 2 elette. Molto deludente — è stato osservato. In Turchia i partiti sono dominati dagli uomini e per le donne c’è un tetto di cemento da superare», ragiona Bayazit! (Gabriella Colarusso, La Repubblica, 27 maggio 2023)
Se ci può consolare — osserviamo con Cakir – Recep Tayyip Erdogan ha di nuovo sì convinto, nonostante tutto, gli elettori, dopo venti anni di potere. Ma la sua vittoria non è stato un trionfo. «Il Sultano ha vinto per la terza volta il voto per l’elezione diretta del capo dello Stato, ma c’è riuscito con una percentuale bassa o non altissima, il 52%, sostanzialmente la stessa percentuale dei due precedenti appuntamenti elettorali, ma al secondo turno. Perché — ci fa riflettere – non è la prima volta che Erdogan vince, ma è la prima volta che per vincere deve arrivare al ballottaggio». Questa lettura risulta ancora più significativa, perché sono andati a votare quasi il 90% degli e delle aventi diritto al voto. «La nostra gente ci ha dato ancora fiducia, sarà il secolo della Turchia», gioisce in cima ad un autobus il capo dello Stato che però da domani dovrà governare un paese spaccato a metà. «L’ampio fronte di opposizione guidato da Kemal Kilicdaroglu non ha prevalso fermandosi al 47,9% ma ha costretto Erdogan a vincere al ballottaggio, come mai era successo nelle passate elezioni». E ha sfiorato un’impresa storica!

Nei documentari andati in onda dopo la proclamazione della vittoria c’è stato come un ripasso delle immagini che hanno costellato la vita di Erdogan: dalle strade del quartiere operaio, dove è nato e cresciuto, allo sfarzo neo-ottomano del palazzo presidenziale che domina ancora come una fortezza. «Tra queste coordinate c’è la parabola di Recep Tayyip Erdogan, il leader che ha forgiato la Turchia a propria immagine e somiglianza, scardinando pezzo dopo pezzo principi laici e secolaristi del cosiddetto padre della patria turca Mustafa Kemal (1881/1938) nominato, nel 1936, come Atatürk , il padre dei turchi. Mustafa Kemal Ataturk viene eletto presidente e trasformerà il paese in una democrazia di tipo occidentale. Ha cominciato dalla riforma dell’alfabeto, che abolisce i caratteri turchi e adotta quelli latini. Si affermano i diritti delle donne che non sono più obbligatoriamente velate e votano nel 1934, con ben 12 anni di anticipo sulle italiane e sulle francesi.

«Un’ irresistibile ascesa, quella di Recep Tayyip Erdogan, iniziata nei circoli politici islamisti, continuata con l’elezione a sindaco di Istanbul che fu il suo primo vero trampolino di lancio. Poi è stato Primo ministro dal 2003 e primo presidente eletto dal 2014. Erdogan è rimasto saldamente in sella sbaragliando chiunque abbia cercato di disarcionarlo» «È stata più che una vittoria politica – ha detto Marta Ottaviani, giornalista e scrittrice – un trionfo di tipo calcistico, la vittoria di uno scudetto, con i caroselli per le strade e l’onda oceanica di oltre 300.00 persone davanti al palazzo presidenziale. Continua a tenere insieme come un giocoliere: consenso popolare e repressione».

Purtroppo, la violenza contro le donne non si ferma. La cronaca di questi giorni ci detta nomi, ci racconta di uccisioni orribili, di confessioni spudorate. Il femminicidio è davvero entrato nel vocabolario del quotidiano (il mio computer non segna più il termine in rosso, come errato) ed esce totalmente dall’emergenza. Pierpaola Romano, una poliziotta cinquantasettenne, giovedì scorso a Roma è stata devastata da numerosi colpi di pistola per mano di un collega. Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, mercoledì scorso è stata ritrovata senza vita, uccisa dal compagno e padre del bambino che doveva nascere, freddata perché era diventata “di troppo” rispetto a un’altra relazione dell’uomo. Avrebbe indicato lui dove trovare il cadavere, rinvenuto in via Monte Rosa a Senago. Era nascosto in una intercapedine dietro un edificio che ospita alcuni box. Il femminicida avrebbe tentato di bruciare il corpo della compagna dopo averla uccisa a coltellate. Ora noi ci chiediamo come si possa parlare di “omicidio di impeto”! Si chiamava Yirelis Peña Santana la donna uccisa, con oltre dieci coltellate, nella notte tra venerdì e sabato scorso nel suo appartamento di via Pascoli a Cassino, in provincia di Frosinone. Aveva 34 anni ed era originaria della Repubblica Dominicana, ma da diverso tempo viveva in Italia. Ad ucciderla probabilmente (per le impronte lasciate) si suppone sia stato un ventiseienne di Cassino arrestato mentre tranquillamente faceva ritorno in autobus verso Roma. Rientriamo tristemente in pieno nell’amara statistica delle tre donne morte ammazzate a settimana!

Le armi possono anche solo ferire. Se succede a scuola è sconsolante e allarmante. I dati dicono che dall’inizio dell’anno ci sono state 22 aggressioni verso i e le docenti. Sono d’accordo con Crepet quando dice che non possiamo dare tutta la colpa alla scuola e alla pandemia: «Se prima di andare a scuola mi fanno lo zainetto, se ho insomma dei genitori che da sempre fanno tutto per me, durante l’adolescenza alla prima frustrazione crollo. Tantissimi genitori vengono da me dicendo «non gli abbiamo mai fatto mancare niente». L’unico risultato è che abbiamo abbassato la loro capacità di aggredire l’esistenza. Ora invece di fare i conti con la mala educazione, preferiamo dare la colpa alla pandemia. Mi scrivono molte persone, tra le mail ricevute negli ultimi tempi ricordo quella di una professoressa. Mi ha scritto che i suoi studenti, otto volte su dieci, quando devono compilare il campo data e ora le chiedono che giorno è. Il registro elettronico, la chat dei genitori, la possibilità di geolocalizzare. I figli sono potentissimi strumenti di de responsabilizzazione. Ma poi cosa ci aspettiamo? Che a 25 anni vadano in Argentina in cerca di fortuna? Restano a casa, il loro futuro è mettere l’appartamento del nonno in affitto su booking, che per quello non servono competenze». Forse lo psichiatra e psicoterapeuta è eccessivamente cinico, ma bisogna porsi delle domande per trovare le risposte giuste, non accusando il ragazzo colpevole della sua rabbia che non ha governato, perché anche questo bisogna insegnarlo e impararlo.

Abbiamo parlato della Turchia e dei diritti calpestati. La popolarissima cantante pop turca Sezen Aksanni, (classe 1954, coetanea di Erdogan) all’età di tre anni si è traferita con la famiglia a Izmir, Smirne, che la leggenda vuole sia stata la patria di Omero. Aksanni è stata presa di mira dal quotidiano filogovernativo Yeni Şafak e dal sindacato degli affari religiosi di Van per il testo di una sua canzone del 2017, Şahane Bir Şey Yaşamak (Vivere è una cosa meravigliosa), registrata con il musicista Yaşar Gaga. La Procura di Istanbul ha ricevuto l’accusa per svilimento dei valori religiosi. La frase accusata recita «Salutate quegli ignoranti di Adamo e Eva», letta come insulto ai valori religiosi. Subito sui social media è stata lanciata la campagna accusatoria rivolta alla cantante #sezenaksuhaddinibil (Sezen Aksu stai al tuo posto), che si è trasformata in una protesta di strada davanti alla sua abitazione di Istanbul. Sono però in molti a prendere le difese della cantante, a cominciare dalla giornalista curda Nurcan Baysal che le dedica il suo editoriale dal titolo «Sezen Aksu non ci ha mai lasciato, neanche noi la lasceremo» facendo riferimento all’importanza di una figura che nei suoi quarant’anni di attività è riuscita a portare avanti attraverso la sua carriera il suo impegno per i diritti umani.

Vivere è una cosa meravigliosa

Col suo dolce e il suo amaro
Quant’è meravigliosa la vita
Toccare il fondo, restare dritti in piedi
Inventare mille raggiri e mille scuse (x2)

Chissà dove finiremo
Andiamo verso l’apocalisse
Voi salutateci quegli ignoranti
Di Eva e Adamo

Oh no, di nuovo
Abbiamo l’abisso davanti, alle spalle i monti
Oh no, di nuovo
Bruciare sarà la nostra sorte

E bruceranno senz’altro

Col suo dolce e il suo amaro…

C’è la rosa e c’è la spina
C’è l’amore e c’è la guerra
Tutto è nella vita
Destino per tutti noi

Oh no, di nuovo…

Col suo dolce e il suo amaro…

È l’addio all’estate
Alle feste e alle canzoni
L’arrivo dell’autunno
I rossi i verdi i lilla la la
Che meraviglia
Che meraviglia vivere

Col suo dolce e il suo amaro…

Buona lettura a tutte e a tutti in nome della libertà.

Maggio e giugno sono tempi di cammini: non fa ancora troppo caldo, le giornate si allungano e non è raro incontrare camminatori e camminatrici sulle vie che attraversano l’Italia e che per fortuna aumentano di anno in anno. Per cominciare la rassegna degli articoli di questo numero partiamo da un anniversario, quello dei cinquanta anni dalla scomparsa della nonna degli Appalachi. Ci racconta il coraggio di questa donna l’autrice di Il cammino come cura. Emma Gatewood e l’Appalachian Trail, soffermandosi sull’atto di camminare come cura e ascolto di sé. Di cammini durati una vita per la difesa dei diritti umani trattano invece i due approfondimenti della serie Calendaria 2023: Rigoberta Menchù e Aung San Suu Kyi, storie appassionanti, tra luci e ombre, di due donne coraggiose in due aree del pianeta in cui tanti diritti devono essere ancora conquistati. C’è un’altra parte del mondo in cui le violazioni dei diritti, soprattutto nei confronti delle donne, sono moltissime: ne leggerete nell’articolo I diritti umani in Africa sub-sahariana nel Rapporto 2023 di Amnesty International. E di una terribile storia, tutta italiana, di violazione dei diritti umani, quella dello stupro subito da Franca Rame, di cui nella settimana appena trascorsa si sono ricordati i dieci anni dalla morte, ci racconta l’autrice de Il maggio di Toponomastica femminile. Quanti diritti violati si trovano anche nei libri di scrittrici, giornaliste, educatrici, attiviste che ritroviamo nella serie Leggere i classici. XIX secolo. Parte seconda, che testimonia anche, però, la visione stereotipata della donna descritta con gli occhi degli scrittori.
L’intervista alle protagoniste del webinar di giugno organizzato da Reti culturali nella serie Cambiamo discorso. Sul corpo delle donne si occupa di un tema a lungo taciuto perché considerato scabroso: le Mtf, mutilazioni genitali femminili, uno dei tanti crimini sul corpo delle donne. «Femmina un giorno e poi madre per sempre» cantava Fabrizio De Andrè ne La buona novella, parlando di Maria. Un altro tema che per certi aspetti è ancora un tabù e di cui si parla pochissimo è quello della sessualità delle madri, raccontata attraverso un’intervista in M.I.L.F.
Un diritto umano fondamentale è quello all’ambiente. Le aziende dovrebbero essere le prime a rispettarlo ma spesso la sostenibilità per loro è una facciata, che, accompagnata da campagne pubblicitarie abilissime, ha convinto in passato anche le scuole ad affidarsi a loro per la formazione di classi e docenti sulla sostenibilità (https://vitaminevaganti.com/2020/02/22/a-lezione-dal-nemico-quando-a-insegnare-la-sostenibilita-e-un-gigante-degli-idrocarburi/). Greenwashing è un prezioso approfondimento sulle multinazionali coinvolte in queste pubblicità ingannevoli con un’utile guida per smascherarle attraverso azioni di cittadinanza attiva.

Altre figure femminili ci accompagnano nella lettura questa settimana: La Partigiana Aurora “Lola” Vuillerminaz, l’unica a cui è intitolata una via ad Aosta (a un’altra donna è intitolata una piazza) nel popolare quartiere Cogne, peraltro indicata solo con l’iniziale del nome proprio, che può confondere chi legge e far pensare che si tratti, come è la regola, di un uomo. Per la serie Credito alle donne incontriamo Gracia Nasi, la banchiera marrana, una donna dalla vita intensa, troppo presto dimenticata.
Nella Sezione Juvenilia, in Superare gli stereotipi di genere presentiamo i lavori delle classi del Liceo Scientifico Annibale Calini di Brescia, che si sono qualificati nella sezione Narrazioni al X Concorso Sulle vie della parità di Toponomastica femminile. La parità di genere è un impegno che si combatte su tutti i fronti, in Integrazione della dimensione di genere nel bilancio dell’UE scopriamo in che modo i nuovi programmi di spesa si propongono di incentivare le pari opportunità.

Chiudiamo, come sempre, con la ricetta di questa settimana: La cucina vegana. Croissant salati ripieni, un piatto che si può proporre «con l’aperitivo, come antipasto, oppure a merenda, insieme a una bella tazza di tè». Non ci resta che augurare a tutte e tutti buon cammino.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

2 commenti

  1. Grazie Giusi, come al solito ogni tua parola è una ricchezza, chiara e limpida. Non vado “a tempo” con la lettura, ma quando riesco ad incontrare la tua pagina dimentico il resto. Tutto perfetto e interessantissimo, mi fermerò solo su quel MERITIAMOCELA… la VITA. Il guaio grosso è tutto qui: ci crediamo padroni del mondo e che tutto ci sia dovuto e che non approfittare è un delitto; che essere furbi è naturale altrimenti sei un cretino, peggio se sei un cretino altruista. Da dove ricominciare? Io credo che sia impossibile, perché dovremmo tornare indietro a ricostruire almeno 3 generazioni: quella nostra (salvando quelli che si son fatti i calli alle mani e curve le spalle per avere un posto dignitoso nel mondo), quelle dei nostri figli (che abbiamo trattato con debolezza pensando di dare a loto quello che a noi era stato tolto e li abbiamo resi deboli) e quella dei nostri nipoti, amati (male), indipendenti (troppo), deboli (troppo) e soggiogati dal nulla. Quanti oggi possono dire, e potranno dire, che la vita è meravigliosa e che se la sono meritata????????

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    1. Proprio così. le tue sono parole sagge e tristi allo stesso tempo. Grazie di aver sottolineato quell’aggancio che ho creduto importante lanciare. Meritiamocela la vita e non sprechiamola. Tanti e tante , hai ragione, hanno costruito. Altri/e invece hanno distrutto. E’ un peccato grave, mortale, è il caso di dirlo.

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